DROME magazine Anno 4 Numero 13 giugno-agosto 2008
Uomini e donne diversamente uguali
La fotografia come tela, il computer come pennello. Vecchi sapori e moderne tecnologie si incontrano per attirare lo sguardo dello spettatore.
Un viaggio a metà tra arte e realtà, con un velo di ambiguità. Un connubio artistico dove non ci sono ruoli, ma una continua mescolanza di arte e pensiero di entrambi. Perché, come diceva Vattimo, il massimo dell’uguaglianza è la possibilità di essere diversi
Un uomo e una donna che ritraggono persone che non sembrano né uomini né donne. Figure androgine ma delicatamente sensuali, corpi ritratti a metà dal retro e a metà di fronte. Ambiguità e schiettezza allo stesso tempo, modernità e richiami al passato. Trasparenze nei panneggi e turbanti citano la pittura fiamminga rinascimentale.
Schilte & Portielje vivono e lavorano a Rotterdam; firmano a quattro mani le loro opere dal 1997. La fotografia è l’ingrediente principale della loro arte, a cui si somma l’utilizzo del computer, un mezzo artistico di cui è stata esplorata ogni possibilità di elaborazione. Ma la loro ricerca è volta a trovare il giusto equilibrio tra pittura e disegno, un processo che necessita di un continuo perfezionamento e che non si ferma mai alla prima stampa. Lavorano in bianco e nero perché vogliono aumentare al massimo la distanza che separa l’arte dalla realtà e, al contempo, recuperare il sapore della fotografia agli albori del primo scatto.
Gli abbiamo rivolto qualche domanda perché ci mostrino la camera oscura della loro creatività.
DROME: Dal 1997 lavorate in coppia ma le vostre opere sembrano frutto di una sola mente. Qual è la ricetta della vostra sinergia creativa? Ci sono dei ruoli ben definiti nel vostro lavoro di squadra oppure siete uguali di fronte alla “tela”?
SCHILTE & PORTIELJE: Dal 1990 in poi, entrambi abbiamo esplorato in modo intensivo le vaste possibilità offerte dal computer come mezzo artistico, utilizzandolo come strumento di disegno e pittura e come camera oscura. Poiché le nostre idee sull’arte sono risultate simili e anche complementari, abbiamo cominciato a lavorare insieme e, nel 1997, abbiamo deciso di presentare la nostra arte con il nome composto di Schilte & Portielje.
Collaboriamo senza seguire un piano prestabilito e senza ruoli definiti. Entrambi selezioniamo frammenti di immagini da un archivio di immagini digitalizzate che abbiamo creato negli anni. Poi, sempre in modo indipendente l’uno dall’altro, studiamo se con le immagini selezionate possiamo creare un concetto per un nuovo lavoro. Durante questo lungo processo di trasformazione, disegno, pittura, addizione e sottrazione, si generano continuamente nuove possibilità e nuove idee. Spesso ci scambiamo le opere a cui stiamo lavorando, in modo che uno continui ciò che l'altro ha lasciato. Si tratta di un metodo di lavoro intuitivo, in cui siamo uguali e fortemente dipendenti dalla visione critica dell'altro. Quando alla fine otteniamo un’immagine-concetto che ci sembra convincente, la sviluppiamo insieme, sia da un punto di vista tecnico che artistico.
D: I soggetti dei vostri ritratti sono figure cariche di sensualità ma, paradossalmente, quasi prive di connotati sessuali ben riconoscibili. Questo può essere il riflesso del connubio artistico di un uomo e una donna in cui una personalità non prevarica mai sull’altra?
S&P: Quasi tutte le figure nei nostri lavori sono androgine, o per lo meno non sono mai esclusivamente femminili o maschili. Questo non riflette, però, la nostra unione artistica, ma nasce dal nostro obiettivo artistico comune. Poiché il nostro lavoro tratta gli aspetti fondamentali dell’essere umano, sia uomo che donna, l’identità sessuale non ci interessa. Tuttavia, l’ambiguità è molto importante perché dà spazio a interpretazioni e identificazioni. Alla fine, evitiamo volontariamente di dare titoli significativi o fornire testi di commento perché riteniamo che possano influenzare la percezione dello spettatore.
D: Il colore arricchisce di particolari i soggetti e ne aumenta le differenze, il bianco e nero invece ne riduce la percezione. Siamo tutti uguali di fronte al bianco e nero?
S&P: I motivi per cui lavoriamo in bianco e nero sono molteplici. Prima di tutto, vogliamo che il nostro lavoro si posizioni al centro tra fotografia e disegno o pittura. Allo stesso tempo, apprezziamo la contrastante combinazione tra tecniche informatiche avanzate e quel sentimento vagamente nostalgico delle immagini in bianco e nero che ci permette di aumentare la distanza tra arte e realtà.
D: L’arte può rappresentare un sano elemento di differenziazione tra popoli? Oppure si uniformerà sotto le influenze culturali ed economiche del mercato globale?
S&P: Poiché creazione, identità e libertà sono considerati bisogni umani fondamentali, l’arte deve essere in grado di diventare un sano elemento di differenziazione. Tuttavia, riteniamo sia impossibile rispondere a queste due ultime domande. Come artisti visuali, rispecchiamo il mondo in cui viviamo. Il resto è tutto negli occhi degli spettatori e dei critici.