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Flash Art Italia (1999 - 2001) Anno 33 Numero 219 dicembre 1999 - gennaio 2000



Toscana

Chiara Leoni

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Marlene Dumas,1998

Luca Pancrazzi, Space Available, 1990/1999 veduta interna dell'installazione alla Fondazione Olivetti di Roma

Luca Pancrazzi, video nella mostra Modi e Luoghi 1998 Milano

Nel caso capiti di trovarsi sul pigro treno regionale che transita da Lucca a Firenze, a un certo punto si è circondati da una moltitudine di enormi seni verdi, fitti di lecci e pini, le ultime pendici coperte di filari. Questa limpida campagna, attraverso le trasfigurazioni di Lorenzo Bonechi, è protagonista della pittura toscana degli anni Ottanta.
Il nuovo corso, agli inizi degli anni Novanta, è segnato invece dalle ricerche di Gianluca Sgherri e Luca Pancrazzi, che definiscono altre e meno sacrali trasfigurazioni. Sgherri opera
tramite una tecnica pittorica e un'imagerie tradizionale, guardando al quotidiano delle
piccole cose, ma trasportandole in spazi irraggiungibili, siderali: stoviglie circonfuse di luce
che emergono da fondali impenetrabili o prati notturni coperti da enormi fiori fosforescenti. Pancrazzi, attraverso l'uso di materiale mediale, dà vita a una pittura cool ed evocativa, un'elegante melanconia suburbana. Gli esordi figurativi colgono interni asettici, e gradualmente
Pancrazzi arriva ai limiti dei famosi non-luoghi, scheletri architettonici iniettati dai colori acidi dei fluidi industriali. Intorno alla metà degli anni Novanta i due artisti, attivi soprattutto ad Arezzo, con la Galleria Margiacchi, abbandonano la Toscana per Milano.
Una nuova scena si va delineando, a partire dal '94, intorno alla Galleria di Sergio Tossi di Prato che catalizza una schiera di giovani pittori da diverse parti d'Italia (Alessandro Bazan, Daniela Papadia, Andrea Di Marco, Fulvio Di Piazza, Francesco De Grandi, Andrea Chiesi); alcuni espongono regolarmente, pur continuando a vivere fuori della Toscana. Non è il caso di Max Rohr che, da Bolzano, si trasferisce stabilmente a Firenze. Nelle sue tele, la realtà segue un copione
filmico dove i personaggi, attraverso le loro fantasie visive, divengono autori inconsapevoli di una mitizzazione istantanea di vissuti banali e quotidiani. Gli scenari sono i cavalcavia autostradali colti in visioni notturne e silenziose, gli sfondi punteggiati dalle luci metropolitane.
A Firenze, alcuni giovani pittori, spesso parallelamente a esperienze di grafica, mettono a punto una figurazione dinamica, che indaga gli oggetti tramite close up e visioni oblique, di ascendenza cinematografica o fumettistica. Luca Matti ne è il caposcuola, con acrilici di un mondo in bianco e nero, scorci della metropoli e di ambienti svuotati e silenziosi, oppure immagini umane contorte e luminescenti. L'uomo è perennemente rapportato alla vita urbana e alla standardizzazione quasi robotica degli atteggiamenti: all'apice delle teste spuntano le forme squadrate di grattacieli in miniatura. La città di Matti non abbandona mai i suoi animali, ma arriva a ibridarsi con loro, mentre li aliena o li culla. Pierangelo Orecchioni condivide con
Matti l'interesse verso l'oggetto umanizzato, ma i suoi interni sono estremamente colorati; le
pareti incurvate in visioni grandangolari e avvolgenti fanno da sfondo a protagonisti non umani.
L'indagine degli ambienti domestici, visti anche come archetipi rassicuranti, accomuna molti giovani pittori toscani. Autore di piccoli, levigati oli, Giuseppe Restano guarda al grandangolo i set sportivi, dal ring al campo da basket, oppure si diverte a trasformare animali d'allevamento in stilizzati prodotti di consumo, con tanto di logo aziendale e marchio di registrazione. Se Restano confeziona la natura, Marco Panerai purifica l'industriale in visioni
surreali e ieratiche dove evidenzia, ironicamente, la presunta perfezione del prodotto industriale, epurato da ogni scoria nel passaggio al setaccio della macchina, e quindi sublimato in una radiosa forma superiore. Le donne che popolano le tele di Giacomo Piussi sono presentate in ambienti domestici dove appaiono ammansite, ma sottilmente nevrotizzate. Mentre Piussi lavora con un tratto sottile e controllato, lo stile cartoonistico di Alessandra Orlandoni si caratterizza per il segno spezzato e i colori stridenti.
Un'altra ricerca che sembra faticosamente delinearsi è quella iperrealista. Filippo Sciascia è autore di una cronopittura fotografica che raccoglie meccanicamente visioni fuggevoli, i contorni
dissolti nelle linee di fuga. Le immagini si compongono dalla selezione di momenti
estrapolati da un flusso ininterrotto, reale o virtuale, senza soluzione di continuità. La rappresentazione è spersonalizzata, nell'impossibilità di discernere fra vissuto e visto. Gianluigi Fiori lavora sugli interni casalinghi, scattando centinaia di fotografie,
selezionando e aggregando immagini: visioni ravvicinate di accessori che compongono la casa come macchina da vivere, dal lavabo colmo di tazzine da caffè alla tazza del gabinetto, dalle cerniere
rugginose al primo piano enorme e vagamente minaccioso della lavatrice dall'oblò spalancato. Ilaria Margutti trova i suoi referenti all'estero, in un iperrealismo esasperato, esistenziale, alla Lucian Freud. Gli individui di Margutti vivono una fisicità livida, a fior di pelle, dai
dettagli anatomici intensificati.
Infine alcuni giovanissimi si pongono a confronto con figure internazionali, ma anche con il passato, tentando sintesi e rivitalizzazioni che si traducono, felicemente, in ricerche originali. Marisa Favretto, americana, da pochi anni a Firenze, incorpora le superfici stratificate e vibranti di Susan Rothenberg e guarda al ritrattismo intimista e psicologico di Marlene Dumas. La sua pittura, dai risvolti onirici, si prefigge in modo programmatico di
alienare la quotidianità: grandi tele ritraggono letti coperti di occhi e tavoli con le zampe. Daniele Bacci lavora ossessivamente sull'immagine archetipica della casa. La sua scelta, minimale e antisentimentale, gioca sulla percezione dell'edificio come monolite nello spazio astratto o nel paesaggio astratto, definito semplicemente dalla linea dell'orizzonte. Francesco Ozzola recupera una visione espressionista, delineando con lunghe pennellate cieli liquefatti.

Chiara Leoni è critica d'arte. Vive e lavora a Viareggio.