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Mousse Anno 4 Numero 21 novembre-dicembre 2009



Every separation is a link

Caterina Riva

Intervista a Alice Channer





18 HENRIK HÅKANSSON
EARTH SOUND RESEARCH REVIVAL
Jörg Heiser

25 ENRICO DAVID
CABARET DAVID
Milovan Farronato

31 ANDREAS BUNTE
SYMBOLIC PLACES
Katerina Gregos

38 HARK!
MAN THE WALK
Jennifer Allen

43 Portfolio
CAMILLA LØW
Dieter Roelstraete

47 ARTUR ZMIJEWSKI
PSYCHOANALYTICAL MACHINES
Cecilia Alemani

56 DANIEL BIRNBAUM, ROBERTO CUOGHI,
DAKIS JOANNOU
THE BAKER TRANSFORMATION
Francesco Garutti

63 REPRINT
A GIRL NAMED CARLA
Massimiliano Gioni

68 PART OF THE PROCESS
IAN KIAER
THEATRES OF VISION
Barbara Casavecchia

72 KEREN CYTTER
D.I.E NOW
UNBEARABLE GRACE
Alessandro Rabottini

79 Artist Project
KLAUS WEBER

82 LOST AND FOUND
HENRI CHOPIN
Matteo D’Ambrosio

87 L ESLIE HEWITT
THE CONSTRUCTION OF HISTORIC MEMORY
Luigi Fassi

91 SKELETONS IN THE CLOSET
MIKE KELLEY
Emi Fontana

99 BEYOND
A FAIR CONVERSATION
Massimo De Carlo, Guglielmo Maisto

105 DIARY
Francesca Pagliuca

116 BOOKS
Stefano Cernuschi

118 BERLIN
RETO PULFER
some whales and some ways of instaling a sculpture
David Lewis

123 PARIS
Marce lline Delbecq
NOWHERE (MISSISSIPPI)
Francesca di Nardo

127 LONDON
Oto lith Group
AN INTERPLAY OF HISTORIES
Alli Beddoes

130 NEW YORK
SAM LEWITT
AN ARCHIVE OF LANGUAGE
Simon Baier

134 LOS ANGELES
KAARI UPSON
LARRY’S HOUSE
Sonia Campagnola

140 INTRODUCING
FRANCESCO BAROCCO
Roberta Tenconi

143 CURATOR’S CORNER
Andrea Viliani
THE CURATOR AS INDEX
Yann Chateigné Tytelman

144 IAN WALLACE
THE PICTORIAL
Gigiotto Del Vecchio
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n. 27 febbraio-marzo 2011


ALICE CHANNER
Knot
Accordion pleats, fabric, nails
40 x 18 x 4 cm, 2009

ALICE CHANNER
Magnified
Studio image, 2009

ALICE CHANNER
Material
Accordion pleats, fabric, nails
43 x 24 x 3 cm, 2009

Ogni separazione è un legame è il titolo dell’intervento site-specific che l’artista inglese Alice Channer presenterà nella piccola vetrina di una bottega che si trova tra i civici 13 e il 15 di via Pastrengo a Milano. Il suo lavoro, in anteprima in Italia, sarà visibile dal 10 al 17 dicembre è il secondo dei cinque appuntamenti di Showreelproject.com, progetto curato da Paola Caravati, che presenta la ricerca di giovani artisti europei il cui lavoro è inedito in Italia. Dopo Alice Channer sarà la volta di Adam Thompson (gennaio - febbraio 2010), Sinta Werner (marzo 2010), Emily Speed (maggio 2010).


Sono molto curiosa di sapere di più sul tuo progetto per Showreelproject.com a Milano: il modo in cui ti ci sei avvicinata e come si è sviluppato a livello pratico e concettuale.
Ciò che trovo molto interessante nel tuo lavoro è come reagisce ad un luogo. E siccome si tratterà di uno spazio particolare, che non è né una galleria né un vero esterno, significa che un altro pubblico verrà in contatto con il tuo lavoro e mi chiedo se questo abbia condizionato in qualche modo lo sviluppo del progetto.


Suppongo potrei dire che ogni posto in cui espongo un lavoro è un cornice, e per questo progetto in particolare è letteralmente un cornice: mi è stata data una finestra nella quale esporre il mio lavoro. Ho iniziato a considerare quanto poco profondo fosse lo spazio a mia disposizione e le sue limitazioni sono state ciò che realmente mi ha attratto. Sono molto interessata ai margini e ai limiti e ad usarli come materiali, è partendo dalle caratteristiche fisiche dello spazio che lavorerò. Per quanto riguarda il lavoro come risposta ad un luogo sto pensando molto a come il mio lavoro funzioni in termini fisici. Sembra che ora la gente stia usando di nuovo il termine “site-specific” nell'arte, ma io non descriverei il mio lavoro così. Il mio lavoro reagisce ad un luogo, ma non è una risposta; l'ho imparato dalla personale 'Worn-work', che ho avuto quest'estate nella galleria The Approach a Londra.
Tutte le opere che facevano parte di quella mostra saranno esposte in altri luoghi e saranno riconoscibili individualmente, solo le loro dimensioni varieranno. Nelle mie opere sospese in tessuto ad esempio l'altezza del soffitto cambierà sempre; le opere si allungheranno, si espanderanno e si contraranno. L'opera è elastica, e in questo senso è flessibile, reagisce all'ambiente e aumenta la mia consapevolezza di ciò che la circonda.

Stavo ascoltando un'intervista che hai fatto di recente in cui hai detto che il tuo è un tentativo di fare qualcosa per il presente e che tu consideri le tue opere come entità contingue.

Le opere dipendono dalla presenza – io ho bisogno di essere lì per collocarle, e voi dovete essere presenti nella stanza con esse, quindi hanno un rapporto molto particolare con il tempo. L'opera è un tentativo di rendere visibile lo scarto tra una cosa ed un'altra e quelo scarto in molti modi è lo spazio tra il soggetto e il oggetto. Dunque c'è un senso in cui le opere non sono contigue – si estendono per acquisire le dimensioni che gli sono date, ma rimangono riconoscibili in se stesse, come oggetti, sculture.
Quando pensavo alla mostra stavo leggendo Gravità e Grazia di Simone Weil. Lei scrive che “Ogni separazione è un legame.” Sta descrivendo due prigionieri in celle adiacenti separate da un muro che usano per comunicare. Ho pensato di usare questa frase come titolo per la mostra. Il muro rimane solido, rimane una divisione, ma è trasformato in materiale. Voglio che le mie opere facciano la stessa cosa con la finestra di Showreelproject.com.
Ciò che mi piace anche molto del progetto finora è che in tutta la documentazione si può vedere il riflesso della persona che scatta la foto nel vetro della finestra e sono curiosa di vedere come questo funzionerà in relazione al mio lavoro.

Sto pensando a questa idea di cui hai parlato prima dello 'spazio negativo', che permette di vedere cose che sembrano comuni o semplici in modi nuovi. Sottolineando il potenziale che possegono. Mi interessa sapere qualcosa di più del cambiamento dai margini quadrati, gli spigoli che erano molto presenti nella tua mostra a The Approach, alle nuove opere in cui sembra tu abbia preferito bordi più arrotondati.

La cosa eccitante del lavorare con le curve è il processo per realizzarle. Ci vuole più di una persona per fare una curva. Con i brodi squadrati è un processo molto lineare, razionale, tagli il metallo a una certa misura e poi lo saldi insieme. Per fare queste curve, prima devo fare un disegno, poi devo curvare il metallo e questo richiede due persone che lavorano insieme, è un processo più umano che coinvolge sentimento, movimento e giudizio.
Ciò che le nuove opere curve possono e quelle squadrate non possono fare è diventare un equivalente di me quando le guardo. Ho lavorato a coppie per queste opere, e le immagino come equivalenti degli occhi o dei polmoni. Il corpo è composto da queste organi doppi e mentre sto davanti all'opera, questi organi nel mio corpo si espandono e si contraggono, respirando. Le opere a coppie tentano di imitare questa dilatazione e contrazione che avviene nel corpo, e la mia opera per Showreelproject.com proverà a fare anche questo.
L'opera consiste di una coppia di forme ellittiche curve in allumino, una leggermente più piccola dell'altra, che saranno mostrate uno accanto l'altro dentro la finestra. Ognuna è ricoperta di una guaina di tessuto. Le immagino come un equivalente degli occhi o dei polmoni. E la conclusione logica è che, stando di fronte ad esse, io sarò sia dentro la finestra che fuori di essa. Quando guardo la vetrina e dentro di essa, sarò allo stesso tempo molto consapevole sia del limite che della sensazione di movimento che l'attraversa.

L'altro aspetto che vorrei sottolineare è la relazione fisica che il tuo lavoro crea. Il lavoro è totalmente tuo ma il processo che conduce alla sua realizzazione, dipende da competenze artigianali altrui. Mi ricordo che hai detto che ti rivolgi sempre alle stesse maestranze a Londra e questo ci riporta a quando discutevamo della collaborazione e dei rapporti umani che sembrano completare il lavoro.
Hai scelto un tessuto specifico per ricoprire la struttura ovale?


Non sono sicura se ho scelto o sono stata scelta. Sembra che i materiali lavorino per me quando trovo un modo per lasciare che mi guidino invece di guidarli io. Sto lavorando con questo colore arancio che è molto strano e piuttosto difficile da indossare, proprio un colore artificiale, e il tessuto è flessibile. E' scomodo come tessuto per vestiti ed è per questo motivo che credo funzioni così bene nelle sculture. Lo cucio in un tubo lungo e stretto che poi viene tirato intorno alla forma ellittica, aderente in alcuni punti, estremamente raggrinzito e concentrato in altri.
Tutto ciò che stiamo discutendo, il colore, il disegno, la forma, il corpo esiste in un modo molto concentrato: un tessuto compresso e aderente, molto stretto che esiste come potenziale. E tutte queste qualità sono il motivo per cui continuo a tornare a questo processo di piegatura nei lavori che faccio piegando e concentrando il tessuto.
Credo che ciò che l'arte offra è uno spazio di amplificazione, e questo è una delle cose mi anche ha attirata di Showreelproject.com – mi piace molto il fatto che la mostra esista solo per una settimana in uno spazio molto limitato, e poi il luogo torni ad essere un negozio.

Non mi interessa più di tanto definire il tuo lavoro come pittura o scultura ma ciò che offre per quanto mi riguarda e’ un compattezza concettuale. Essendo condensato, presentato come un'essenza, mi sembra il nodo di un'opera concettuale.

Il mio lavoro riguarda infatti il concettuale nel modo in cui è condensato, ma non credo che ciò che offre sia un'essenza. È più disobbediente. Continuo a ritornare all'incontro che ho avuto con una classica opera d'arte concettuale di Michael Asher: Vertical Column of Accelerated Air. Questo lavoro esiste ora negli scritti e nei diagrammi di Asher che descrivono l'opera in modo secco e scientifico. I suoi scritti delineano come l'opera consistesse in un dispositivo d'aria condizionata nascosto nel muro della galleria in modo che i visitatori potessero sentire la l'aria corrente sulla pelle mentre passavano. Leggendo questa descrizione nella biblioteca, la mia esperienza del lavoro è stato molto sensuale e immediata. È stata una reazione eccezionalmente inappropriata e intima all' Arte Concettuale.
Mi seduce il termine dematerializazione, ma lo trovo anche problematico. Voglio che il mio lavoro sia presente qui adesso, non voglio che sia da un'altra parte. Allo stesso tempo il tipo di materialità e presenza che voglio per il lavoro non è completamente letterale o diretta. Questo era l'ortodossia nella scuola di scultura dove ho studiato, ma la mia esperienza del mondo semplicemente non è questa.


Caterina Riva è critica e curatrice, co-dirige FormContent, un progetto curatoriale fondato nel 2007 nell'Est London. Ha curato numerose mostre, tra le ultime ricordiamo la collettiva: I giovani che vistiano le nostre rovine non vi vedono che uno stile, presso la GAM di Torino.