Urban Anno 11 Numero 94 febbraio 2011
20 mila metri quadrati a Williamsburg, una bicicletta e caffè a volontà. Per 359 dollari al mese. Si chiama 3RD WARD e attira creativi come le api con il miele.
New York, si sa, ha un fascino particolare per gli artisti.
Da decenni, ormai, ogni giorno si riversano nella città migliaia di giovani creativi alla ricerca di fortuna. Ma se d’ispirazione la Grande mela è costantemente dispensatrice naturale, lo fa a un prezzo notoriamente alto. Solo l’affitto è a dir poco un salasso. Se poi devi aggiungere anche i costi di studio e atelier, non ne parliamo.
La storia di 3rd Ward è la storia di un progetto nato da un’esigenza pratica personale. Quella dei suoi fondatori, Jason Goodman e Jeremy Levitt, che, conosciutisi nelle aule della School of the Museum of Fine Arts di Boston, nel 2004 si trasferirono a Brooklyn. “Ci occupavamo di scultura e video, quindi eravamo alla ricerca di uno spazio in cui poter perseguire entrambi gli interessi, ma avevo dato un’occhiata a un po’ di workshop ed erano troppo costosi, non potevamo permettercelo”, racconta Jason. Così l’idea di costruire uno spazio polivalente attento a ogni dimensione creativa: 3rd Ward. Aperto nel 2006, a oggi è l’unico luogo in tutta New York City in cui a fronte di una piccola spesa ragionevole si può avere accesso a 20 mila metri quadrati che raccolgono sotto uno stesso tetto workshop adibiti alla lavorazione del legno e del metallo, studi di danza e fotografia, lab multimediali e una galleria.
Un’idea unica nel suo genere, soprattutto se si pensa che l’accesso a una qualsiasi struttura simile sia generalmente limitato alle vie accademiche, notoriamente molto costose negli Usa. Invece per soli 359 dollari al mese 3rd Ward offre accesso illimitato a tutti gli spazi dell’edificio e la possibilità di seguire gratuitamente ognuno dei tanti corsi di studio offerti, dove imparare di tutto: da come costruire una compostiera eco-friendly a come creare un balsamo naturale per le labbra. Per un totale di 4308 dollari annuali, che sono un nonnulla se paragonati ai 35 mila di retta media praticata da università come SVA e Parsons. E in più ti regalano anche una bicicletta e caffè illimitato per 365 giorni l’anno!
Un’intuizione destinata a trasformarsi in un business di successo e che oggi conta 800 soci, 4 mila studenti e un fatturato complessivo di 3 milioni di dollari l’anno, e che non perde mai di vista il motivo per cui è in essere. “Noi crediamo in quello che facciamo: diamo alle persone un’architettura per l’autorealizzazione del sé” dice Jason Goodman, che dal 2010 dirige da solo 3rd Ward. “Vogliamo essere il posto, la struttura fisica in cui questo processo possa attuarsi, fornendo uno spazio e gli strumenti per esplorare se stessi e le cose che siamo in grado di realizzare”. Un mix di arte e divertimento che diventa un inevitabile propulsore di nuova energia creativa e si trasforma anche in luogo di aggregazione e di dialogo; una situazione spontanea completamente diversa dagli eventi preconfezionati di networking che spopolano nella società delle conoscenze.
Tanti sono i progetti di Goodman per promuovere la creatività in tutti i campi: dall’arte visuale, grazie ad ArtistsWanted.org, nato per scovare e spingere nuovi talenti, con mostre, premi e portfoli online, a quella culinaria, come Goods, il nuovo ristorante mobile a Williamsburg, assolutamente da vedere e provare visto che consiste in uno scintillante caravan (per l’esattezza uno Spartan trailer) del 1946, che ci è voluto un anno per restaurare. Goodman è di fatto un forte sostenitore di un concetto che fonde filantropia sociale e imprenditorialità, dove 3rd Ward non è una “palestra per soli artisti”, ma una piattaforma utile a tutti. “Noi non crediamo in un gruppo esclusivo di persone magiche, le cosiddette persone creative. Penso che tutte le persone siano creative, ognuno di noi lo è. Più riusciremo a esprimere questo nostro lato, migliore sarà la nostra società”.
Sarà un caso se questo nuovo epicentro culturale a Brooklyn prende il nome da come veniva originariamente chiamata la zona quando Williamsburg anni or sono era il cuore della produzione tessile a New York, prima che si avviasse quel processo di deindustrializzazione progressiva che ha lasciato dietro di sé una serie infinita di fabbriche vuote.“Un tempo si usava produrre in questa zona, ma ora non lo facciamo più, si sono spostati tutti in Cina. Adesso però siamo tornati e stiamo producendo di nuovo qualcosa: una grande innovazione”.