Arte contemporanea Anno 3 Numero 13 luglio-agosto 2008
Si è inaugurata il 18 giugno, con un vernissage per la stampa, la quindicesima Quadriennale di Roma che torna quest'anno nella sua sede abituale: Il Palazzo delle Esposizioni. Una vetrina per conoscere le nuove tendenze dell'arte italiana, questo lo scopo che la manifestazione romana si era prefissa fin dalla sua nascita nel lontano 1927.
Un'enorme Q viola si staglia sulla facciata, fresca di restauro, del palazzo delle Esposizioni di Roma. E' il simbolo della quindicesima quadriennale di Roma che si è inaugurata il 18 Giugno. La quadriennale è ritornata nella sua sede abituale: il Palazzo delle Esposizioni, chiuso per lungo tempo per restauro. E' una delle manifestazioni più attese della stagione che dominerà la scena artistica dell'estate capitolina fino alla sua chiusura, il 14 settembre. Una bella mostra, che si avvale di un bell'allestimento arioso e spazioso che riesce a valorizzare molto bene i lavori degli artisti presenti. Una mostra che mette in scena il meglio dell'arte italiana più recente. In questo la Quadriennale non viene meno al suo intento. Fin dal 1927, anno della sua nascita, in pieno regime fascista, la quadriennale si è posta lo scopo di esibire il meglio dell'arte italiana, lasciando invece alla Biennale di Venezia il compito di gettare lo sguardo sul panorama internazionale. Anche ottanta anni dopo il proposito è rimasto lo stesso ma, per adeguarsi al cambiamento dei tempi, anche la Quadriennale ha introdotto qualche importante novità come ha dichiarato il presidente Gino Agnese: per la prima volta nella storia di questa rassegna abbiamo una giuria internazionale deputata ad assegnare il premio quadriennale, il premio alla carriera, il premio alla giovane arte. Sarà poi il pubblico a scegliere il titolo per la rassegna, proponendo le proprie scelte in un apposito sito web.
Non c'è un filo che lega le opere in mostra, hanno dichiarato i curatori dell'esposizione, l'unico legame è dato dall'età degli artisti, tutti nati tra gli anni 60 e 70. "A scelte fatte", scrive una delle curatrici, la romana Daniela Lancioni, "noto che nessuno degli artisti che ho segnalato è nato prima del 1960 e che nel loro insieme gli artisti scandiscono l'emergere di tre diverse generazioni". I cinque curatori Chiara Bertola, Lorenzo Canova, Bruno Corà, Daniela Lancioni, Claudio Spadoni, hanno dedicato una particolare attenzione agli artisti mid career e a giovani portatori di linguaggi in movimento e indicativi di possibili evoluzioni.
L'obiettivo non è stato quello di compilare un "chi è chi" dell'arte contemporanea italiana ma di registrare, in un confronto con l'eredità del novecento, il diverso modo di fare arte negli ultimi due decenni utilizzando nuove tecniche e nuove dimensioni creative. I temi indagati riguardano l'attualità. La solitudine dell'individuo, il senso di estraneazione, la sicurezza sul lavoro.
La commissione ha scelto di riservare un omaggio a Luciano Fabro, ad un anno dalla sua prematura scomparsa, esponendo all'ingresso, nella sala della rotonda, la bella scultura Autunno, una delle sue ultime opere, mai esposta in Italia.Proprio la scultura di Fabro è stata protagonista, il giorno dell'inaugurazione di un incidente. Una signora è scivolatata bruscamente urtando la pedana dell'opera che è stata subito rinchiusa in un recinto. Un'altra si è sentita male nell’ambiente mobile di Marina Paris cosa che ha portato a rallentare il nastro di scorrimento dell'opera.
Ma il vero colpo di scena, un inatteso fuori programma si è avuto alla fine della conferenza stampa, quando i curatori, dopo aver chiesto al pubblico se ci fossero domande da rivolgere sono stati aggrediti ad alta voce dall'artista romano Pino Boresta che ha puntato il dito contro di loro insultandoli poichè non l'avevano invitato ad esporre. L'artista ha concluso la conferenza lanciando sui presenti volantini che presentavano la sua opera, Poi è stato portato via a braccia dalla security. Una performance dal vivo non prevista dai curatori.
GLI ARTISTI
Novantanove giovani artisti tutti under 45 e per il 30 per cento romani. Alcuni vengono da Perugia, Milano, Palermo, molti lavorano all'estero (perchè la fuga di cervelli dall'Italia non riguarda solo il campo della ricerca ma anche dell'arte) a New York, Londra, Berlino. Una grande prevalenza di donne, che non hanno avuto bisogno delle quote rosa per essere presenti e uno "special guest" Luciano Fabro con una sculura inedita per l'Italia Autunno, un omaggio voluto dai curatori al grande artista scomparso l'anno scorso. Molti tra i nomi attualmente più quotati in Italia non sono stati chiamati ad esporre (Cattelan, Ontani, Vezzoli) presenti però Vanessa Beecroft e Stefano Arienti. Se l'ultima edizione estendeva lo sguardo fino ai maestri degli anni sessanta/settanta questa volta i cinque curatori della mostra hanno puntato su una esposizione di giovani artisti che hanno iniziato ad affermarsi in Italia negli ultimi vent'anni. Ogni artista è presente con una sola opera, molto recente, in molti casi realizzata appositamente per la Quadriennale. I curatori hanno posto l'accento sulla specificità della nostra arte che, come spiega Daniela Lancioni, "non ha alle spalle delle macroeconomie che la sostengono, che non ha niente a che vedere con la creatività asiatica, dove gli artisti hanno operato una frattura con il loro passato, ma che ha un'identità fatta di padri nobili come Kounellis e Boetti che con pochi mezzi erano riusciti ad imporsi su una scena dominata dallo strapotere americano e che oggi ritrova una rinnovata forza di fare". Una voglia di fare che si esprime ad ampio raggio, nel video, nella scultura, nella pittura, nelle installazioni. Rimangono sempre equilibrati questi giovani artisti italiani, non sono mai scioccanti nemmeno quando affrontano temi di denuncia sociale forse perchè portano tutti sulle spalle il retaggio della cultura italiana in cui il gusto del bello rimane ancora molto forte.
Manca però quel senso di "pugno allo stomaco", quell'osare che si ritrova invece in alcuni artisti europei, negli inglesi ad esempio che hanno dominato e continuano a dominare la scena dell'arte contemporanea dagli anni 90 ad oggi.
LE OPERE
L'allestimento, curato da Lucio Turchetta, ha risposto alla necessità di una presentazione di lavori molto eterogenei per formato, tecniche di realizzazione, esigenze espositive. Il percorso della mostra si snoda in tutti i 3000 mq del Palazzo delle Esposizioni, rimanendo sempre libero ed arioso. Tremila mq di scultura, pittura, disegno, poesia visiva, fotografia, videoarte e alcune installazioni sonore che ogni tanto con il loro ripetere incessante richiamano all'ordine qualche spettatore sonnecchiante. They Live We Sleep, è l'opera di Elisabetta Benassi in cui, voci diverse e sfalsate che provengono da trecento megafoni, ogni mezzora pronunciano la frase, scritta dall'artista su una parete a caratteri cubitali, all'unisono e a volume sempre più alto.
I temi affrontati in queste opere sono vari, oltre a quelli che riguardano la società, la politica, l'ambiente, l'attualità, la libertà personale, vi sono opere che indagano su una dimensione più privata, intimista soffermandosi sul senso della memoria, del tempo, del ricordo. Come si vede nelle opere in video di Sabrina Mezzaqui, Bruna Esposito, Ra di Martino, Andrea Aquilani e Andrea Mastrovito. Il video è anche denuncia sociale come quello che propone Gea Casolaro con un'installazione sulle morti bianche. La denuncia del dramma che si perpetua nel Darfur è la performance realizzata da Vanessa Beecroft alla pescheria di Venezia nel 2007 e ora esposta qui alla Quadriennale. Una tela bianca distesa all'interno del porticato veneziano, sopra la quale sono sdraiate o meglio ammassate una ventina di giovani donne sudanesi, (con la pelle tinta di nero), l'artista le imbratta con un liquido rosso che ha il richiamo del sangue e che dà allo spettatore l'idea di assistere ad una mattanza. Non molto numerosa la fotografia, tra le più significative l'opera di Matteo Basile The Saints are coming, stampa laminata su alluminio e plexigas su cui si staglia quasi a voler uscire fuori un immenso drappo rosso rubino, e poi Piero Pompili con la Quinta età e Donatella Spaziani con Berlino. Per la pittura Alessandro Cannistrà con un grande olio su tela Da un certo punto di vista, Fulvio di Piazza con un grande dipinto ad olio rappresentante apparentemente una natura lussureggiante ma profondamente inquietante. Sul contrasto tra l'apparenza e la sostanza e sul senso di inquietudine è giocata anche l'opera di Luana Perilli che riproduce un interno domestico apparentemente tranquillo e rilassante benchè carico di suppellettili. Carta da parati damascata, moquette, mobili, piante e alcuni souvenir. Osservando bene vediamo la Venere di Milo insieme alla testa del David e alla Pietà di Michelangelo. Le statue, diventate piccoli oggetti kitsch, recitano la poesia di Boris Vian "Non vorrei crepare" creando nello spettatore un profondo malessere. Sempre basata sul contrasto ed estremamente kitsch la Donatella di Giovanni Rizzolli, piccola scultura ermafrodita con tanto di elmetto da guerra in testa. Tra le opere più divertenti, ma che non dimenticano il contrasto tra un'apparente tranquillità e una tragedia nascosta e sempre pronta ad esplodere, c'è da segnalare Destined for Nothing di Maurizio Savini, opera conosciuta come L'orso rosa. Un orso rosa, ricoperto da gomme da masticare Big Babol, in piedi su due zampe guarda nello spioncino di una porta, intorno a lui tutto è rosa, un colore rilassante e tranquillizzante ma l'orso affonda i piedi nell'immondizia e lungo le pareti rosa si vede un filo elettrico nero da cui pendono lampadine accese. Al senso di sciagura incombente Savini oppone il colore rosa con l'orso, animale del mondo dell'infanzia circoscritto in una parete domestica.
Spazio al gioco nell'opera di Federico Solmi King Kong e la fine del mondo, uno dei pezzi più interessanti della mostra. Una denuncia del consumismo in chiave fumettistica. Un piccolo kolossal, con tanto di videoproiezione, con un King Kong sempre eccitato che irrompe nelle vie della città distruggendo la Gagosian Gallery e rapendo le donne vestite Prada. Per restare nel tema del gioco, impossibile non menzionare l'opera di Giuseppe Stampone Joker è stato qui che ha riscosso i maggiori consensi del pubblico. Opera divertente e interattiva in cui il visitatore riflettendosi in uno dei tanti specchi viene ripreso da una videocamera diventando un'opera d'arte.
Il concettuale si unisce al digitale.