AI MAGAZINE Anno 3 Numero 32 ottobre 2009
Che cosa hanno in comune la bella Dixie Dugan, creata da J.H. Striebel nel 1929 e Valentina Rosselli, l’ammaliante fotografa creata da Crepax nel 1965? Due fumetti per un’unica musa ispiratrice: alla scoperta di Louise Brooks, il caschetto più attraente del cinema muto.
Caschetto nero, occhi profondi, trucco essenziale ma intenso: lo stile inconfondibile di Louise Brooks ha ispirato negli anni molti registi e disegnatori, che ne hanno fatto una vera e propria icona del panorama artistico novecentesco. L’intrigante attrice, interprete nel 1928 di Lulù – Il Vaso di Pandora, per la regia di G.W. Pabst – che per questo ruolo l’ha preferita alla Dietrich – è stata musa ispiratrice infatti per il famoso fumetto Dixie Dugan, creato nel 1929 da J.H. Striebel sul “canovaccio” del romanzo Show girl di J.P. McEvoy pubblicato per la prima volta sul magazine Liberty nel 1928. La storia originariamente narrava le vicende della bella Dixie, giovane show-girl in ascesa nello show-biz hollywoodiano; contesto presto abbandonato per rendere Dixie una ragazza in carriera, alle prese con i lavori più svariati (ottenendo così un’eroina più realistica); da qui la scelta di differenziare il titolo della strip rispetto al romanzo di McEvoy. Dal popolare fumetto nasce il film del 1943, Dixie Dugan, prodotto dalla 20th Century Fox ed interpretato da Lois Andrews.
Dopo più di trent’anni dall’uscita della strip Dixie Dugan, il volto e la personalità di Louise Brooks tornano ad animare il mondo del fumetto, questa volta per opera di un italiano, Guido Crepax, abile disegnatore ed artista scomparso nel 2003, che dopo aver fatto fare la sua prima comparsa a Valentina come personaggio secondario nel fumetto Neutron: La curva di Lesmo, pubblicato nel 1965 sulla rivista LinusCiao Valentina. In un’intervista pubblicata nel 1985 su Il Messaggero Crepax dichiara di essere stato ispirato per il personaggio di Valentina – uno dei più famosi della storia del fumetto italiana, anche per le apparizioni della stessa in ambito pubblicitario – da una fotografia della Brooks pubblicata sulla rivista Sipario che Crepax conserva per anni e sulla quale costruisce i tratti della bella fotografa milanese nata il giorno di Natale del 1942 (Valentina è probabilmente l’unico personaggio dei fumetti dotato di una “reale” carta di identità e di una realistica concezione del passare del tempo, tanto che, contrariamente a quel che accade nella maggior parte dei fumetti, Valentina invecchia): Valentina è una ragazza “reale”, indipendente e curiosa, intuitiva e determinata, vittima del suo passato da anoressica e legata ai suoi incubi e ai suoi folli deliri immaginari, perennemente in bilico tra sogno e realtà; ritratta molte volte in pose ed atteggiamenti sensuali che l’hanno resa, tra l’altro, una delle più affascinanti figure del fumetto erotico.
Louise Brooks è sempre stata grata ai disegnatori di cui è stata ispiratrice, e soprattutto è stata estremamente riconoscente nei confronti di Crepax, con il quale ha instaurato, a partire dal 1976, un fitto rapporto epistolare, in cui Louise confessa di sentirsi davvero Valentina, come se Crepax avesse realmente descritto e disegnato una parte della sua vita, come se lui, attraverso Valentina, fosse davvero riuscito a scoprire la vera Louise, donna affascinante e talentuosa, ma spesso incompresa sia dal punto di vista personale che artistico, avendole così conferito, in un qualche modo, una possibilità di riscatto sulla realtà delle cose.
Mary Louise Brooks nasce il 14 novembre 1906 a Cherryvale, in Kansas. Sotto l’influenza della madre, si dedica, sin da giovanissima alla danza, abbandonando gli studi già all’età di quindici anni per entrare a far parte della compagnia “Denishawn” di New York. Il suo spirito, considerato insolente e anticonformista, le costa l’espulsione dal corpo di ballo, portandola a lavorare dapprima per i “George White Scandals” e successivamente nella compagnia “Zigfield Follies”, con la quale debutta nel 1925 con lo spettacolo Louie the 14th.
Il suo carattere disinibito, il suo humour franco e schietto vengono spesso scambiati per snobismo, (“feci il mio ingresso nel mondo con una radicale abitudine alla verità che ha automaticamente eliminato dalla mia vita quella piatta monotonia che devono provare i bugiardi (...) e così sono rimasta, in una crudele ricerca di verità e perfezione, come il carnefice inumano di ogni ipocrisia, evitata da tutti, tranne da quei pochi che hanno vinto la propria avversione alla verità per poter liberare quanto di buono c'è in loro”) e fanno della Brooks il prototipo perfetto della flapper girl di Fitzgeraldiana memoria (dal verbo to flap - agitare, battere, colpire -, che denota irrequietezza, volubilità; il termine è ispirato dalla novella This Side of Paradise di F.S. Fitzgerald), che Louise incarna alla perfezione.
Dopo l’esordio cinematografico nel 1925 in The Street of Forgotten Men, la Brooks gira numerosi film tra cui il famoso Love’em and Leave’em per la regia di Frank Tuttle, nel 1926, dove le caratteristiche della flapper girl sopra citata appaiono lampanti attraverso i tratti di una Louise che veste in modo sublime la capricciosa impertinenza e l’irrefrenabile vitalità della gioventù ivi ritratta. Dopo Il Vaso di Pandora e Diario di una donna perduta,Prix de Beauté, per la regia di Augusto Genina. Eccezion fatta per alcune apparizioni, la Brooks termina la sua carriera con il film western Overland Stage Raiders del 1938: a soli trentadue anni, Louise è un’attrice finita e una donna profondamente sola: “[...] mi resi conto che l'unica carriera ben retribuita che mi si offriva era quella della squillo. Cancellai il mio passato, mi rifiutai di vedere i pochi amici che mi legavano ancora al mondo del cinema, e cominciai ad affezionarmi a delle bottigliette piene di piccoli sonniferi gialli”. Gravemente malata per un enfisema, muore nel 1985.
Seppur dimenticata da tanti, scomparsa artisticamente dalla vista del grande pubblico a pochi anni dagli esordi della sua promettente carriera, l’immagine della ragazza with the black helmet persisterà ai nostri occhi tenace e luminosa e continuerà ad ammaliarci, con la sua spontaneità e naturalezza… con la sua “insolente” verità.