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DROME magazine Anno 1 Numero 3 marzo-maggio 2005



Fede

Francesco Paravati

Wang Qingsong



arti/culture/visioni
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Copertina

Wang Qingsong, Preincarnation (particolare), 2002, fotografia, courtesy dell'artista

Wang Qingsong, Catcher, 1999, fotografia, courtesy dell'artista

Fede? fede ne ha da vendere Wang Qingsong, fotografo cinese, che con la sua iconografia fotografica sposa sacro e profano, consumismo e saggezza spirituale. A oriente della grande muraglia i nostri abusati status symbol sbarcati da appena dieci anni acquistano nuovo vigore e conquistano nuove giovani forze sottraendole alla purezza ancestrale della tradizione cinese. Le karaoke girls diventano dee, veneri o addirittura apostoli nell'immaginario feticcio e plastico di wang. I monaci buddisti testimonial di Mc Donald's e Coca Cola nel pieno della propria meditazione Zen. Gli eroi della rivoluzione maoista sono tramutati da un fotografo goldfinger in un complesso monumentale di oro zecchino. Il risultato è a dir poco mistico, sensuale, illuminante e straordinariamente rivoluzionario per chi con occhi occidentali non si aspettava tanta avanguardia da un popolo che sembrava dormire sotto le ceneri della rivoluzione rossa. Invece l'arte cinese è già trainata a ritmo di fanfara dagli scatti bersaglieri e profetici di Wang Qingsong, l'invasione gialla che dall'economia alle biennali d'arte sta riempiendo di sé tutto lo stantio mondo occidentale ha ancora tanto da dire e soprattutto ha un'immensa tradizione millenaria a cui attingere a piene mani. Il manierismo dei dipinti dell'età imperiale, sdoganato dalla polvere dell'anticonformismo fatto di tuniche, sale da tè e paraventi, e reinventato nelle scenografie dei ritratti fotografici di Wang Qingsong, appare in tutta la sua imperturbabile sobrietà classica, colorato dalle tonalità fosforescenti della Cina che avanza e che richiama le luci al neon che si stendono a perdita d'occhio sui grattacieli di Shangai. Un cielo topazio troppo blu per essere vero saluta al ritmo del lento spargersi dei fiori di loto una venere botticelliana che di forme classiche e abbondanti ne ha poche, ha piuttosto seni aguzzi ed esili, sublimi forme di una modella orientale a cui la conchiglia di plastica che le ha fatto da culla intralcia il passo verso il futuro. Ma gli eroi di Wang Qingsong sono testimoni di fede nella propria irresistibile identità etnica, capaci di giocare coi simboli del conformismo tatuandoseli addirittura sul petto senza farsene inquinare. I soldati in mimetica di un'altra battaglia si lanciano alla conquista dell'hamburger hill sponsorizzata Mc Donald's, quasi a voler conquistare non una postazione ma un simbolo di altre civiltà. I disperati samurai armati di motosega smembrano le androgine divinità della preincarnazione, il leader politico circondato da riconoscibilissimi marchi giornalistici e da fotografi estasiati staglia il proprio sguardo contro un futuro teso alla ricomposizione della civilizzazione. I nuovi buddha dalle tante braccia anziché frutti divini e simboli di saggezza stringono tra le mani lattine di Coca Cola e bottiglie di birra. Le diavolette del karaoke mangiano banane in un'improbabile ultima cena vegetariana in cui c'è molto poco di Leonardo e tanta voglia di rottura con i classici stereotipi della Storia dell'Arte a cui Wang Qingsong non si rivolta, ma presta omaggio con tutta la cieca fede di cui solo un incorreggibile ateo è capace.

INTERVISTA A WANG QINGSONG

DROME: Il trittico della "Preincarnazione", con gli dei mutilati, ha una forte valenza simbolica?
Wang Qingsong: Nel ciclo della reincarnazione, ognuno crede che la sua vita precedente sia molto meglio di quella attuale, dato che nessuno può rivelarci quanto magnifica essa sia stata.
Come sostengono alcune religioni, uomini e dei sono nati puri e innocenti. Quando atterrano nella vita reale, sono corrotti o da forze esterne o da desideri e spinte interne. Per questo ho raffigurato in Preincarnation dio e le divinità con i lombi mutilati. Le lacerazioni sui corpi degli dei sono state inflitte dagli uomini che usurpano il potere con la violenza di asce e seghe e hanno origine dal nostro desiderio di controllo. Nei pannelli di destra e di sinistra (laterali) di questo trittico, è rappresentata una minuscola persona dei giorni nostri che taglia le carni degli dei. Al centro, braccia e gambe degli dei sono mutilate nonostante siano guarite e risanate. Tale guarigione è crudele e disperata perché si regge sulle stampelle e fa sembrare la divinità ridicola e laida. Esiste il rischio imminente che questa stampella possa venire meno perché temporanea e instabile. In questo lavoro, credo che la distruzione di credenze e religioni abbia una doppia implicazione: innanzitutto, le icone e le credenze religiose sono distrutte a causa della nostra ignoranza; in secondo luogo, il nostro pregiudizio ci porta a rifiutare e trascurare la religione.
In breve, la mutilazione consapevole o meno simbolizza l'instabilità sociale della gente quando perde la fiducia nei valori etici.
D: Perché hai scelto di reinterpretare icone della storia dell'arte come Venere e le divinità pagane?
WQ: Questo è strettamente legato alla società cinese contemporanea. Ho sempre considerato l'opera Romantique molto illustrativa e ispirata al socialismo reale. Quando ero a scuola, ci veniva insegnata la storia dell'arte occidentale, ma non conoscevamo le relazioni tra gli dei e le allegorie religiose dietro i quadri. Anche dopo la laurea non sapevo chi fossero questi dei e che relazione intercorresse fra di loro. Probabilmente abbiamo interpretato male la bellezza delle divinità, questi modelli di classicità mi hanno lasciato un'impressione distorta e incompleta.
Oggi che la Cina si trova ad affrontare diverse sfide, che cerca di dare uno slancio all'economia, di organizzare le prossime Olimpiadi e di entrare nel WTO, ci troviamo ad avere molte più opportunità di confronto con la cultura occidentale, compresa la storia dell'arte, la religione e le divinità. Ma qualsiasi tipo di icona o di sua rappresentazione diventa qualcosa di non identificabile in Cina perché i cinesi ne distorcono o equivocano il senso. La distorsione non è affatto considerata una mancanza di rispetto verso la vostra cultura, al contrario, è una forma di estremo apprezzamento.
La Cina è diventata una sorta di enorme terreno di sperimentazione per esperti di architettura, finanza, high-tech. Come missionari, insegnano ai cinesi ciò che è giusto e ciò che va imitato.
Ammetto che i cinesi possano trarre insegnamenti importanti per migliorare la propria vita, in certe circostanze, ma riconosco che molti concetti sono in contraddizione con le realtà della Cina. In Romantique la comunicazione che emerge tra l'Occidente e la Cina è artificiale e apparentemente felice. Quest'opera combina il caos di China Mansion, un party di famiglia, con una euforia utopica. Ho scelto Venere e le divinità come ospiti in questo paese delle meraviglie. Questo è ciò che mi interessa esprimere: non mi interessa imitare i capolavori classici ma penso che esprimano bene la mia riflessione sulle relazioni che la Cina di oggi intrattiene con il mondo esterno.
D: La Cina, nota per i suoi tanti culti, da un certo punto di vista ha trattato anche il comunismo in modo fortemente iconografico. I tuoi sono lavori profetici o rappresenti in maniera personale uno stato mentale già esistente?
WQ: La Cina ha molte religioni, come il Confucianesimo, il Mencianesimo, che hanno guidato la vita e le idee del popolo per millenni. Dopo la liberazione nel 1949, la Cina sposò il comunismo e diede priorità ai suoi ideali. La gente perse fiducia nelle nostre tradizioni precedenti. Comunque, dopo la riforma economica dei primi anni Ottanta, molto del pensiero confuciano fu reintrodotto e promosso. Credo che queste credenze, reinterpretate, non siano più le stesse di una volta. Oggi la gente ha degli scopi pragmatici nel credere alle religioni precedenti. La nostra fede non è più così pura. Non penso che i miei lavori siano profetici, li considero molto realistici. Gli ambienti delle mie foto sono come i report sui giornali. Mi sento più uno scaltro giornalista che va a caccia di contraddizioni negli episodi della vita e scatta delle istantanee.
D: Che cos'è la fede per te?
WQ: Penso che sia molto difficile per me avere fede. Ma, allo stesso tempo, non ho mai creduto nella blasfemia. Ho molti amici che credono in questa o quella religione. Dal mio punto di vista, cambiamenti così drammatici nella nostra società non stimolano alcun approdo spirituale o idealistico. Un proverbio cinese dice: "ci sono così tanti problemi reali che mi attraggono che rendono difficile dimenticare davvero le attrazioni mondane". Per me, la fede è continuare a vivere.

Traduzione dell'intervista di Leonardo Gliatta

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