L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 17 Numero 176 marzo 2002



Andre Masson: l'estasi del disagio

Martin Ries



ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Il nuovo ritmo del Novecento
Elisa Guzzo Vaccarino
n. 217 Dicembre 2005

Il tema della discordia
Paul Lang
n. 216 novembre 2005

Tradizione e Innovazione
Anna Maria Ruta
n. 214 settembre 2005

Grande mela anni Ottanta
Gianni Mercurio
n. 215 ottobre 2005

Con gli occhi di Alice
Marina Pugliese
n. 213 luglio/agosto 2005

Realta' intensificata
William Feaver
n. 212 giugno 2005


André Masson, Il labirinto, 1938 Parigi, Musée National d'Art Moderne, Centre Pompidou

André Masson, Pigmalione, 1938.

André Masson, Metamorfosi di Gradiva, 1939.

André Masson combatté nella Grande guerra perché voleva provare gli "aspetti wagneriani della battaglia" e conoscere "l'estasi della morte". La biografia di Masson scritta da Otto Hahn identifica quell'estasi con il momento in cui un proiettile perforò il torace di Masson: egli rimase in piedi, immobile, senza provare dolore. "Il mondo attorno a lui divenne qualcosa di mirabile, e per la prima volta egli provò un senso di completa liberazione fisica, mentre nel cielo appariva un torso di luce".
Ognuno è inconsciamente convinto della propria immortalità, ma quando affronta il proprio destino il periodo di prova finisce e la realtà viene alla luce. A causa di quella "esperienza estatica" Masson divenne il teologo perverso di un mondo che aveva subito una "caduta". A partire da quel proiettile alchemico e da quel torso di luce, la morte divenne per l'artista una visione totalizzante. La guerra tuttavia lo lasciò tormentato dagli incubi; soffriva di insonnia e trascorreva lunghe ore dolorose a sognare nuovi dipinti. Spiegava che la relazione tra la vita e la morte è come quella tra due facce della stessa medaglia; nei grandi momenti di illuminazione e metamorfosi egli dipingeva ciò che affiora da entrambe le parti.
Molti giovani subirono esperienze di guerra traumatiche, che dettero forma alle loro vite e modificarono la storia. Max Ernst bombardò le trincee in cui era di guardia il suo futuro grande amico Paul Eluard. Franz Marc e Duchamp-Villon furono tra i caduti; Max Beckmann, Oskar Kokoschka, Ferdinand Léger, Georges Braque e molti altri, appartennero tutti a una generazione per cui l'ecatombe della guerra fu una prova sconvolgente, che distrusse la fiducia negli assunti morali e razionali della cultura occidentale.
Dopo la guerra la vita di Masson fu tutt'altro che serena. Aveva già sviluppato un perfetto stile cubista (Picasso aveva grande stima di lui); ma andava soggetto ad accessi di rabbia, ed era spesso preda di violente emozioni. Si susseguirono ricoveri in ospedale e reclusioni nei reparti psichiatrici. La nuova produzione artistica di Masson, segnata dal sangue, era una meditazione sulla morte, concentrata sulle realtà che gli appartenevano: metamorfosi, violenza erotica, morte e caos. Egli si aprì alle provocazioni dell'ideologia surrealista, e la sua opera divenne un mezzo di indagine poetica, un regno in cui dominano miti oscuri e metamorfosi della psiche.
La "crisi del 1929" si aggiunse alla questione del rapporto del movimento surrealista con il partito comunista; Masson si allontanò e poi ruppe completamente con il movimento. Decise che il surrealismo era un sistema chiuso; e qualunque sistema, per dirla con Nietzsche, manca di integrità. André Masson, spaventosa Cassandra, esplorò l'immaginario del suo inconscio, lo proiettò consapevolmente come soggetto evocativo e aprì una via creativa all'espressione emotiva e filosofica. La sua opera era un ritratto accurato e sconvolgente degli aspetti psicotici della vita europea. Heidegger liquidava Schopenhauer come uno dei molti autori religiosi; allo stesso modo a Masson veniva sovente assegnata l'etichetta di surrealista, e gran parte delle reazioni negative dell'epoca sono causate appunto dagli oggetti delle sue profezie. La vita incute paura, ma l'artista e la sua opera vengono innalzati al di sopra della paura, in un'estasi visionaria.

UOMINI E MITI

Il labirinto di Masson, come l'immagine centrale nel pannello di destra del Trittico delle delizie di Hieronymus Bosch, ritrae una chimera multiforme. E così come l'immagine di Bosch, formata da barche, tronchi d'albero, un uovo e una scena di taverna, è sovrastata da un autoritratto, Il labirinto può essere interpretato come un'opera ampiamente autobiografica. Se da un lato questa figura ha i connotati del "torso di luce", essa allude senza dubbio anche alla ferita riportata da Masson nella prima guerra mondiale (quasi tutti i suoi dipinti di questo periodo rappresentano lacerazioni aperte). Masson si vedeva come una specie di bestia, un Minotauro: la testa ha il cranio e le corna di un toro, la cavità del corpo contiene il labirinto, e accanto alla "gamba" destra c'è un cigno, associato al rapimento di Leda da parte di Zeus (che, sotto forma di toro, rapì anche Europa).
I pasti nelle antiche abitazioni erano sacri, perché a essi presenziavano i numi del focolare; mangiare insieme era un atto di comunione. Su un piano diverso, l'ingestione del cibo è correlata alla digestione finale della terra, la dissoluzione del corpo. In Pigmalione la statua sulla destra diventa un mostro a tavola. Diventa anzi la tavola stessa, che divora il suo contenuto. La scultura ha una testa minacciosa a forma di becco, mentre la sedia a sinistra, con la testa china, è simile al maschio della mantide che sta per essere mangiato, o alle variazioni di Salvador Dalí sull'Angelus di Millet. Le mantidi piacevano ai surrealisti perché nel corso dell'accoppiamento la femmina divora il maschio.
Il saggio di Sigmund Freud del 1906 Il delirio e i sogni nella Gradiva di Jensen era l'analisi della storia di un archeologo tanto dedito al suo lavoro da non avere tempo per le donne. L'archeologo visita Pompei, dove incontra "Gradiva", che scopriamo poi essere un'amica d'infanzia che, innamorata di lui, si conforma alle sue allucinazioni per curarlo. L'iconografia che Masson adotta per la Metamorfosi di Gradiva è un'illustrazione freudiana tratta direttamente dal racconto di Jensen.
Luigi XVI, come Hitler, rappresentava l'onnipotenza. La poltrona Luigi XVI fa riferimento a uno pseudo trono, senza la stabilità che ai troni è solitamente attribuita. Il "posto di comando" si trova in uno specchio d'acqua stagnante, allusione all'incapacità di Luigi di consumare il matrimonio, come pure al famoso onanismo di Dalí. Luigi tiene in mano il Veto (come il Marat di Jacques Louis David la lettera di Charlotte Corday), suggerendo il tentativo di esercitare il diritto di veto garantitogli dalla Costituzione.
Una stanza senza porte e finestre evoca un'esistenza artificiale, come quella di Danae nella torre. Una stanza in un bordello suggerisce pensieri velati e azioni illecite, come pure una sessualità repressa. Invece di una porta, la sedia viene ricevuta da una "Ianua diaboli", la porta del diavolo, uno degli epiteti patristici della donna. Il sipario, antico simbolo di rivelazione, è strappato e, invece di servire per fasciare il neonato nella culla dell'Hôtel des oiseaux, è il sudario della civiltà occidentale.

LA PUNIZIONE DELLA GUERRA

In Europa prima della prima guerra mondiale si era accumulato un tedio sottile che Sigmund Freud accusava di incoraggiare una timida cultura "da museo". Per quanto odiasse la barbarie, le assegnò una sorta di riconoscimento terapeutico e considerò "la guerra che avrebbe posto fine a tutte le guerre" la dolorosa punizione di una società eccessivamente raffinata, che si ritiene superiore alla passione e all'eccitazione.
Le guerre, spiegava Freud, ci riportano al senso della realtà in cui "la morte non può essere negata". L'argomentazione del Disagio della civiltà afferma che l'energia che ha reso possibile la civiltà è sottratta all'esperienza erotica diretta. Non è una coincidenza che il surrealismo, nella fase iniziale Dada, nacque come movimento anticiviltà. Ed è forse una coincidenza che lo scopo ultimo di Hitler fosse la distruzione della civiltà europea?
Così il "torso di luce" di Masson, come l'Uomo invisibile di Dalí(*), era una manifestazione dell'"Ultimo uomo" di Nietzsche, che prova solo tedio, o un ritratto dell'"Urmensch" di Freud, l'uomo debilitato e distrutto dalla lotta per vivere al di sopra dei suoi mezzi psicologici e diffidente della sua stessa moralità.
Lo spettro della morte ossessionò l'opera di Masson e tutto il XX secolo come uno dei segni dei tempi. Affermando che essa domina su tutte le cose, Masson trasforma la morte in divinità tutelare, nel tentativo di purificare la memoria da eventi orribili. Egli fuse i propri sogni con livelli di significato più ampi ed elevati, e i suoi miti personali si espressero in immagini difficili da comprendere dal punto di vista pittorico, oltre che da interpretare a livello verbale.
L'opera di Masson è satura di contenuti archetipici; la complessità ingegnosa dei suoi processi mentali, la casualità della composizione e i dipinti non formalistici suggerirono a una generazione più giovane l'idea che egli dicesse qualcosa d'altro (per usare una delle parole preferite di Rilke, "unsäglich", qualcosa di estremo e di indicibile, addirittura impossibile da dipingere). La pittura come pura attività di "Gestalt" si dissolve, poiché l'arte serve alla rivelazione. Il surrealismo, che è essenzialmente letterario e psicologico ancor prima che plastico e formalistico, era iperbolicamente pronto ad affidare i suoi effetti agli shock morbosi provocati da oggetti ripugnanti, in un tentativo di arricchire l'assurda complessità del mondo e della psiche umana.
Masson inventò nuovi labirinti per cercare novelli Minotauri, senza tener conto dell'affidabilità di Arianna e del suo filo. Non gli interessava avere incontrato il Minotauro, essere stato ammaliato dal torso di luce o di aver trovato la strada per uscire dal labirinto; si limitava a contemplare l'esperienza del viaggio. Non avrebbe ucciso il Minotauro, piuttosto gli avrebbe chiesto la rivelazione; avrebbe ritratto la linea del filo d'Arianna ovunque portasse, trascinando tutti gli spettatori nell'instabile centro vitale della sua energia.
L'arte di Masson è uno strumento di conoscenza; gli intricati passaggi del suo pensiero sono così agevoli da lasciare la porta aperta perché altri possano trovare la strada verso il centro essenziale. Il risultato più alto dell'uomo, pare dirci Masson, è un programma di disagio; e nella rovina delle nostre sensibilità disperse il surrealismo di Masson era una forma di saggezza.

Questo articolo è stato scritto grazie a una borsa di ricerca dell'Università di Long Island, The Brooklin Center, New York.
Traduzione dall'inglese di Lara Fantoni per NTL, Firenze.