L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 17 Numero 175 febbraio 2002



Il volto dell'architetto

Claudia Lamberti



ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Il nuovo ritmo del Novecento
Elisa Guzzo Vaccarino
n. 217 Dicembre 2005

Il tema della discordia
Paul Lang
n. 216 novembre 2005

Tradizione e Innovazione
Anna Maria Ruta
n. 214 settembre 2005

Grande mela anni Ottanta
Gianni Mercurio
n. 215 ottobre 2005

Con gli occhi di Alice
Marina Pugliese
n. 213 luglio/agosto 2005

Realta' intensificata
William Feaver
n. 212 giugno 2005


Antonio Sant'Elia, Studio per la nuova stazione di Milano, 1914

Antonio Sant'Elia, Casamento, dalla Citta' Nuova, 1914 Como, Musei civici

Antonio Sant'Elia, Centrale elettrica, 1914

All'espansione delle citta' italiane di inizio Novecento, Antonio Sant'Elia risponde progettando edifici innovativi, proiettati in altezza e a più livelli, un primo passo verso la metropoli futurista, un cantiere dinamico e moderno, la "citta' che sale" immaginata da Boccioni e da Marinetti.

L'opera teorica e progettuale di Antonio Sant'Elia e' divenuta l'emblema della ricerca di nuove forme per la citta' italiana di inizio secolo. Egli, giunto giovanissimo a Milano, affrontò con slancio il problema dell'espansione della città dovuta all'industrializzazione e comprese subito l'importanza di uno studio innovativo della gestione dei trasporti e dei livelli viari. Sant'Elia, pensando alla città italiana del futuro (prendendo in considerazione proprio Milano come dimostrano, oltre al progetto per la stazione, i tre schizzi planimetrici per l'espansione della citta' e un disegno intitolato Milano 2000), risponde alle esigenze della città industriale e della comunicazione su cui già da alcuni anni si era concentrata l'attenzione degli urbanisti europei e statunitensi. Queste ricerche, conosciute postume all'estero, ricevettero l'apprezzamento del gruppo olandese De Stijl per bocca del suo fondatore Theo van Doesburg, il quale, commentando i disegni di Sant'Elia, parla di "città della circolazione". In effetti, ciò che balza agli occhi, scorrendo l'ingente numero di schizzi che l'architetto comasco creava nei momenti lasciati liberi dall'attività professionale vera e propria (accanto allo studio teorico della Città nuova, poi ribattezzata Città futurista, infatti, lavorava a progetti con finalità costruttive immediate), è la relazione tra edifici creata attraverso numerosi livelli stradali, ferrovie, ponti, piste di atterraggio, ascensori.
Di particolare interesse appare la ricerca di antecedenti ed eventuali ispiratori della sua opera. Tra gli architetti europei si può pensare a Eugene Henard, inventore dei tapis-roulant e autore degli Studi sulle trasformazioni di Parigi. La relazione dal titolo Le città del futuro, tenuta al Convegno internazionale di urbanistica del 1910, potrebbe avere influenzato la progettazione santeliana. Henard prefigura una città a più livelli viari, di cui alcuni sotto terra, come risulta da alcune sue illustrazioni della Strada del futuro. Altre influenze su Sant'Elia possono essere state esercitate dalle proposte di Loos e di Garnier, dai disegni di Sauvage per le case a gradoni, dalla produzione teorica di Wagner (proprio nel 1914 toccava la quarta edizione il suo Moderne Architekture) e dai suoi progetti per la Großstadt, per la metropolitana e per la pianificazione del traffico viennese.
La città di Sant'Elia, ricca di verticalismi, non si può assimilare a quella statunitense: il grattacielo nordamericano è infatti una struttura isolata nel contesto urbano, mentre egli prevede numerose e organiche interconnessioni strutturali che costituiscono il tessuto della nuova metropoli. Tuttavia, probabili influenze americane su Sant'Elia possono essere state esercitate sia dai progetti di grattacieli a gradoni di Sullivan, sia da immagini riportate da "L'illustrazione italiana". Il 23 febbraio 1913 fu pubblicato con la didascalia La più grande stazione del mondo inaugurata a New York il progetto della stazione ferroviaria multilivello realizzata a New York da Reed, Stem, Warren e Wetmare. Il 31 agosto 1913 "L'illustrazione italiana" riportò un disegno di H. W. Corbett col titolo La circolazione futura e i grattanuvole a Nova York. Forse Sant'Elia ha voluto smentire l'osservazione, contenuta nel commento relativo a tale immagine, secondo cui "a Milano si può accontentarsi di vedere questi nuovi sistemi nelle incisioni immaginate dagl'ingegneri nordamericani", e richiamandosi proprio a quel "Nova", con cui veniva italianizzato il primo termine di New York, ha battezzato le sue utopie architettoniche La città nuova.

UN ARCHITETTO PER IL MOVIMENTO

I sei disegni così titolati furono presentati nel maggio-giugno1914 alla prima esposizione del gruppo Nuove tendenze alla Famiglia artistica di Milano, accompagnati da uno scritto pubblicato nel catalogo dell'esposizione e chiamato dalla critica Messaggio. Marinetti intravide in Antonio Sant'Elia l'uomo ideale per dare al futurismo anche un manifesto dell'architettura e lo invitò ad aderire al suo movimento. Sebbene nel 1914 anche Prampolini e Boccioni si fossero cimentati con la stesura di un testo programmatico in materia, Marinetti promosse quale manifesto ufficiale una nuova versione del Messaggio di Sant'Elia. Il Manifesto dell'architettura futurista, datato 11 luglio 1914, fu diffuso con volantini e su "Lacerba" e riportò la serie dei disegni della Città nuova con il titolo Città futurista. Gran parte dello scritto è dedicato alla profezia della metropoli futurista ed è interessante per ricostruire l'immagine che Sant'Elia aveva in mente e che ha delineato nei disegni, ma non ha potuto realizzare concretamente: "Sentiamo di non essere più gli uomini delle cattedrali, dei palazzi, degli arengari; ma dei grandi alberghi, delle stazioni ferroviarie, delle strade immense, dei porti colossali, dei mercati coperti, delle gallerie luminose, dei rettifili, degli sventramenti salutari. Noi dobbiamo inventare e rifabbricare la città futurista simile a un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile a una macchina gigantesca. Gli ascensori non debbono rincantucciarsi come vermi solitari nei vani delle scale; ma le scale, divenute inutili, devono essere abolite e gli ascensori devono inerpicarsi, come serpenti di ferro e di vetro, lungo le facciate. La casa di cemento, di vetro, di ferro, senza pittura e senza scultura, ricca soltanto della bellezza congenita alle sue linee e ai suoi rilievi, straordinariamente brutta nella sua meccanica semplicità, alta e larga quanto più è necessario, e non quanto è prescritto dalla legge municipale, deve sorgere sull'orlo di un abisso tumultuante: la strada, la quale non si stenderà più come un soppedaneo al livello delle portinerie, ma si sprofonderà nella terra per parecchi piani, che accoglieranno il traffico metropolitano e saranno congiunti, per i transiti necessari, da passerelle metalliche e da velocissimi tapis-roulants".
Nei disegni esposti alla Prima mostra d'arte del gruppo Nuove tendenze, Sant'Elia affronta varie tematiche moderne: la centrale elettrica, elemento propulsore del progresso tecnologico in atto e nuova cattedrale della "religione della velocità" futurista; la stazione che accoglie contemporaneamente treni e aerei, punto di scambio fra vari mezzi di trasporto; la viabilità a molti livelli; il fronte scalare degli edifici che ne favorisce l'illuminazione. Nelle tavole per la Città nuova, Sant'Elia non offre solo uno studio di avvio, uno scorcio su foglio da taccuino, ma una proposta attentamente elaborata. Numerosi i ponti, gli ascensori, i piani stradali per vari mezzi di locomozione e le vie pedonali, a vari livelli, per rispondere alle esigenze di mobilità dell'intensa vita cittadina. Evidente l'impiego di nuovi materiali (cemento, vetro, ferro) nella progettazione della città, illuminata da luci elettriche, di cui alcune anche con funzione pubblicitaria. L'inesistenza di piante e sezioni e una certa monumentalità dei disegni hanno fatto parlare di Sant'Elia come di un visionario o di uno scenografo dell'architettura paragonato a Bibbiena o Piranesi, negando ogni possibilità realizzativa alle sue opere. In effetti egli riusciva a dare ai suoi edifici una volumetria in cui erano leggibili la struttura planimetrica e le sezioni. I recenti studi di ricostruzione degli elaborati di Sant'Elia hanno dimostrato che le sue prospettive sono così esatte da permettere di ricavarne dei riporti, dei ridisegni, delle sezioni proporzionate e di giudicarle come "disegni esecutivi", fatti con fini realizzativi. La mancanza di piante degli edifici nell'opera di Sant'Elia, che è sembrata indicativa di una scarsità di serie intenzioni architettoniche, va piuttosto ricondotta alla funzione principale della progettazione urbana a inizio secolo, quella del disegno di strade, esposta da Camillo Sitte in Der Städtebau nach seinen Künstlerischen Grundsätzen del 1889.
La mancanza delle piante è inoltre una scelta in linea con la poetica futurista e riflette l'interesse nel produrre soprattutto l'impressione del dinamismo urbano, proiettando lo spettatore nel centro della metropoli moderna, piuttosto che rendere la metropoli attraverso l'astrazione di un progetto. Il rifiuto della planimetria è parte del generale attacco dei futuristi contro le convenzioni e contro la tradizione umanistica: la città futurista, basata sul cambiamento e sul flusso, non ha né un centro né una forma definita. Le costruzioni di Sant'Elia rompono con tutte le tradizioni architettoniche e perseguono l'ideale di una casa "simile a una macchina gigantesca". Spesso ricorre il tema della piramide, suggerita dagli effetti prospettici dovuti a punti di vista vicini all'oggetto da rappresentare, che la evocano nella restrizione dell'immagine verso l'alto. Le diffuse superfici oblique permettono, riflettendo la luce, una maggiore luminosità rispetto a quelle verticali, e trasformano le strade aprendo lo spazio diversamente dall'usuale "rue corridor", così come i numerosi blocchi gradonati, caratteristici delle architetture santeliane. È frequente anche l'uso di contrafforti e telai, questi ultimi immaginati come strutture in cemento armato uniche, indivisibili, rigide, di forma triangolare, rettangolare o trapezoidale. Alla serie di telai di sagoma chiusa, si oppone quella aperta delle strutture bipolari a forma di U o H. Con questi elementi Sant'Elia progetta la città futurista, la boccioniana "città che sale", non come ulteriore strato introdotto in epoca contemporanea su un tessuto urbano già esistente, ma come città inventata e fabbricata ex novo, realizzando nei suoi disegni le idee espresse nel Manifesto dell'architettura futurista: "Ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città".
di Claudia Lamberti