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Juliet Anno 30 Numero 149 ottobre-novembre 2010



Art Ljubljana

Giulia Bortoluzzi



Art magazine


SOMMARIO N. 149

Copertina di Paul McCarthy

Gigantismo: metodologia o spettacolarizzazione, 5° puntata, di Matteo Bergamini

L'arte della sopravvivenza, 4° puntata di Luciano Marucci

Reportage da New York, di Luciano Marucci

Art Ljubljana, 3° puntata, di Giulia Bortoluzzi

Focus Sicilia, 4° puntata, fine, di Maria F. Bellio

Paul McCarthy, di Rosanna Fumai

Paola Pivi, di Fabio Fabris

Rubrica di Angelo Bianco

Notiziario Spray di AA.VV.

ecc., ecc.


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Tevz Logar, direttore della Škuc Gallery di Ljubljana
Lavoro alla Škuc Gallery dall’aprile 2007, e ricopro il ruolo di direttore solo dall’ottobre del 2009. Dal mio punto di vista in Slovenia la scena dedicata all’arte contemporanea è piuttosto limitata, ma è anche vero che oggi sta diventando sempre più stimolante, grazie al lavoro delle persone e delle istituzioni che le concedono sempre più attenzione. Non è da molto che ricopro il ruolo di direttore artistico per cui non posso fare dei paragoni puntuali sui cambiamenti che ci sono stati in questi ultimi dieci anni, qui a Ljubljana. Nonostante ciò, i tempi cambiano e con questi anche i contesti politici e sociali che li caratterizzano. Oggi, ci sono sicuramente interessi legati a questioni politiche culturali, ma non si tratta d’influenze determinanti o limitative nello svolgimento dei programmi. Si comincia finalmente a pensare di riservare fondi alle attività internazionali, ma le cose sono ancora in via di elaborazione, perciò non vorrei arrischiarmi su questo punto. Nella nostra realtà ci sono moltissimi spazi e strutture degne d’interesse: per fare qualche esempio citerei P74 Gallery, Kapelica Gallery, Alkatraz Gallery, City of Women festival, Maska e Aksioma. Tutte organizzazioni ONG. Tuttavia, anche le gallerie istituzionali contribuiscono allo sviluppo della scena artistica locale, per esempio, attendiamo con piacere l’apertura del nuovo museo d’arte contemporanea. Un museo è, infatti, un polo d’attrazione che genera un flusso di persone e richiama un gran numero di visitatori esperti. Riguardo alla Škuc Gallery, grazie ai finanziamenti che ci derivano dal Ministro della Cultura, e il comune, siamo in grado di realizzare dieci esibizioni annuali e, approssimativamente, due co-produzioni l’anno. Non posso lamentarmi, anche perché questo ci permette di far funzionare la galleria regolarmente con un programma annuale apprezzabile sia in Slovenia e sia all’estero. L’unico neo è la carenza di comunicazione che c’è tra la galleria e gli organi di finanziamento.
La Škuc Gallery ha un pubblico eterogeneo, una parte che regolarmente frequenta le esposizioni, e un’altra che segue invece eventi d’interesse specifico. Mi piacerebbe anche riuscire a incrementare l’attrazione di una tipologia di pubblico completamente differente, più interessata alla riflessione e alla discussione critica sull’arte, per fare in modo che la galleria diventi ancor più luogo di aggregazione sociale. Un posto dove opinioni differenti possano incontrarsi e confrontarsi. Ho apprezzato moltissimo la direzione stilistica che Alenka Gregoric ha impresso alla Škuc Gallery, anche grazie al lavoro di formazione svolto con gli artisti. Credo che manterrò questa stessa linea artistica, ma dal momento in cui il programma della galleria è sempre aperto e passibile di sviluppi, rifletterà anche le mie affinità artistiche con i cambiamenti che ne deriveranno. Vorrei sottolineare che l’attività svolta dalla galleria non è da intendersi esclusivamente come organizzazione e allestimento delle mostre, ma va tenuto conto anche del lavoro di contestualizzazione, la presentazione degli artisti, l’organizzazione di dibattiti, tavole rotonde e proposte di programmi didattici. Come accennavo poco fa, ritengo che in Slovenia ci siano molti luoghi validi dedicati all’arte contemporanea, i quali vale la pena frequentare, anche per rimanere aggiornati su ciò che ci accade attorno. Soprattutto, tutte queste realtà stanno cercando di confrontarsi sempre più proficuamente col contesto locale. E io stesso sto cercando di fare altrettanto con il programma di Škuc Gallery. La nostra attività internazionale consta in primo luogo nel presentare la galleria e gli artisti che rappresentiamo alle fiere internazionali. Gli artisti vengono scelti non solo in base alla qualità dei loro lavori, ma anche per ciò che trasmettono. So che può essere considerato un criterio troppo soggettivo, ma cosa non lo è nella vita? E credo sia questo ciò che contraddistingue maggiormente l’arte contemporanea, proprio come dice Boris Groys nel suo Art Power. L’arte deve essere sincera, e solo in questo modo sopravvivrà al futuro. Škuc Gallery è nata nel 1978 e i suoi muri hanno più di trent’anni di storia, questo rende la nostra galleria unica. Inoltre, tutte le mie scelte si basano in primis sulla mia esperienza personale e si riferiscono sempre al contesto e alla storia del posto. Il mio lavoro qui è solo agli inizi, tutti abbiamo dei sogni e io spero che i miei piani per la galleria possano pienamente realizzarsi nel futuro.
 
Vadim Fishkin, artista rappresentato dalla Galerija Gregor Podnar
Sono nato a Penza, ai tempi dell’URSS e ho vissuto a Mosca dal 1996, ma attualmente vivo e lavoro a Ljubljana. I miei lavori esplorano le connessioni tra scienza, esperienza personale, desiderio e immaginazione, in bilico tra metafisica e pragmatismo, realtà e artificio. Tento di scoprire le sottili connessioni che provocano nello spettatore curiosità, e che lo lasciano libero di ricercare il significato ultimo delle cose. M’interesso soprattutto di scienza e di ricercare come l’utilizzo delle nuove tecnologie si unisca essenzialmente a motivi poetici. Molte delle mie installazioni, sculture, fotografie e disegni – che trattano di geografia, tempo, luci, aereonautica e meteorologia – nascono da un senso umoristico verso il reale. Numerose mie opere inedite sono state presentate alla Galerija Greogr Podnar. Per esempio, Tour en l’air (nella foto) è un’installazione con palloni gonfiati a elio, riempiti di stelle che fluttuano simultaneamente nell’aria, diretti da un walzer di P. I. Tchaikovsky. Di fronte a Magic Button il visitatore viene, invece, invitato a premere un pulsante e subito dopo un computer genera un’immagine assieme a una voce che dice: “Non c’è magia… solo un dispositivo elettronico, proiezione, alcuni effetti di luci... e bolle di sapone…” Una luce speciale si accende e le bolle di sapone appaiono. Due piccoli lavori da poco concepiti, intitolati Doppelgänger (fly) e Doppelgänger (ball) White planet and red star, Planet of Apes, Snowman and red star. All’abc/def di Berlino è stata presentata l’opera Ping-Pong electronic, una scultura cinetica ispirata al processo di ripetizione. Una palla bianca si muoveva avanti e indietro su una pendenza, rimbalzando poi senza sosta grazie a un asciugacapelli azionato da un timer elettronico.

Natalija Seruga, artista rappresentata da Equrna Gallery
Sono nata a Maribor nel 1971 e mi sono diplomata in pittura all’Accademia d’arte di Ljubljana nel 1999; nel 2003 ho ottenuto un MFA. Dopo aver capito che non faceva per me vivere in città, mi sono trasferita a Radenci, un piccolo villaggio a 200 Km a est di Ljubljana, equidistante anche da Budapest e da Vienna. Qui vivo e lavoro come artista free-lance. A qualcuno mica verrà da pensare che non sono così interessante perché non vivo a Ljubljana? La mia ricerca artistica è la mia vita, perché la vita è tutta una ricerca. All’inizio di quest’anno ho iniziato a creare nuovi dipinti e disegni. Sono stata per due mesi interi a preparare le cornici, sulle quali ho poi installato le tele. Sono ancora interessata a sperimentare materiali, colori, cere, pigmenti.
Sto ancora cercando di capire quale sia la mia direzione, visto che sono alla continua ricerca (da sempre) di sentimenti e luoghi che mi trasmettano qualcosa e che io possa vedere ogni volta che voglio, chiudendo gli occhi. Non mi sono stabilizzata su qualcosa di preciso: con la pittura e il disegno sono sempre in viaggio, la vita è così breve e io non sono nemmeno lontanamente vicina alla conclusione del mio lavoro… Quanto dipingo o disegno non lo faccio con l’obiettivo di dire qualcosa. Forse questo viene dopo, quando terminate le mie opere qualcuno può riconoscerne dei significati. Sarebbe una bugia dire che io creo perché voglio dire qualcosa. Creo perché sono io, la mia vita, e questa è l’unica ragione. Per me la creazione non ha segreti misteriosi o ragioni nascoste, è piuttosto questo: la gioia di scoprire il nuovo. Riguardo l’arte contemporanea, devo dire che sono piuttosto arrabbiata, furiosa e triste quando vedo le stesse opere e idee riproposte in più gallerie. Per me non c’è nessun contemporaneo, non ci sono donne, e nessun tipo di arte. L’arte è nelle viscere oppure non c’è per niente. Non mi dispiace essere etichettata come un’artista slovena: di certo non rinuncerei se potessi andarmene a lavorare su una splendida isola del Mediterraneo. Per quanto riguarda il mio rapporto con le istituzioni, devo dire che c’è solo qualche sostegno nell’allestire le mostre da parte loro, ma nulla di più… non ci sono contatti, non ci sono soldi, non ci sono altre possibilità. Equrna Gallery, che è privata, è una preziosa eccezione: allestisce la mostra, vende i quadri e ha ottimi contatti.

Simona Žvanut, assistente alla National Gallery Nardorna e studentessa all’Accademia d’arte di Ljubljana  
Ciò che mi disturba di più, ora come ora, è che all’Accademia d’arte di Ljubljana non ci sia un corso di arte contemporanea nel programma di studi in storia dell’arte: c’è solo un seminario che consiste nel visitare delle mostre, e può capitare che queste siano d’arte contemporanea. Penso che non sia giusto, perché noi studenti di storia dell’arte dovremmo essere quelli che hanno specifiche basi teoretiche sull’arte contemporanea. L’università dovrebbe adoperarsi a migliorare quest’aspetto, perché non è facile leggere l’arte oggi; magari ci fossero più seminari, dibattiti, corsi di scrittura creativa… questo è ciò che manca. I programmi ormai sono vecchi e hanno bisogno di essere rinnovati, ma non so proprio perché ciò non accada. Penso che lo Stato supporti l’arte contemporanea tanto quanto fa con gli altri eventi culturali, né più né meno. Dipende poi dai politici locali e dai soldi, ovviamente. Una grossa mancanza a Ljubljana è che ancora non abbiamo un museo d’arte contemporanea. Inizieranno forse quest’anno a costruirlo a Metelkova. Questo fatto parla da solo, tristemente.
Comunque, nella nostra città ci sono progetti interessanti e mostre, soprattutto nelle piccole gallerie, ma bisogna stare all’erta tenendosi informati sul web, il che effettivamente può essere difficile per un turista. Più pubblicità non farebbe male. Personalmente, mi piacerebbe che lo Stato destinasse più soldi alla cultura, ma di questi tempi è comprensibile che non lo faccia. E capisco anche il fatto che le persone non siano così interessate all’arte, in generale. Ovviamente ciò dipende dall’educazione e dal tipo d’interesse, ma penso che con un giusto approccio la gente potrebbe essere maggiormente coinvolta (con pubblicità e seminari divulgativi). Penso che l’esclusività sia un problema per l’arte contemporanea tout court. Il sistema scolastico, per esempio, include l’insegnamento della storia dell’arte solo fino a metà del ventesimo secolo, è comprensibile che le persone non capiscano o non si interessino. E a noi non piace ciò che non capiamo. La nostra città offre tutto ciò che le altre capitali danno, solo in versione ridotta. Io viaggio spesso, di conseguenza tendo a vedere maggiormente le carenze nella nostra situazione, ma nonostante tutto, Ljubljana sta crescendo. Per il teatro, ad esempio, non c’è nulla da dire, solo il meglio. Musicalmente non ci sono molti concerti ma forse gli artisti non sono interessati a venire a esibirsi qui. C’è un buon giro d’arte qui a Ljubljana e nelle città vicine, ci sono anche esposizioni di design, e soprattutto sono iniziati i lavori per ristrutturare l’Opera. Non mi piace che tutto ciò che sia presentato come arte contemporanea debba considerarsi tale. Forse è un’idea un po’ tradizionalista. Non sono ossessionata nel trovare un significato preciso in ciò che vedo, ma forse ho bisogno di trovarne uno. Penso che l’arte debba essere intesa come la politica perché fa parte della nostra società. Come tale dovrebbe mandare messaggi, interpretare la realtà, sottolineare ciò che non funziona e far riflettere le persone. Anche il concetto de “l’arte per l’arte” ha un suo significato oggi, ma non capisco quelli che si dicono disinteressati ai problemi sociali e seguono l’arte solo perché è bella. Questi tempi passeranno, come tutti, e penso che l’arte contemporanea stia mandando i suoi messaggi. È anche vero che l’arte può essere una fuga – per me lo è. Ma, quando si osserva un’opera, non si dovrebbe rimanere insensibili. O per lo meno, se ci lascia un vuoto dentro, che sia in senso positivo.