AI MAGAZINE Anno 6 Numero 56 febbraio-marzo 2012
Quando tutto il mondo parla degli Stein
All’improvviso in tutto il mondo si fa un gran parlare di Gertrude Stein. Dall’America alla Francia all’Italia, l’arte, il cinema e la letteratura celebrano la scrittrice americana e i suoi fratelli, Leo e Michael, entrambi mecenati e collezionisti. La riscoperta passa attraverso tre grossi avvenimenti che la casualità, o forse no, ha reso contemporanei: una grande mostra, un film, l’uscita di alcuni suoi libri. Finalmente, verrebbe da dire. Finalmente una delle figure più eccentriche e più influenti della scena artistica e letteraria del Novecento (figuriamoci, Gertrude si vantava di averlo inventato lei il Novecento!) squarcia la penombra dell’ingiusto quanto inspiegabile semi-anonimato che l’ha avvolta sino ad ora per riconquistare una popolarità planetaria legittima, degna del ruolo che per oltre quarant’anni le è stato riconosciuto da tutti gli artisti di cui fu amica, confidente e sostenitrice pur continuando a rimanere a lungo una scrittrice inedita: non poteva essere facile trovare editori di un certo livello disposti a pubblicare quei suoi manoscritti così dirompenti e scandalosi!
Eppure nella Parigi d’inizio secolo era proprio il suo appartamento, quello al 27 di rue de Fleurus, il centro dell’arte e del dibattito intellettuale. Perché da quando Gertrude aveva lasciato l’America e raggiunto il fratello Leo a Parigi nel 1903, il salotto degli Stein divenne ritrovo e rifugio dei più grandi artisti e scrittori, francesi e americani di passaggio soprattutto. Perché davanti allo sguardo severo di una Gertrude coltissima e carismatica, consigliera, e critica a volte anche feroce, prendevano forma quotidianamente le tele di Pablo Picasso e le pagine di Ernest Hemingway. Ai famosi “sabati dagli Stein” (non va dimenticato l’altro salotto, quello di Michael e di sua moglie Sarah al 58 di rue Madame) si davano appuntamento tra gli altri Henri Matisse, Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot, Francis Scott Fitzgerald con sua moglie Zelda, Man Ray, Apollinaire, Picabia, Duchamp, Gris. Erano gli anni ruggenti delle avanguardie, trascorsi a scoprire pittori geniali e accumulare capolavori: Leo e Gertrude furono i primi in assoluto ad acquistare le opere di Picasso, Matisse, Bracque e Derain e a mettere insieme una delle primissime collezioni d’arte cubista.
Si comprende allora perché Woody Allen, intorno all’appartamento di rue de Fleurus, abbia imperniato la vicenda del suo ultimo film Midnight in Paris. Uscita nelle sale italiane nel dicembre scorso, la pellicola aveva inaugurato a maggio il 64° Festival del Cinema di Cannes. E il 21 maggio, esattamente un giorno prima della chiusura del festival, si apriva al Museum of Modern Art di San Francisco una sontuosa mostra intitolata Matisse, Cézanne, Picasso… The Stein Family che riuniva insieme per la prima volta gran parte delle inestimabili opere d’arte collezionate dai membri della famiglia Stein, persone eccezionali che grazie a una sensibilità sopraffina e a una visione lungimirante arrivarono a stabilire un nuovo gusto dell’arte moderna e a indirizzarne persino il percorso futuro. Dalla California, proprio come fece a suo tempo Gertrude, l’esibizione itinerante è volata in Europa al Gran Palais, Galeries nationales di Parigi col titolo di Matisse, Cézanne, Picasso…L’aventure des Stein (5 ottobre 2011-16 gennaio 2012) per poi fare ritorno oltreoceano: dal 16 febbraio è esposta al Metropolitan Musem of Art di New York, dove sarà visitabile fino al 3 giugno prossimo.
Le otto sezioni in cui è divisa (“I quattro grandi”, ovvero Manet, Renoir, Degas e Cezanne, i pilastri dell’arte moderna; la “Rivelazione Fauve”; “Matisse”; “Gertrude Stein e Picasso”; “1920-1930: Post-Cubismo e i Neo-Romantici” e così via), trasportano il visitatore nell’universo fuori dall’ordinario degli Stein, così come fa Woody Allen col protagonista del film Gil, giovane aspirante romanziere americano pieno di frustrazioni che vive scrivendo sceneggiature a Hollywood. Durante una vacanza a Parigi, complice l’atmosfera incantata della Ville Lumiere, allo scoccare di ogni mezzanotte Gil si ritrova catapultato nel suo sogno e tra i suoi idoli, negli anni Venti e nella frizzante girandola di personaggi che li popolano, incontrando uno dopo l’altro i più fenomenali artisti e intellettuali dell’epoca, da Scott e Zelda Fitzgerald a Hemingway, da Salvador Dalì a Man Ray a Bunuel, al suo autore preferito T. S. Eliot. Con loro Gil discute, impara, frequenta feste e club, beve, balla, ride e vive. Sono loro che lo portano a far salotto da Gertude Stein, perché è lì che tutti vanno (“questa casa è sempre aperta” gli ricorda una volta la scrittrice) ed è lì che si ritrova a chiacchierare con Pablo Picasso. E allo spettatore più attento non sarà sfuggito il famoso ritratto che Picasso fece alla Stein nel 1906, simbolo della profonda amicizia che li legò e una delle attrazioni principali della mostra tuttora in corso a New York, appeso in bella evidenza alle spalle di Gertrude in una scena del film.
Gli sottopone la bozza del suo primo romanzo al giudizio inflessibile della scrittrice, tornando in quella casa notte dopo notte per ascoltarne i preziosi suggerimenti, fino a quando troverà il coraggio di pubblicarlo (e di vivere la vita che gli piace). “Il compito dell’artista non è soccombere alla disperazione ma trovare un antidoto alla futilità dell’esistenza”, le parole di Gertrude a Gil racchiudono il senso di questo film e anche della grande mostra franco-americana.
L’interesse per la Stein in questi ultimissimi anni è cresciuto anche in Italia, specialmente intorno alla sua produzione letteraria. La casa editrice Liberilibri in particolare, che ha iniziato a pubblicare la scrittrice americana nel lontano 1989 con la raccolta di poesie in prosa Teneri Bottoni, poi ristampata in seconda edizione nel 2006, è quella vanta al momento il maggior numero di titoli steiniani in catalogo, avendo dato alle stampe nel breve volgere di pochi mesi dal 2010 a oggi uno dietro l’altro tre volumi: Geografia e Drammi, Opere ultime e Drammi e Sollevante Pancia.