Equipèco Anno 8 Numero 29 autunno 2011
Catalogo ragionato a cura di Italo Tomassoni
Per gli archivi dell’arte moderna di Skira è stato pubblicato il Catalogo ragionato delle opere di Gino de Dominicis (1947-1998), a cura di Italo Tomassoni, che nel 1999 ha curato, con Harald Szeemann, la prima retrospettiva sull’artista alla 48ª Biennale di Venezia.
De Dominicis, una delle figure più emblematiche, controverse e misteriose del panorama artistico del secondo dopoguerra. Artista complesso e inafferrabile, non inquadrabile nelle correnti e nei movimenti del XX secolo, è considerato una figura chiave per l’arte italiana contemporanea e punto di riferimento per le giovani generazioni successive.
La sua vita è stata sempre circondata da un alone di mistero.
Questo volume non risolve il mistero, ma getta luce sulle sue opere e mette ordine nella sua creazione: documenta e commenta 632 opere, ciascuna corredata da un’ampia scheda che fornisce, oltre alle abituali voci tecniche, espositive e bibliografiche, le notizie relative al contesto e alle circostanze che ne hanno visto la nascita e la realizzazione.
Oltre al saggio del curatore che rievoca la leggenda del Maestro, il libro comprende anche una sezione dedicata ai suoi scritti e la riproduzione di documenti rari e inediti. La totale mancanza di pubblicazioni su De Dominicis fa di questo Catalogo Ragionato uno strumento di studio indispensabile alla conoscenza dell’opera e dell’artista.
Italo Tomassoni, nella premessa, scrive: «Gino de Dominicis non ha mai permesso la pubblicazione di monografie e cataloghi delle sue mostre; non ha consentito che le sue opere venissero fotografate o riprodotte; ha cercato di distruggere, prima di scomparire, ogni sua traccia documentale e scelto di rivelarsi al mondo secondo modi e opere che hanno disorientato i criteri della storia dell’arte. Per questo, Gino De Dominicis è percepito come artista “misterioso”, “autodistruttivo”, ma anche votato all’”immortalità”.
Le contraddizioni ravvisabili tra l’immagine dell’artista come segno di sé svincolato dalla concretezza delle opere, la volontà di distruggere le tracce della propria vita e il salvataggio in extremis di alcuni capolavori sono state percepite e oggi descritte in questo catalogo dall’autore, che ha coltivato un rapporto umano, di studio e di lunga condivisione con l’artista.
Nel suo testamento spirituale, ricavato dalla assidua frequentazione con l’artista negli ultimi anni della sua vita e dai documenti, è percepibile una volontà di tramandarsi che, collegata a un’esigenza culturale sedimentata da oltre tredici anni di silenzio, ha legittimato il superamento di strategie e interdizioni che soltanto l’artista avrebbe potuto perseguire. [...]»
Personalmente, ho un bel ricordo di Gino de Dominicis: 10 febbraio 1993, inaugurazione della mostra Paolo Uccello, Battaglie nell’arte del XX secolo nei luoghi romani di Santa Maria del Popolo, a cura di Achille Bonito Oliva, Sale del Bramante di Piazza del Popolo, Roma. Accadde che, nel primo pomeriggio - quando era quasi tutto pronto - arriva Achille e disse ai miei amici responsabili dell’allestimento: «De Dominicis, non vuole dare l’opera, (riprodotta nella pagina seguente: Senza titolo (Figura nera con lancia) (II Guerriero o apparizione), perché teme che nel trambusto dell’inaugurazione, qualche malintenzionato potrebbe farla sparire. Non è per il valore in sé, ma tiene molto a quest’opera».
Provai a risolvere il problema: mi recai da un corniciaio e feci realizzare una cornice simile a quella dell’opera che fissammo con viti alla parete.
La sera, Gino volle conoscermi e ringraziarmi per la soluzione trovata!
Risposi: «A volte, un piccolo mezzo -com’è anche l’uomo- è necessario per un fine che ci è sconosciuto!». è stato l’unico incontro con Lui.
Ma oggi Egli riappare, tramite questo volume dedicato al suo lavoro, e leggendo i suoi scritti, sono certo che potrò conoscerlo e forse, tentare un Collegamentoatemporale con lui.
Egli ha dichiarato: «Premetto che anziché “storia della bellezza” la chiamerei “storia delle persone vive e vicine che hanno la possibilità di giudicare le persone morte e lontane”. Normalmente una persona è considerata bella solo se guarda molto attentamente la persona che la deve giudicare. Una persona fisicamente immortale può fare a meno di guardare attentamente. La bellezza è utile solo a chi corre perché fa sembrare il viaggio più lungo.» [...](1)
«Comunque le opere d’arte per esistere e per avere un buon rapporto con il mondo non avrebbero neanche bisogno di essere viste, e non essendo partecipi della dimensione temporale sono tutte contemporanee.»(2)
«Non è mai esistito e non esiste un mondo dell’arte, ma solo opere d’arte nel mondo. L’arte riguarda il genio, e il suo spazio è quello della verticalità: non si sposta orizzontalmente da destra a sinistra, o viceversa, ma si muove, immobile, dall’alto verso l’alto. Come giustamente pensava anche mia zia. [...]»(3)
«Raggiungendo l’immortalià, l’uomo forse per la prima volta dalla sua comparsa sulla terra potrebbe veramente e indiscutibilmente differenziarsi dalle altre specie viventi; fermandosi nel tempo a un’età da lui scelta e interrompendo l’invecchiamento romperebbe l’incantesimo della dimensione più misteriosa che regola l’universo e questo sarebbe il primo vero passo verso la possibilità di una maggiore comprensione della vita. Spero un giorno di prendere un bicchiere, riempirlo di vino e bere e portare a passeggio una gallina ed essere veramente io a farlo. [...]»(4)
«... io penso che le cose non esistano. Un bicchiere, un uomo, una gallina, ad esempio, non sono veramente un bicchiere, un uomo, una gallina, ma solo la verifica della possibilità di esistenza di un bicchiere, un uomo, una gallina. Per esistere veramente le cose dovrebbero essere eterne, immortali, solo così non sarebbero solo delle verifiche di certe possibilità, ma veramente cose. Infatti, modificandosi continuamente sono usate dalla “natura”, che verifica attraverso le loro trasformazioni tutte le possibilità di cui dispone. Così, ad esempio, una gallina nel momento in cui adempie al suo “dovere naturale” di fare un uovo, cessa di essere una gallina, per diventare solo il mezzo attraverso cui la “natura” verifica la possibilità di esistenza dell’uovo, e quindi del mondo dei pennuti. Anche per il problema dello spazio è valida la stessa legge (sia per il macrocosmo che per il microcosmo). Nell’universo che si espande, o comunque che si muove, i pianeti e le stelle spostandosi occupano e “verificano” l’esistenza di nuovi spazi dimensionalmente a loro congeniali (in caso contrario si modificherebbero o si disintegrerebbero). L’uomo spinto anche lui dalla stessa “causa naturale” balza dalla terra e invade nuovi spazi. Una delle proprietà per cui un oggetto è tale è il fatto che con la sua presenza in un dato luogo impedisce ad altri oggetti di mettersi al suo posto. [...]»(5)
Note:
1- de Dominicis, Dichiarazioni di poetica e interviste, p. 147
2-3-4-5 de Dominicis, Dichiarazioni di poetica e interviste, pp. 154, 157, 159, 236