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Impackt (2006-2009) Anno 2009 Numero 2



I'M Glam

Sonia Pedrazzini

Intervista a Antonio Marras



Contenitori e Contenuti


user instructions
Luxury Packaging
Sonia Pedrazzini, Marco Senaldi

shopping bag
Limited Edition
Francalma Nieddu

identi-kit
Arte e Crimini di Josephine Meckseper
Francesco Spampinato

identi-kit
Cheap Murano
Sonia Pedrazzini

identi-kit
I’M Glam
Sonia Pedrazzini

identi-kit
Trama Doppia
Marco Senaldi

show box
Nuovi Lussi: speciale salone del mobile
Sonia Pedrazzini

tools
Eco Lusso per un Eco Mondo
Francalma Nieddu

My Pack
Miriam Mirri/Cannamela

show box
100% Alimentare
Valeria Bucchetti

tools
Out of the Box

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A volte succede. Che l’alto e il basso e si tocchino, che il lusso e il mercato di massa si incrocino, che l’haute couture e il packaging si uniscano e producano valore. Succede, soprattutto quando i protagonisti della nuova edizione di Nivea Glam sono una crema cult e un couturier visionario come Antonio Marras.


Lo stile di Marras è inconfondibile, sia nel mondo della fashion - di cui rappresenta un caso unico in Italia per la sua idea di moda fantasiosa ed anticonformista – sia nelle altre attività culturali ed artistiche in cui questo infaticabile creativo si impegna costantemente.
Gli elementi chiave del suo lavoro sono il racconto, l’ornamento e il recupero della manualità artigiana.
Alla base di ogni collezione c’è sempre uno spunto narrativo, una storia, spesso incentrati su personaggi e vicende legati alla Sardegna, il luogo in cui ha scelto di vivere e lavorare, lontano dalle grandi città e dai centri più importanti del mercato economico.
I temi ricorrenti e più profondamente sentititi sono quelli dell’identità e della differenza, del viaggio, della nostalgia, della perdita, ma quello che poi dà voce alla forma dell’abito, il suo aspetto comunicativo, è l’ornamento, per il quale lo stilista dichiara una sfrenata passione. Grazie all’ornamento la forma può coinvolgerci emotivamente e fisicamente; da qui una moda, quella di Marras, prodiga di particolari e dettagli, opere sartoriali che richiedono tecniche di esecuzione straordinarie e che spesso fanno appello alla sapienza delle artigiane di Ittiri, depositarie della tradizione del ricamo sardo.
Racconto, ornamento, manualità artigiana.
Gli stessi ingredienti Marras ha usato per ridisegnare il packaging della “special edition” della crema Nivea.
Protagonista di questa storia è una figura femminile stilizzata, dall’aria retrò e dallo sguardo sognante, che cambia abito pagina dopo pagina, ma dagli oblò perforati fa sempre capolino la mitica creme, ridisegnata con maxi pois bianchi su fondo blu, finché, nell'ultima pagina, la Nivea-doll prende addirittura vita: si può infatti estrarre dal libro per giocare a vestirla come le bambole di carta di un tempo.
Il book è chiuso da un nastro di tela bordeaux ed è contenuto in una shopping bag in canvas ecrù, che sembra disegnata a mano. Il tutto ha un’aria estremamente raffinata ed artigianale, ed è prodotto in serie limitata, 2000 pezzi numerati posti in vendita al prezzo di 30 euro.
Una Nivea troppo costosa? Un accessorio Marras assai economico?
Non importa quale sia la risposta, in questo caso la favola ha un happy end, perché sia il compenso dello stilista che il ricavato delle vendite saranno devoluti a sostegno di un importante progetto di Emergency: la creazione di una corsia chirurgica pediatrica all'interno dell'ospedale di Lashkar-gah, in Afganistan.

Antonio Marras, hai “vestito” con il tuo stile la confezione di un prodotto storico e popolarissimo come la crema Nivea, puoi spiegarci come è nata questa collaborazione?
La proposta di inventare un’edizione limitata della ultra-famosa crema Nivea è arrivata esattamente un minuto dopo che mi ero ripromesso di non accettare più nessuna proposta di collaborazione, causa esubero di lavoro: ma la simpatia istintiva che si prova verso quella crema bianca, quell’immagine così familiare e quel profumo inconfondibile hanno fatto sì che, ancora una volta, non mantenessi l’ennesima promessa fatta a me stesso!
Per uno curioso ed amante delle sfide come me era impossibile resistere alla tentazione di “dissacrare” questa vera, immutabile icona: esiste qualcuno al mondo che non conosca il barattolo di latta blu con la scritta bianca, da oltre 50 anni sempre lo stesso, presente in tutte le case del mondo? Non è un caso, infatti, che abbia voluto lavorare proprio sulla confezione più classica, escludendo da subito le versioni da borsetta, molto carine e pratiche, ma già troppo “fashion” e moderne rispetto al progetto che avevo in mente.
La prima idea istintiva è stata quella di “sporcare” il rigore del monocolore blu con pois bianchi e con una textura densa al tatto: pensando ad una scatola che la contenesse, pian piano è venuta fuori l’idea di un libro-oggetto-bambola, che prende vita pagina per pagina. A progetto terminato, si potrebbe dire che il contenitore ha quasi preso il sopravvento rispetto all’oggetto originale su cui ci era stato chiesto di lavorare, tenendo conto anche del fatto che il tutto è contenuto in una shopping di tela ecrù con stampa effetto manuale.

Parlando di packaging più in generale, che significato ha per te la confezione nel sistema del gusto contemporaneo?
Per me, fondamentale! Mi è capitato di acquistare cose ed oggetti solo perché completamente affascinato dall’involucro che li conteneva e totalmente disinteressato al contenuto … Del resto, da sempre pongo moltissima attenzione a tutto ciò che serve ad anticipare un argomento, a comunicare l’oggetto: fin dall’inizio ho investito molto, in termini non solo prettamente economici ma piuttosto di pensiero e di creatività, sugli inviti alle mie sfilate. Dal momento che tratto le mie collezioni come fossero storie da raccontare, le sfilate sono per me le sceneggiature del racconto e l’invito una sorta di introduzione. Lo stesso vale per il packaging.
 
Cos’è il lusso? Uno stile di vita, la qualità dei prodotti, uno stato mentale...
La parola lusso, presa a sé, non ha nessun significato: è un concetto troppo generico ed ampio per avere una valenza unica e comune. Il lusso inteso semplicemente come oggetto costoso mi sembra assai lontano dall’essere un fenomeno di massa, soprattutto in questi tempi decisamente di crisi: solo i palliativi del lusso possono essere così definiti.
Personalmente, il lusso a cui ambisco di più è il tempo: non il tempo libero, si badi bene, ma tempo per riuscire a fare tutte le cose che vorrei fare e a cui vorrei dedicarmi di più.

Sempre più spesso il mondo della moda dialoga con quello dell’arte contemporanea, come vedi questo rapporto considerando anche le tue dirette esperienze personali, come la collaborazione con artiste quali Maria Lai, Claudia Losi, Carol Rama e gli eventi che ogni anno crei in occasione di Trama Doppia ?
Credo che oggi queste categorie andrebbero in parte ridefinite; non è più una questione di prestiti o di influenze reciproche, quello che accade è che i confini tra arte e moda diventano sempre più sfumati, al punto che esiste tutta una fascia di esperienze intermedie, difficili da classificare nell’uno o nell’altro dei due ambiti. Personalmente, ho sempre sentito forte la necessità e l’importanza di lavorare su spazi di autonomia creativa.
La libertà è un lusso che mi permetto per creare qualcosa di trasversale alla moda, qualcosa che nasca da momenti di vita indipendenti, come nel caso dell’incontro con Maria Lai o con Carol Rama. La loro modalità corrisponde in modo naturale a ciò che ho sempre creato. Di sicuro sono uno che ha la fortuna di fare ciò che più ama: un mestiere che mi permette di mischiare tutto, abiti, musica, teatro, cinema …
Mi viene in mente un episodio che riguarda proprio Maria Lai. Una volta le dissi che avevo copiato un suo disegno. Mi ha risposto: “l’arte è un continuo rubare, non ti preoccupare, io rubo dappertutto. Nel momento in cui la rubi, l’opera diventa tua”: ecco, forse la relazione tra arte e moda potrebbe sintetizzarsi in questa immagine.

Secondo te, che ruolo ha assunto oggi la moda nella nostra società, e verso quali direzioni si sta evolvendo?
La moda è uno dei mezzi più efficaci che abbiamo per auto-rappresentarci, quindi svolge una funzione importantissima, anche se per la maggior parte delle persone, compresi ahimè coloro che reggono le sorti dell’economia nazionale, è un gesto frivolo e insignificante. Ci permette di segnalare appartenenze etniche, politiche, ideologiche, culturali; ma ci permette anche di giocare con le apparenze, di costruire e decostruire l’identità che vogliamo offrire allo sguardo degli altri. Più importante ancora, attraverso la moda possiamo elaborare simbolicamente il cambiamento, il tempo che passa, la realtà che si trasforma con ritmi sempre più accelerati. Possiamo accettare di lasciarci il passato alle spalle, di aprire la porta al presente, di guardare al futuro.
Data la situazione economica critica che stiamo attraversando, il bisogno di moda è destinato a far leva sempre più sulla richiesta di prodotti caratterizzati da vera identità ed unicità progettuale. Da questo punto di vista l’Italia al momento non regge il confronto con altre realtà nazionali, che hanno fatto della sperimentazione e dell’innovazione formale i loro punti di forza.
La possibilità di una crescita nel settore mi sembra quindi legata alla sua capacità di rinnovarsi potenziando la ricerca creativa.
E’ ciò che mi auguro per il bene di tutto il settore, e per il suo positivo sviluppo futuro.