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AI MAGAZINE Anno 6 Numero 57 aprile-maggio 2012



Georg Baselitz

Gian Ruggero Manzoni

Omaggio a uno dei miei maestri



a photography and CONTEMPORARY cultures’ mag.


SOMMARIO N. 57

19 L’EDITORIALE/ Censura
di Christina C. Magnanelli Weitensfelder

ARTE E FOTOGRAFIA

20 LA STORIA DI COPERTINA/ Andare oltre al reportage
di Stefano Guizzardi
24 I SENSI DELL’ARTE/ A Londra: un artista del sol
levante
di Anna Balzani
26 ARCHIVI CONTEMPORANEI/ Un cavallo tutto storto
di Giacomo Belloni
27 Arte made in Taiwan
28 ARS ARTIS/ Omaggio a uno dei miei maestri
di Gian Ruggero Manzoni
30 CAMERA OSCURA/ Enjoy, the art, in silence
di Gaia Conti
32 SCATTO E CONTRASTO/ Contro, ai tempi della regina Vittoria
di Roberta Zanutto
33 Dorfles alle Esposizioni di Simona Capodimonti
34 ANDAR PER MOSTRE/ L’istinto di Minguzzi
di Michele de Luca
35 Pane al Mart
36 ARTEHERMETICA/ L’Apocalisse a Milano
di Giacomo Maria Prati
38 MERCATO DELL’ARTE/ Un anno d’oro per l’arte
di Alessandro Antonacci
39 L’investimento e la scommessa
40 ICONE/ Ai Weiwei a Milano, alla Lisson Gallery
41 ART REPORT/ Sulle spalle dei giganti
di Giacomo Croci
42 OBIETTIVI/ Le memorie di Romano
di Lucia Evangelisti
44 ANDAR PER MOSTRE .2/ Madame Fisscher
46 INCONTRI AD ARTE/ Mostrami, l’intervista ad Agliaro
di Costanza Guidi
47 ANDAR PER MOSTRE .3/ Testori e l’Europa
48 ANDAR PER MOSTRE .4/ Long Play, al MAGA
49 CONTEMPORANEAMENTE/ Joan Mirò!
di Valentina Majer
50 ANDAR PER MOSTRE .5/ Le vedute dai Lotze
51 ANDAR PER MOSTRE .6/ Aosta incontra Erwitt
52 PROFILO D’ARTISTA ARTIST’S PROFILE BRUNO BRUNI
62 GLI APPUNTAMENTI DA NON PERDERE
CULTURA
64 LO SAPEVATE CHE/
Ritorno alle origini
di Luca Magnanelli Weitensfelder
65 DESIGN/ Very British! di Adele Rossi
66 IL PUNTO DI VISTA/ Se fosse una questione di soldi
di Marco Bonfiglioli
67 DESIGN .2/ Rietveld e la rivoluzione dello spazio
di Alberto Toscano
68 ORIZZONTI ARCHITETTONICI/ Boligslangen Copenhagen
di Alessandro Antonioni
70 CONFERENZE/ Trieste 2012: missione futuro
71 LA CULTURA DEL FARE/ Bit-Bang, l’art-software
di Benedetta Alessi
72 FASHION DESIGN/ Louboutin, moda e design a Londra
73 MOTORI RUGGENTI/ Porsche 911-964 Carrera RS
di Christina C. Magnanelli Weitensfelder
74 SOTTO LA LENTE/ Fiocco rosa in casa Nikon
di Mattia Paolasini
75 EXTRAVACANZE/ Il cielo sopra Vienna
76 L’APERITIVO HI-TECH/ Guidare senza mani
di Francesco Cantarini
77 HAPPY TECH/ Tecnologia vintage
di Mattia Paolasini
78 GLOBETROTTER/ Vivere nel futuro?
Vivere in Australia
di Eugenio Guidotti
80 SOCIAL CULTURE/ Architettura e design per progettare il futuro
di Silvia Ladogana
81 FASHION DESIGN .2/ Ribelle e visionario
82 HAB. REPORT/ Fuori Salone dentro Milano
di Amanda Brambilla
84 DESIGN .3/ Less is more
di Tommaso Pedone
86 GODERSI LA VITA/ Moschino da favola
di Maria Stefania Gelsomini
88 INCONTRI/ Zegna punta sull’arte
di Elena Antonelli
90 E-20/ 1> 2> 3> 4> 5> 6> 7> 8 Kraftwerk
di Matteo Spada
92 COLPO DI TESTA/ Amore e morte a Vicenza
di Alessandra Zanchi
93 TECH. REPORT/ Designer floreale
94 PELLICOLE/ Cataclismi adolescenziali
di Laura Solieri
95 CINEFILOSOFANDO/ Il denaro non muore mai
di Marco Apolloni
96 NICE PHILOSOPHY/ Chi comanda nell’epoca della postdemocrazia
di Alessandro Di Caro
98 NOUVELLE COUSINE/ Aperitivo? Solo Futurista
di Anna Balzani
99 RICETTE D’AUTORE/ Qui non si beve passatista
100 EVENTI/ Akus la guerriera
di Chiara Vecchio Nepita
101 DESIGN .4/ Trilogia dei moderni
di Tobia Russo
ORIGAMI/ Bon ton via internet
di Isabella Dionisio
102 FORMA & INCHIOSTRO/ Blexbolex: concetti, colori e poesia
di Giulia Iacchetti
103 ARCHI. NEWS/ Provocazione in blu
104 LETTERE D’AUTORE/ La vita nuova ai tempi dell’iPod
di Salvatore Mortilla
105 RECENSIONE/ Topolino e il Duce
106 RECENSIONE/ Gotham e un pipistrello
RECENSIONE/ Wc Man
107 LIBRI IN PASSERELLA/ Donogoo, il regno
di Maria Stefania Gelsomini
108 DIGITALE/ Editoria digitale la parola agli esperti
di Nicola Capasso
109 RECENSIONE/ Un viaggio lungo mille anni
di Maria Vittoria Boldi
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Georg Baselitz
Dunklung Nachtung Amung Ding, 2009
legno e pittura a olio, 308 x 120 x 125 cm

Georg-Baselitz
Lazarus, 1984
olio su tela, 248.9 x 331.5 cm

Georg-Baselitz
Dix Besucht Goya, 2008
olio su tela, 300 x 250 cm

Negli anni ’80 del secolo scorso ebbi il privilegio di partecipare a due seminari di pittura a numero chiuso tenuti da Georg Baselitz (pseudonimo di Hans-Georg Rem) il primo a Monaco di Baviera e il secondo a Berlino.
I rapporti che ho sempre avuto con l’arte contemporanea tedesca affondano negli anni ’70, quando, io poco più che ventenne, partecipai ad alcune mostre in Germania, all’interno di case occupate, in magazzini del porto di Amburgo espropriati dalla furia anarchica, in vecchie fabbriche in disuso, assieme ai Neue Wilden, i Nuovi Selvaggi, agli Heftige Malerei, i Pittori Violenti, e a volte anche a fianco di quelli che sarebbero diventati tra i massimi esponenti dell’arte tedesca e mondiale della seconda metà del ’900… Kiefer, Richter, Penck, Middendorf, Immendorff, Fetting, Lupertz e, appunto, Baselitz.
Ogni opera di Georg Baselitz, che annovero tra i miei maestri, è una proposta ideale, un dono di Dio, una conditio sine qua non, una rivelazione, come egli ama dire. Infatti il senso del sacro lo vive e, all’interno della lunga tradizione del creare, nonché dell’espressionismo e del neoespressionismo nordico, Baselitz ha sempre cercato il confronto con la storia dell'arte e con lo spirituale insito in essa, per renderli alla contemporaneità, in un modo che può solo essere descritto come eroico, perché la sua pittura e la sua scultura sono, consapevolmente, sempre andati contro le moda, pur rimanendo nella modernità.
Sebbene, come ho detto, il suo lavoro sia oltremodo radicato nella cultura tedesca, Baselitz è riuscito a dialogare con l’arte di tutto il pianeta e anche se a volte è visto come una sorta di figura altamente “conservatrice”, per tecniche usate e teorizzazioni, la capacità provocatoria contenutistica che vive il suo fare si pone sempre all’avanguardia.

Ultimamente, come ha scritto l’amico Bruno Corà, dissoltosi nella sua opera ogni spessore corporeo, sono fantasmi quelli che affiorano da un tempo che fu “titanico”, così che le sue grandi tele risultano quali miraggi, quali visioni, pervasi da un sentimento di malinconica e drammatica inattualità.
Nato nel 1938 e cresciuto nella austerità della Germania Est comunista, secondo di quattro figli, egli abitava nei pressi della cittadina di Grossbaselitz, dove si recava a scuola e dalla quale prese il suo nome d’arte. Solo nel 1957, dopo un periodo di studio a Berlino Est, si iscrive alla Staatliche Hochschule für Bildende Künste di Berlino Ovest, prendendo la residenza in detta città nel 1958, poco prima della costruzione del muro.
I pittori che guardò, quando iniziò ad affrontare la tela, furono Louis Ferdinand von Rayski, Jackson Pollock e Philip Guston, mentre, in letteratura, venne colpito dalla teorizzazioni estreme di Antonin Artaud e da quel suo “Teatro della crudeltà” che tanto fu caro anche al nostro Carmelo Bene. Il culmine del periodo “artaudiano” si ebbe con la serie di opere Die Grosse Nacht im Eimer (La Grande Notte Down the Drain, del 1963) che raffigurava, in varie posture, un bambino intento a masturbarsi. I quadri vennero presentati nel contesto della sua prima mostra personale, momento inaugurale di una nuova galleria berlinese di proprietà di Michael Werner e Benjamin Katz, due mercanti e intellettuali di valore. L’evento provocò a tal punto indignazione e scandalo tra i visitatori che il ciclo Die Grosse Nacht im Eimer fu confiscato e Baselitz, Werner e Katz vennero denunciati per oscenità e quindi multati.

Ma quello che ha caratterizzato, negli anni, la ricerca di Baselitz è stato l’esporre certe sue opere capovolte. Se alcuni hanno visto quelle figure a testa in giù quale un pur semplice espediente per colpire provocatoriamente, altri, tra cui il sottoscritto, sostengono, invece, che tale shock estetico derivi da un’elaborazione di ordine filosofico e percettivo frutto di un’estrema originalità. Ad esempio in Fingermalerei - Adler (Finger Painting - Aquila) dei primissimi anni ’70, l’uccello, nella sua inversione, a fronte di un cielo pittorico blu, è carico di ambiguità e va a simboleggiare la caduta dell’orgoglio tedesco a seguito della sconfitta subita nella Seconda Guerra Mondiale.
Molto ci sarebbe da “narrare” sul “narratore” Baselitz, oggi presente con le sue tele e le sue sculture nei massimi musei del mondo, comunque mi limiterò a dire che tutta la sua carriera, a parte le componenti distruttive anarchiche che l’hanno contraddistinta, possiede in sé un altissimo valore terapeutico, perché, il maestro, è sempre andato ad affrontare, senza alcun tabù (e questo al pari di Kiefer), quei temi oltremodo scottanti che riguardano il nostro recente passato europeo.
Dagli anni ’80 la sua arte è diventata indubbiamente più trasparente, quel tanto elegiaca, però senza perdere il senso della storia e della grandezza che l’hanno contraddistinta.

Da quando, guardando indietro nel tempo, ho conosciuto Baselitz e la sua arte, sempre ho pensato che si potesse creare un ponte elettivo tra lui e Picasso; un parallelo che infine risulta sorprendente. Nei loro primi anni creativi, entrambi gli artisti hanno dipinto opere che provenivano da una loro necessità interiore, la cui intensità ha spesso creato inquietudine agli stessi, così come il guardare l’opera altrui, e il mutuarla, l’assimilarla, per scopi propri, è rientrato nel loro essere in arte. Quindi il super lavoro e il non avere assistenti, cioè l’affrontare l’opera, il crearla, sempre e comunque con le proprie mani. Poi, elaborato il ciò che fu e il ciò che era a loro temporalmente vicino, giungere al graffio personale, a uno stile proprio, a un “cavalcare” l’opera per darle altra forma e altri contenuti, non più soggetti ad alcuna influenza, affondando, così, e sempre più, in uno stile loro, unico, riconoscibilissimo, potente, esclusivo, sempre in evoluzione.