Zoom Magazine (2006-2008) Anno 27 Numero 211 novembre-dicembre 2007
Un'idea antica dice che ciascuno viene al mondo perché è chiamato, è un'idea di Platone che sostiene che prima della nascita la nostra anima sceglie il percorso che poi faremmo sulla terra. Riceve in sostanza un compagno che ci guida, che è il portatore del nostro destino, un daimon, un demone, che è unico, tipico e solo nostro. Non ci abbandona mai, fino alla morte. I latini lo chiamano genius, ed è quello che noi chiameremmo vocazione o carattere. A queste riflessioni, ben descritte ne Il Codice dell'Anima di James Hillman, ho pensato quando ho incontrato Sindiwe Magona due anni fa ad una mia mostra a Fiesole. Sindiwe è colei che qualcuno definirebbe una forza della natura, per me è un'ambasciatrice, nata con un compito preciso: dare voce al suo popolo, il popolo sudafricano.
Sindiwe che appartiene all'etnia Xhosa, la stessa di Nelson Mandela, è cresciuta nei sobborghi di Città del Capo durante il periodo dell'apartheid.
Da giovanissima è stata abbandonata dal marito con tre bambini di cui si è presa cura da sola facendo molti lavori umili e impensabili, come vendere teste di capra ai bordi delle strada. Eppure il suo demone, anche nei momenti più duri, non l'ha mai abbandonata riservandole un destino ben preciso.
Senza fissa dimora, passando da una baracca all'altra, senza acqua né luce e molto spesso senza mangiare, ha studiato per corrispondenza fino alla laurea, all'Università del Sudafrica, conseguendo successivamente un master presso la Columbia University. Ha vinto un concorso all'Onu di New York, dove è stata impiegata per 26 anni, fino alla pensione. È proprio negli Stati Uniti che Sindiwe ha iniziato a scrivere, raccogliendo ben presto grandi consensi da parte del pubblico e dalla critica e ora i suoi libri sono tradotti in numerose lingue. Il suo impegno politico è stato riconosciuto nel 1976 quando è stata chiamata a Bruxelles a far parte del tribunale internazionale per i crimini contro le donne. È proprio al culmine del suo impegno politico che si è resa conto che la penna può fare più della spada. Ho avuto modo di conoscere approfonditamente Sindiwe all'Università di Washington, a Seattle dove entrambe siamo state invitate per parlare del Sudafrica, lei attraverso la scrittura, io attraverso le fotografie. Siamo due mondi distanti per età, provenienza, esperienze, eppure il desiderio di combattere onestamente, unite alla cocciutaggine e alla presunzione di poter fare qualcosa per opporsi a quello che non ci piace ha creato una coppia inossidabile.
Proprio negli Stati Uniti Sindiwe mi ha spinto ad occuparmi di uno dei problemi più gravi che affliggono il Sudafrica, l'Aids. È nato così il nostro progetto 'Volti Positivi' che ha preso forma grazie alla collaborazione della Regione Toscana e dell'Azienda Sanitaria Firenze che hanno reso possibile la realizzazione di una mostra fotografica e di un documentario. Il lavoro sarà presentato il 1° dicembre - giornata mondiale dedicata all'Aids - all'Istituto degli Innocenti, a Firenze. Lo scopo dell'evento è quello di attirare l'attenzione su questo problema anche in Italia, dove l'epidemia, soprattutto a causa della scarsa informazione, è in aumento. Sono stata un mese e mezzo in Sudafrica, nelle zone più povere di Città del Capo, per raccogliere testimonianze e fotografie su questo tema. La realtà che ne è emersa è drammatica: il ministro della sanità suggerisce aglio e cipolla per curare l'infezione, una credenza popolare sostiene che avere rapporti sessuali con una vergine renda immuni dal virus, così gli stupri ai danni di bambine anche piccolissime non si contano. Un politico, accusato di stupro nei confronti di una sieropositiva ha dichiarato in televisione che dopo un rapporto non protetto 'basta farsi una doccia'. Eppure i volti dell'Aids che ho visto sono volti positivi e pieni di speranza anche grazie alla forza straordinaria di donne come Sindiwe Magona.
Silvia Amodio è nata a Milano nel 1968. Ha realizzato straordinariritratti di animali. In viaggio in Sudafrica per completare un reportage sugli animali si imbatte casualmente in un campo profughi. Inizia così a realizzare i ritratti ai volti delle persone che incontra.
Scatta in medio formato e in bianco e nero, utilizzando uno sfondo bianco ed una illuminazione diffusa. Decontestualizzate così dall'ambiente in cui vivono, queste persone, spesso donne e bambini, si riappropriano della loro dignità umana e della loro storia. Questo è solo uno dei modi con cui Silvia Amodio le aiuta, ricevendone in cambio non solo pezzi di reportage. Ben di più.