AI MAGAZINE Anno 5 Numero 47 gennaio 2011
Il narratore onirico condivide con noi il suo universo in bilico fra sogno e mitologia, un viaggio nella realtà della finzione con Roberto Kusterle
A volte a rompere il silenzio non è un suono, ma un'assenza di esso. Il respiro trattenuto, la mancanza di fiato che viene assorbito dall'impatto emotivo si trasfonde implodendo nella persona quando si trova di fronte ad uno spettacolo artistico che deruba il tempo del suo lineare fluire.
Roberto Kusterle riesce quasi ogni volta a farci esperire questa frantumazione degli equilibri. La sua ricerca fotografica si costruisce su di una sorta di palcoscenico dove vengono ricreate scene dal sapore onirico o dal retrogusto mitologico. Come un sapiente incantatore rende vive immagini del subconscio, le plasma in modo meticoloso, un lavoro mirabile e stupefacente che prende forma in camera oscura senza nessuna contaminazione digitale. Ogni più piccolo dettaglio è pensato, deciso e voluto nel luogo del suo esistere. Kusterle è l'operatore di sogni, decide il luogo in cui essi dovranno prendere vita, decide i modelli, crea per loro i costumi, per concludere poi la sua creazione/pozione con rimedi chimici nel suo oscuro laboratorio.
Le sue creature sono archetipi dell'uomo in cerca di sopravvivenza o anche solamente di un semplice contatto con una natura spesso aspra e ostile, è una ricerca di vitalità in un territorio anaffettivo e sterile, che restituisce solo le lische della vita, e in un simile scenario diventa quasi normalità trovare due donne intente a rammendare le ferite della terra, cucire i solchi con la pazienza e l'amore di una madre che si cura della sua creatura per garantirle un futuro più prospero come il titolo dell'opera L'armonia futura sembra voler suggerire.
La finzione costruita nell'universo artistico di Kusterle spiazza per il suo realismo, è un racconto narrativo che servendosi di immagini/capitoli mostra una realtà che potrebbe affondare le radici nella profezia antica, ma che tuttavia non propone soluzioni o indicazioni morali. Lascia allo spettatore il giudizio finale, un libero arbitrio all'interno della sensibilità e del sogno che ognuno, chi più e chi meno consciamente, custodisce.
Una dimensione spazio-temporale sempre sospesa è la fune su cui il pensiero funambolico di questo incantatore esegue le proprie acrobazie, uno spazio di libertà condizionato dall'infinito del tempo, un luogo dove davvero pochi sanno restare in piedi. Le tematiche di queste opere sembrano essere quelle di un inconscio collettivo, la solitudine e la perdizione, così come il tentativo titanico di sopravvivenza, la ricerca attraverso l'altro da se di un autodefinizione, l'enigma, il doppio e così via.
La dimensione drammatica di questa altra-vita è rafforzata dai toni contrapposti del bianco e nero, l'assenza di colore riprende l'asetticità dei territori visitati caricandola di una tempesta emotiva che difficilmente lascia scampo. Spesso le stesse aperture spaziali ravvisabili nelle opere fungono da corridoi prospettici che trascinano all'interno di questo mondo simbolico lo spettatore- testimone del racconto mitico in fieri.
Veri e propri viaggi attraverso la simbologia e la dimensione sacrale dell'umanità quelli che questo fotografo ci propone, come un narratore ci dispiega davanti il suo universo e ci ospita per preziosi momenti nell'intimità della propria mente e dello spirito. L'aspetto generoso dell'arte si fa sentire qui più che altrove, quello che Kusterle offre è uno sguardo su noi stessi e su quell'inconscio che spesso tendiamo a ricacciare in un luogo buio e ben chiuso perché troppo impegnativo da gestire alla luce.
Roberto Kusterle è nato nel 1948 a Gorizia, dove vive e lavora. La sua formazione avviene da autodidatta; dagli anni '60 lavora nel campo artistico dedicandosi sia alla pittura che alle installazioni. Dal 1988 inizia ad interessarsi alla fotografia che diviene, con il passare degli anni, il suo principale mezzo espressivo.