L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Arte contemporanea Anno 1 Numero 3 settembre-ottobre 2006



Andy Warhol̓s timeboxes

Patrizia D̓agostino

Se volete sapere tutto di me, basta guardare la superficie dei miei dipinti, dei miei film, o me stesso. Non c'è niente.



bimestrale di informazione
e critica d'arte
Andy Warhol’s Timeboxes

Where Are We Going?
Dove stiamo andando?
Opere scelte dalla collezione François Pinault

Lucio Fontana
Venezia / New York

Arnaldo Pomodoro
Dialogare con l’ambiente

Omaggio a Picasso

Giulio Paolini
Fuori Programma

Pino Pascali
Genio ribelle tra libertá e committenza

Gilberto Zorio
La Fontana Arbitraria

Giovanni Anselmo
Arte Povera alla GAMdi Bologna

Carmelo Cappello
Sculture

Le Forme Luminose di Viani

Ugo Rondinone
Giorni Felici
Yayoi Kusama
Metamorfosi

Achille Perilli
La Stravaganza della scultura

Francesco Cardillo
Dal click fotografico alla pittura ad olio

Eventi Flash

Risultati d’asta 2005/2006

Mostre in Italia

Mostre all’Estero
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Nelio Sonego
Diego A. Collovini
n. 38 dicembre 2015 - gennaio 2016

Riccardo Guarneri
Diego Collovini
n. 37 gennaio-febbraio 2015

Arturo Carmassi
Diego Collovini
n. 36 marzo-aprile 2014

Claudio Verna
Diego Collovini
n. 35 novembre-dicembre 2013

Gianfranco Zappettini
Diego Collovini
n. 34 giugno-luglio 2013

Maurizio Cesarini
Katiuscia Biondi Giacomelli
n. 33 febbraio-marzo 2013


Andy Warhol, Marilyn Monroe (Marilyn), 1967
Serigrafia su carta, 91,4 x 91,4 cm. Collezione privata, Modena
© 2006 The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. TM Marilyn Monroe LLC by CGM Worldwide, Inc

Fonte del materiale per la serie “marilyn“ di Andy Warhol, 1962
The Andy Warhol Museum

Andy Warhol, The Christmas Last, 1956
Tempera su legno, 22,5 x 13 x 6 cm, Collezione privata
© 2006 The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc.

Non era vero ovviamente, ma Warhol aveva il gusto della provocazione e soprattutto di vedere l'effetto che questa faceva sui suoi interlocutori.
Nella filosofia di Andy Warhol si legge che è il niente che regola ogni rapporto sia questo d'amicizia, d'amore di convivenza e Warhol, sempre circondato di una corte, sempre attorniato di amici e di ammiratori in realtà era un solitario.
Non amava le interviste e neppure i giornalisti di cui diceva che volevano sentire solo le risposte adatte a redigere i loro articoli e quando queste risposte non erano in linea con l'idea che si erano fatta arrivavano a cambiarle. Forse per questo motivo quando lo intervistavano lui dava sempre delle risposte diverse a seconda dell'estro e del momento.
Così l'opera di Warhol è un continuo svelarsi e rivelarsi, un grande gioco di finzioni e di illusioni. La mostra che si è inaugurata a Trieste il 22 luglio all'ex Pescheria centrale e che si protrarrà fino al 22 ottobre, ha il merito di "rivelarci", l'artista, di farci avvicinare ad un Warhol "privato", quotidiano mostrandoci la sua passione per il collezionismo e la catalogazione.
"Timeboxes" è il titolo della mostra che mette in esposizione le "capsule del tempo" warholiane, delle scatole di cartone con dentro gli oggetti della sua vita quotidiana. Alla morte dell'artista ne sono state trovate più di seicento conservate negli archivi del museo Andy Warhol di Pittsburg. Inviti, cartoline, schizzi, pagine strappate di riviste, chincaglierie c'è tutto un mondo dentro queste scatole, il presente di trent'anni di vita che si srotola davanti ai nostri occhi.
Quasi certamente il progetto di queste time capsule affonda le sue radici in un avvenimento dell'infanzia di Warhol quando alla fiera mondiale di New York del 39 una capsula metallica a forma di siluro venne seppellita ad una profondità di quindici metri nell'area della fiera con l'idea poi di disseppellirla nel 6.939 portando alla luce i suoi contenuti. La capsula conteneva oggetti di vita quotidiana che avrebbero dovuto informare gli uomini del 6.000 sulle abitudini degli abitanti americani del XX secolo. L'episodio deve aver avuto una grande influenza su Warhol bambino che ha sempre avuto una passione per il collezionismo tanto che alla sua morte tantissimi oggetti e non solo quelli déco di cui amava circondarsi, furono battuti all'asta con cifre da capogiro.
Le prime Time capsule sono del 1974 quando Warhol aveva iniziato il trasloco dal vecchio al nuovo studio e si era reso conto che delle scatole di cartone potevano contenere moltissimi oggetti, scrive infatti a questo proposito nella sua filosofia:

" Bisognerebbe prendere ogni mese una scatola, buttarci dentro tutto e chiuderla alla fine del mese. Poi metterci la data e spedirla nel New Jersey. Bisognerebbe conservarne le tracce, ma se non ci si riesce e la si perde è ancor meglio, perchè è una cosa in meno a cui pensare, un peso in meno... Ho cominciato con i bauli pieni degli oggetti che non mi piacevano, ma poi andavo a comprarmi qualcosa di meglio, e ora butto tutto dentro scatole di colore marrone con un'etichetta colorata su un fianco per scriverci il mese e l'anno. Odio la nostalgia così profondamente che spero si perdano tutto e non debba più rivederle. Questo è un altro motivo di conflitto. Vorrei buttare ogni cosa dalla finestra non appena me la mettono in mano e invece ringrazio e la butto nella scatola del mese. Ma l'altro mio desiderio sarebbe quello di mettere da parte le cose per poterle un giorno usare di nuovo".

Warhol considerava le "time capsule" delle opere d'arte tanto che qualche volta aveva pensato anche di venderle. In un'annotazione si legge che dopo essere stato nel ‘78 ad un'asta di oggetti appartenuti a Joan Crawford, dice che avrebbe dovuto mettere all'asta anche alcune delle sue "time capsule" e si sarebbe dovuto organizzare e metterci dentro, per renderle più appetibili, dei capi di biancheria, abbigliamento ed effetti personali. All'inizio pensava che avrebbe potuto venderle a cento dollari, poi anche a 9.000. Comunque a parte il business e in questo campo aveva delle idee molto chiare, "fare soldi è un'arte, lavorare è un'arte e fare buoni affari è la migliore forma d'arte", diceva sempre, catalogare il proprio mondo era un'ossessione per Warhol, questo modo di fermare il tempo si vede anche nella sua passione per il registratore, da cui non si separava mai e che chiamava affettuosamente "la moglie".
Egli amava registrare ogni cosa, il suono della voce degli amici, delle persone care, della madre mentre cantava o raccontava le fiabe ai nipoti. Anche questo un modo per fissare l'istante. Quest'attitudine si vede maggiormente nei suoi film, interpretati da amici e conoscenti, ma anche dalle incessanti riprese che era solito fare, metri e metri di pellicola per filmare il suo compagno che dormiva o un'amica che si tagliava i capelli, che mangiava, che si drogava. Forse era una forma di rassicurazione anche questa, una lotta contro il tempo, "bisognerebbe sempre essere giovani, magri e belli, non invecchiare mai" scrive nei suoi diari. E non sono mai invecchiate le immagini delle dive che con la sua tecnica serigrafata abbinata ad una stesura piatta del colore ci ha fornito.
Splendide Marilyn, Liz Taylor, Liza Minnelli ma anche immagini di rockstar, atleti, artisti, personaggi famosi che ha reso immortali facendo risorgere l'arte del ritratto, morta dopo l'avvento della fotografia. Nelle "time capsule" sono presenti oltre ai ritagli di giornali, anche delle foto che saranno la fonte per i suoi ritratti, copertine di dischi, carte di cioccolatini e bozzetti delle sue scarpe, glamour e alla moda con cui, giovane provinciale, arrivato a New York, aveva conosciuto un folgorante successo.
E lui che tutta la vita aveva vissuto nell'apparire, che diceva che i gioielli non rendono belli ma fanno sentire belli chi li indossa per una volta aveva detto la verità quando voleva che sulla sua tomba venisse incisa una sola ma efficace parola: finzione.