L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Equipèco Anno 7 Numero 23 primavera 2010



I mondi plastici di Joe Davidson

Cynthia Penna Simonelli



Trimestrale di arte e cultura


Sommario

In copertina | Cover stories
Tim Burton. (American, b. 1958)
Untitled (Blue Girl with Skull). 1992–1999
Polaroid, 33×22" (83.8×55.9 cm)
Private Collection
© 2009 Tim Burton
Courtesy The Museum of Modern Art - New York
-------------------------------------------------------

ARTE_Approfondimenti | ART_Deepenings
4_Tim Burton - Un visionario conquista New York
Tim Burton - A visionary fascinates New York
Severino Briccarello
14_Gianni Dessì, Tutto in un fiato
Gianni Dessì, All in one go
Lóránd Hegyi
20_Con i piedi per terra
Gianni Dessì dialoga con Valerio Magrelli
With both Feet on the Ground
Gianni Dessì talks to Valerio Magrelli

36_Breve riflessione sulla professione
del curatore indipendente
A short reflection about the profession
of an independent curator
Federica Mariani
50_Giallo di Cadmio
Cadmium Yellow
Enrico Smith
54_Il colore è l’anima del mondo
Colour is the soul house
Bruno Ceccobelli

ARTE_Focus | ART_Focus
42_Yayoi Kusama - I want to live forever
Arianna Carcano
48_Muliere, Opera di Scultura
Muliere, Piece of Sculpture
Rd
80_Andrea Carini e la lezione di Cézanne
Andrea Carini and the lesson of Cézanne
81_Federico Mazza, Quiete nel transito
Federico Mazza, Quiet in transit
Luca Arnaudo
82_Rinat Shingareev
Ritratti_Portraits
Rd
84_I mondi plastici di Joe Davidson
The plastic worlds of Joe Davidson
Cynthia Penna Simonelli
85_Il pensiero tradotto in emozione:
immagini di Andrea Martinucci
Thoughts that become emotion:
images by Andrea Martinucci
Antonella Arnaboldi

ARCHITETTURA | ARCHITECTURE
76_Claudia Bonollo
Luigi Prestinenza Puglisi - Anna Baldini

DESIGN
56_Carré Plantagenêt – Musée d'Archéologie du Mans
Cinzia Ferrara

PROGETTI | PROJECTS
24_/littleconstellation/
Rd
66_ROMA, La Città Eterna ama nascondersi
ROME, The Eternal City loves to hide
Giancarlo Micheli - Dionisio Mariano Magni

INTERVISTA | INTERVIEW
38_Cesare Pietroiusti
Fabrizia Palomba

SOUND DESIGN
62_Discussione sul Contre di Mauro Bortolotti
Debate on Contre by Mauro Bortolotti
Piero Mottola

Jazztime
86_Django Reinhardt cento anni dopo
Django Reinhardt One hundred years later
Walter Mauro

FOTOGRAFIA | PHOTOGRAPHY
87_Istanbul
Timoteo Salomone

RACCONTO | TALE
88_20° capitolo
Chapter 20°
Pirofilo

ARGOMENTI | TOPIC
91_La Croce e la Rosa
The Cross and the Rose
Francesco Maurizio Pullara
92_La Chiusa.
Soggetto cinematografico - Parte seconda
The dam.
A cinematographic subject - Second part
Valter Curini
94_21 Dicembre 2012
Allacciare le cinture di sicurezza e smettere di fumare
21 December 2012
Fasten your seat belt and give up smoking
Marco Miglio
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

L’Archivio delle carte di Enrico Prampolini
Anna Maria Di Stefano
n. 37 autunno 2013

Yue Minjun
Michela Santini
n. 36 estate 2013

Alberto Di Fabio
Raffaele Quattrone
n. 35 primavera 2013

Le fonti della pittura aborigena
Judith Ryan e Philip Batty
n. 34 inverno 2012

Bill Viola
Luca Maffeo
n. 33 autunno 2012

Jan Fabre
Michela Santini
n. 32 estate 2012


Joe Davidson
City landscape

Joe Davidson
City landscape
In copertina | Cover stories
Tim Burton. (American, b. 1958)
Untitled (Blue Girl with Skull). 1992–1999
Polaroid, 33×22" (83.8×55.9 cm)
Private Collection
© 2009 Tim Burton
Courtesy The Museum of Modern Art - New York

Città di plastica, paesaggi di plastica e tra non molto un essere pseudo-umano fatto di plastica: questo il tema della mostra di Davidson. Una denuncia, ma anche una constatazione di irrimediabilità del fatto: la nostra vita è fatta di plastica. Quello che vediamo intorno a noi è il prodotto della nostra evoluzione? E la nostra evoluzione ci porterà irrimediabilmente verso un mondo dove l’origine sarà annientata e totalmente sostituita dalla plastica e dai suoi derivati? Questo il dilemma che Davidson si pone e ci pone.
Con chi e con che cosa il nostro futuro dovrà fare i conti? Con cosa si cimenteranno le generazioni future? Avremo ancora sapori, odori, forme e colori così come oggi li conosciamo, o piuttosto tutto ciò sarà sostituito da nuove generazioni di sapori, odori, forme e colori? Il mondo si trasforma e noi siamo il prodotto di questa trasformazione. Ci trasformiamo in quel che mangiamo, generiamo quel che assorbiamo.

Joe Davidson riproduce mondi che solo all’apparenza sembrano inesistenti: intere città e paesaggi resi esclusivamente con l’uso di materiali plastici: città e paesaggi fatti di scotch tape o di bottiglie di plastica vuote contenenti in precedenza prodotti di uso quotidiano e di largo consumo. Tecnicamente l’uso della plastica è stato scelto per la sua duttilità e la sua indistruttibilità. Da un lato la possibilità di forgiarla a piacimento, dall’altro un tentativo inconscio di rendere immortale l’opera. La plastica si può degradare ma non si distrugge: un modo per superare il concetto di morte? Forme vuote fatte di materiale plastico: è questo il destino dell’essere umano? Indistruttibile per l’eternità, ma vuoto nei contenuti? Apparentemente il mondo sembra evolversi in tal senso: il mito dell’eterna giovinezza, corpi magnifici, scolpiti nei dettagli attraverso l’inserimento di protesi di silicone; l’esteriorità perfetta senza interiorità; l’apparire e non l’essere; la chirurgia estetica diventata necessità di sopravvivenza (!) perché inserisce nel corpo quella giusta quantità di indistruttibilità plastica per poter sempre più nascondere la vacuità dietro un’apparenza di perfezione meramente estetica. La mancanza di sentire e di essere nascosta dietro l’apparenza di bellezza: la bellezza di superficie che finisce con l’essere l’unica bellezza esistente, accessibile a tutti e senza sforzi; la bellezza finta e non la bellezza interiore. Questi i temi che sono alla base della ricerca di Davidson e di tutta la sua espressione artistica; non a caso l’artista vive e lavora a Los Angeles, luogo nel quale maggiormente si avverte questa evoluzione/involuzione (?) della società contemporanea.

MOUNTAIN landscapes: Paesaggi bucolici, intere catene montuose tutte forgiate con sapiente manipolazione di molteplici stesure di Scotch tape: paesaggi apparentemente naturali di montagna, dove sembra di immergersi nella purezza di un’aria rarefatta e poi si scopre che anch’essi sono fatti di... scotch, null’altro che un derivato da idrocarburi.

CITY landscapes: Intere metropoli di plastica, sovraffollate e sommerse dalla plastica: città fatte di idrocarburi. La città massificata e senza identità; le moderne città sono tutte uguali: un reticolo di strade senza nome, tanto il nome neanche serve! Edifici tutti uguali: altezze diverse, forme diverse, ma identità, spirito, anima... assenti. Tutta la nostra vita contemporanea è un immenso ammasso di plastica.

«Il mio lavoro consiste in sculture e grandi installazioni fatte di oggetti di consumo quotidiano manipolati. Gli oggetti sono multipli di materiali poveri come lo scotch tape, pasta di carta e gesso. Tento di giungere ad un livello di produzione di massa negli oggetti, sebbene ognuno sia fatto a mano. La maggior parte del lavoro è monocromatico, guidato per lo più dalla qualità intrinseca e dalla simbologia del materiale usato. Ho lavorato come in una catena di montaggio, tirando fuori la stessa immagine in gran quantità e cercando eventuali significati».
(Joe Davidson).