AI MAGAZINE Anno 4 Numero 46 dicembre 2010
Ovvero quando una scatoletta di cibo fa la differenza!
Da Andy Warhol in avanti l’utilizzo della lattina come espressione artistica è entrata a far parte dell’arte popolare (altresì detta Pop Art). Ma se finora ci avevano abituati ad apprezzare lattine di Campbell’s Tomato Soup e vuoti a rendere, nella città che non dorme mai e che di lattine e cibo in scatola ne fa un uso esagerato, si tiene da qualche anno una competizione che premia opere di design interamente costruite di lattine, con tanto di cibo ed etichetta intatta.
Canstruction, questo il nome del concorso (che gioca sui due termini inglesi can = lattina e construction = costruzione), ha di recente concluso la sua 18esima edizione e si conferma come una delle più straordinarie competizioni oltre a essere la più originale raccolta di beneficenza mai vista. Sì, perché una volta smantellate, le gigantesche opere di latta, lattine e scatolette vanno in dono all’associazione City Harvest, tra quelle a New York che si occupano di distribuire pasti ai più bisognosi.
In perfetto spirito da Giorno del Ringraziamento (che negli Stati Uniti cade il terzo giovedì del mese di novembre) e in accoglienza della stagione natalizia, Canstruction vede la partecipazione di squadre di architetti e ingegneri provenienti dalle più rinomate firme del paese, che si cimentano nella costruzione di opere dalle 5.000 lattine in su. Ogni squadra lavora dalle otto alle dodici settimane alla progettazione che verrà poi assemblata in una sola notte. L’esposizione rimane visibile presso il complesso del World Financial Center per una decina di giorni prima che ne siano proclamati i vincitori e quindi dismessa.
“È una maniera per gli architetti di restituire qualcosa alle comunità che hanno aiutato a costruire”, dice Leah Kaplan, responsabile di Canstruction New York. “Portiamo consapevolezza sul problema della fame nel mondo attraverso l’arte e l’architettura. Davanti a ciascuna scultura vi è una scritta che descrive quante scatolette di cibo sono state utilizzate per la sua realizzazione e quante persone serviranno a sfamare”.
La prima edizione di questa eccezionale competizione risale al 1992, proprio qui in New York City, quando Cheri Melillo, un membro della Society for Design Administration (SDA), decise che c’era bisogno di un evento che unisse il design all’edilizia in una serie di gare amichevoli che richiamassero l’attenzione e portassero miglioramento alle condizioni dei meno privilegiati. Da allora l’organizzazione no-profit si è evoluta fino a divenire uno dei maggiori donatori di cibo al mondo. Dal 1992 ad oggi Canstruction ha sponsorizzato competizioni in oltre 140 città in tutto il mondo, arrivando a donare quasi 7 milioni di chili di cibo in scatola per alleviare la piaga della fame e della malnutrizione.
Al motto di “One CAN Make A Difference”, questa gara di generosità che chiama in suo aiuto l’arte e il design, non fornisce un importante contributo solo attraverso la quantità di cibo raccolto ma anche facendo luce sulla questione della fame del mondo. Ogni anno, circa 30.000 volontari si adoperano per rendere Canstruction un successo e ai visitatori anziché tramite l’acuisto del biglietto, è suggerito di partecipare portando una lattina di tonno, fagioli o verdure.
Il Winter Garden (Giardino D’Inverno) del Arts World Financial Center vede il fiorire d’immense strutture dalle forme più bizzarre: un tornado, King Kong che scala l’Empire State Building, una tazza riversa che perde il suo contenuto sul pavimento.
Il vincitore dell’edizione newyorkese è ShenaniCANs Care! di Shen Milsom & Wilke e il criterio per la proclamazione è stato la struttura il cui contenuto può sfamare il maggior numero di persone. Favorito dalla giuria The BabushCAN di Thornton Tomasetti. Il premio Best Meal va invece a Paint the Town “Fed” di Dattner Architects, Best Use of Labels a I think I ‘can’ di MTA New York City Transit e Structure Ingenuity a FEASTer Island di LERA.
Il 2010 ha visto raccogliere lattine sufficienti a provvedere un milione e mezzo di pasti, grazie anche al contributo “in lattine” arrivato dal pubblico. Un’iniziativa a dir poco lodevole considerando che negli Stati Uniti secondo le statistiche di FeedingAmerica, 49 milioni di persone soffrono la fame e tra questi almeno 17 milioni di bambini.
L’arte in questo frangente può fare molto; per richiamare l’attenzione su un tema dolente, per risvegliare l’interesse di chi già se ne preoccupa, per coinvolgere professionisti del design e dell’edilizia in un progetto benefico che procura un ritorno d’immagine non indifferente. D’altra parte qui lo sanno, la parola “beneficenza” in America (tasse ed esentasse a parte) è spesso e volentieri di origine ibrida ma in alcuni casi, come in questo, riesce a sfamare più bocche di quante non la pronuncino.