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Zoom Magazine (2006-2008) Anno 27 Numero 207 marzo-aprile 2007



Daniel Lee

Rosanna Checchi

Intervista





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Daniel Lee
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Napping

Playing Cello

Poster

Daniel Lee è nato in Cina, ha vissuto a Taiwan, si è poi trasferito negli Usa per seguire un master di Belle Arti. A partire dagli anni Settanta si dedica alla fotografia. Vive e lavora a New York.
I ritratti di Daniel Lee sono frutto di un'abile rielaborazione digitale e propongono figure animalesche ispirate allo zodiaco cinese, in particolare al maiale/cinghiale, che caratterizza l’anno in corso, il 2007. I soggetti creati da Lee oscillano tra il mostruoso e l’esoterico, ma fanno anche riflettere sulle nostre origini quasi fossero un’interpretazione artistica della teoria darwiniana dell’evoluzione.
Daniel Lee sarà in Italia, con una mostra alla Wave Gallery di Brescia dal 7 al 30 aprile 2007 ed un workshop presso il Mima di S. Maria di Zevio, Verona, il 14 e 15 aprile.

La Cina oggi sta vivendo un forte fenomeno di emigrazione. Non le viene la tentazione di andare “contro corrente” e di tornare a viverci?
Naturalmente ho pensato di tornare in Cina e di farmi coinvolgere dal movimento di modernizzazione. Sfortunatamente, tutta la mia famiglia, compresi i miei genitori, vivono negli Stati Uniti. Inoltre, sono abituato allo stile di vita e di lavoro di New York più di qualsiasi altro posto.
Dalla metà degli anni ’80 ho visitato la Cina quattordici volte. Ho parlato con gli studenti di Belle Arti e ho presentato di tanto in tanto i miei lavori a Pechino e Shanghai. Ultimamente in Cina è cresciuto l’interesse verso l’arte digitale; nel settembre scorso sono stato invitato all’ultima Biennale di Shanghai. Per ora sto cercando ulteriori occasioni di tornare in Cina, ma non per viverci.

Oggi riesce a mantenersi economicamente con la sola vendita dei suoi lavori? Quando ha deciso di lasciare la Cina per andare a studiare a New York, aveva già l’idea di mantenersi con le sue opere?
Le confesso che l’ammiro: nel 1992 l’idea di lavorare con l’arte digitale e di farne una professione rappresentava una scelta pionieristica. Ricordo ancora quando pubblicammo ed esponemmo i suoi lavori a Milano, nella mostra (R) evolution, nel 1998. Il risultato fu ipnotico.

I suoi complimenti mi lusingano. Ho capito che avrei dovuto lottare duramente per continuare la mia carriera nell’arte fin da quando ero studente. Per ciò ho lavorato in un sacco di posti come cameriere, durante il mio periodo di studi e fino a quando sono diventato un artista digitale.
Sono molto fortunato, perché recentemente ho cominciato a mantenermi economicamente con la vendita dei miei lavori, cosa che non avrei mai osato sognare, prima.

A proposito dei soggetti delle sue opere, lei ne ha sempre parlato in modo molto razionale. Che si tratti di un segno dello zodiaco cinese o dell’Ultima Cena di Leonardo o di un dipinto di Caravaggio, non è questo che le interessa, quanto piuttosto l’ispirazione che ne trae.
Credo abbia a che fare col modo in cui affronto la mia opera. Di solito, tendo ad iniziare con un concetto chiaro e razionale. Ma credo anche che dovrei essere totalmente libero. Libero da quello che altre persone pensano e da ciò che altri artisti hanno prodotto nel passato.
Credo anche che, in quanto artista moderno, possa muovermi al di fuori dei canoni tradizionali. Così, ho preso lo zodiaco cinese o L’Ultima Cena di Leonardo come un elemento, un soggetto d’ispirazione.

Tuttavia, dovendo analizzare la composizione, ho la sensazione che lei sia interessato alla spiritualità e alle sue icone. Lei ha un punto di vista ironico, (non spirituale), critico e scettico… crede sia corretta la mia interpretazione?
Sì, penso che lei abbia ragione sul modo in cui analizzo la composizione nei miei primi lavori. Ero interessato alla spiritualità e alle sue icone, e questo si comprende specialmente nelle mie serie “Judgment” e “108 windows”.
Ma ho cercato di non porre limiti alla mia crescita artistica. Desideravo andare oltre il concetto dell’importanza del soggetto, e superare il mio stesso retroterra culturale.
In seguito il mio punto di vista è diventato ironico, critico e scettico, il che conferma la sua intuizione. Succede naturalmente, con l'invecchiare, credo.

Mi corregga se sbaglio, ma trovo il suo approccio piuttosto confuciano.
Confucio disse: “Non sai nemmeno come servire i viventi, come puoi essere in grado di servire gli spiriti dei morti?”
Mi sembra che anche lei faccia come Confucio, che evitava la domanda sul sovrannaturale e tuttavia scavava nei misteri dell’universo. Non crede?

La filosofia di Confucio ha guidato il pensiero cinese per migliaia di anni, e questo fa parte della mia eredità culturale.
Ho cercato di non fare delle prediche o dei proclami, attraverso i miei lavori, e non do risposte sul nostro passato, il futuro o l’universo. Ma credo che un artista si trovi in una buona posizione per sollevare queste questioni e stimolare la discussione di altri.

Ci sono studi sia fotografici che scientifici che confermano sia in termini di comportamento che di aspetto fisico che apparteniamo al regno animale. Darwin è uno di quelli scienziati che hanno proposto questa visione. Lei pensa che, ai loro estremi, scienza e spiritualità di fatto si incontrino?
Sì, concordo sul punto che scienza e spiritualità si incontrino ai loro estremi. Non solo credo nella teoria di Darwin dell’evoluzione, ma suggerirei anche che il nostro comportamento mostra ancora molti istinti animali.

Nelle sue “Tre Paure” Confucio afferma che dobbiamo temere il Cielo, Dio e la Parola del Saggio. Cosa la spaventa di più nella vita: la malattia, la pazzia, l’incertezza sul futuro… la morte?
Io penso che molti, incluso me, temano l’incertezza del futuro, e specialmente la morte.
Ho compreso che il giorno della morte si avvicina sempre più, mentre invecchiamo. Ma preferisco credere si tratti di una regola naturale e che devo accettarla, invece che averne timore.

Quando si dedica alla creazione dei suoi ritratti e lavora al computer, si concentra al punto da entrare in uno stato di meditazione? Glielo chiedo perché alcuni fotografi mi hanno detto che entrano in lunghi periodi di isolamento, quando lavorano al computer.
E’ molto interessante. L’attuale tecnologia ha vinto sempre più le limitazioni della creazione per artisti e fotografi. Ma lavorare al computer richiede molta concentrazione, energia e tempo.
E’ un lavoro che tende ad isolare e anche per me è assimilabile alla meditazione. In più, nel mio caso, mentre i personaggi che sto creando nascono dalla mia immaginazione, sento, talvolta, che sto comunicando con spiriti dell’altro mondo. Può essere un po’ spaventoso.

Cos’ha portato negli States, dalla Cina? L’elegante abitudine di mangiare coi bastoncini, oppure ci sono aspetti della cultura cinese che governano la sua vita? Dalle foto che ho, di lei, noto che lei indossa ancora indumenti tradizionali cinesi. E’ riuscito a preservare la sua identità personale?
Sono stato educato nella cultura cinese fino al giorno in cui sono arrivato negli Stati Uniti, quando avevo 24 anni. Sarebbe stato facile per me adottare le abitudini occidentali, dopo la mia laurea e aver trovato un posto da art director a New York. Ma ho deciso di vivere in una cultura mista. Trovo difficile lasciar cadere una cultura così ricca.
Tendo a indossare vestiti cinesi solo in occasioni speciali, tra cui gli eventi importanti o l’apertura delle mie mostre. Sono fiero di essere cinese e credo di star meglio in costume cinese.

Come è riuscito a vivere così a lungo negli Stati Uniti senza provare nostalgia e senza subire l’influenza statunitense?
Non ho mai smesso di provare nostalgia. Fortunatamente, oggi ho sufficienti contatti sia con la Cina che con Taiwan.

Cosa pensa dell’affermazione: “Puoi solo cominciare a capire il Cielo dopo i 50.” Per Confucio l’essenza dell’uomo è la “virtù”. Non la virtù imposta dall’esterno, ma piuttosto quella interiore, celata in ciascuno di noi e che dobbiamo sforzarci di sviluppare.
Per come la capisco io, penso che Confucio intendesse dire che dopo che un uomo ha raggiunto i 50 anni, può accettare la virtù che viene dal Cielo. Ma penso che oggi potremmo essere più aggressivi, cercando di raggiungere la nostra vita ideale anche all’età di 60, 70 o anche 80 anni…
Gli studiosi del Buddismo Zen pensano che ciascuno di noi abbia un talento superiore nascosto, chiamato La Radice del Talento o la Capacità di essere Buddha. Il talento nascosto è come uno specchio coperto dalla polvere, e va ricercato e sviluppato con lo studio e la meditazione.