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AI MAGAZINE Anno 5 Numero 53 agosto-settembre 2011



Arte "Made in China"

Michele De Luca

Le opere di tre interessanti artisti esposte alla Sala San Tommaso di Venezia



a photography and CONTEMPORARY cultures’ mag.


SOMMARIO N. 53

17 Editoriale di FRANCO CAPOGLIO L’obiettivo inconsapevole
19 La storia di copertina di MIRCO SALVADORI L’illuminazione inconsapevole

ARTE
20 Contemporaneamente di VALENTINA MAYER Kiefer salto f the earth
21 Occhio al mercato di ALESSANDRO ANTONACCI Come cambia il mercato
22 Andar per mostre a cura della Redazione La meraviglia della natura morta. 1830-1910
23 Memories and nightmares
24 Archivi contemporanei di GIACOMO BELLONI La verità è sempre sintetica
26 Interviste di ADELE ROSSI Il flusso intensificato
27 Free words di LENA LAPSHINA Launch Pad 65L
28 Parole con di CHIARA PEGGE Nella morte ad occhi aperti
29 Arte contemporanea di MARTA FEGIZ The butterfly show
30 Andar per mostre/2 a cura di MICHELE DE LUCA Oscurità
34 ArtReport di STEFANIA CARROZZINI Anish Kapoor
35 ArtReport/2 di GIACOMO CROCI Costellazioni combinazioni movimento
36 ArtReport/3 di MIKY DEGNI Myland
37 Arte a cura della Redazione Paolo Manazza
38 Conversazioni di MARIANNA PERAZZINI Siva: estetica e gioia visiva
41 Arte/2 a cura di LUDOVICO PRATESI Luigi Ontani in Pescheria
42 Emozioni d’arte di ANNA BALZANI Al di là della forma
44 Gioielli a cura di MARCO NARDINI La “stanza del tesoro”
46 GLI APPUNTAMENTI DA NON PERDERE

ATTUALITÀ E CULTURA
49 Libri in passerella di MARIA STEFANIA GELSOMINI Il figlio di due madri
50 Design di TOMMASO PEDONE Joe Colombo / Disegnare il futuro
52 Turismi culturali a cura della Redazione Festivalfilosofia: 100% natura
53 Pensieri di ALESSANDRO DI CARO Il motore dell’invidia
54 Fotografia di MICHELE MANISI
55 Andar per mostre/3 a cura della Redazione La cultura della luce
56 Obiettivi di ROBERTA ZANUTTO Dalla fotografia al cinematografo
58 Artist’s Platform di FRANCO CAPOGLIO La misura del bianco
68 D come Design di ALESSANDRA ZANCHI Eccellenze del design italiano
70 D come Design/2 a cura della Redazione Ettore Sottsass, a life in design
71 La cultura del fare di BENEDETTA e MAURIZIO SCALERA Identicity Festarch, Perugia 2011
72 Orizzonti architettonici di ALESSANDRO ANTONIONI Opera House Copenhagen – Henning Larsens
74 Racconti di GIORGIO MONTECCHI Guanda, Delfini e la cultura modenese
76 Turismi culturali/2 di CHIARA VECCHIO NEPITA Festival Francescano 2011: Francesco d’Italia
77 INTRUDERS Urban Explorers / Viaggi Straordinari
78 “Una stagione del Liberty a Riccione” / Turismi culturali/3 di CHIARA VECCHIO NEPITA Luoghi con l’anima
79 Cinefilosofando di MARCO APOLLONI Matrix
80 Sul palco di CLAUDIA MAMBELLI “Don Giovanni”: nel simbolo della tradizione palladiana
81 Motori ruggenti di FRANCESCO SINGER Fiat Barchetta 1100 tv
82 D-Contemporanea di ALESSANDRA ZANCHI “Miti” e visioni a torinodanza
83 All’opera di CLAUDIA MAMBELLI Il gioiello ritrovato de “I due Figaro” al Ravenna Festival
84 L’Aperitivo high-tech di MATTIA PAOLASINI iArt/iArtist
85 L’Aperitivo high-tech/2 di FRANCESCO CANTARINI E-bond: il guinzaglio elettronico
86 Oriente di ISABELLA DIONISIO Case made in Japan per la Cina
87 Good Morning America di CHRISTINE BRUNSON Reality
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Menglong
Qiu Xiaofei
Cakravada Mountain, 2008

Menglong
Jia Aili
The Wasteland, 2007

Menglong
Qiu Anxiong
Temptation of The Land

Nell’ambito di questa edizione della Biennale di Venezia, curata da Bice Curiger, che sotto l’onnicomprensivo titolo “Illuminazioni” propone un denso programma, il cui percorso tradizionalmente si snoda tra i padiglioni dei Giardini e l’Arsenale, che polarizzano la maggiore attenzione dei visitatori, vanno registrati ben trentasette “Eventi collaterali”, a cui l’intera città lagunare si apre, per diventare un contenitore unico al mondo, con i suoi spazi e i suoi edifici, di eventi espositivi che, anche se più defilati, non sono meno interessanti: anzi, anche per questo motivo, si offrono alla fruizione di un pubblico più attento, che, con l’occasione, ha modo anche di “scoprire” luoghi più affascinanti e spesso veri “gioielli” della città.

E’ il caso di questa interessante mostra – intitolata, forse con un intento “provocatorio” nei confronti del tema della Biennale, “Menglong - Oscurità” - promossa dal Nanjing Sifang Museum ed allestita nella Sala San Tommaso in campo SS. Giovanni e Paolo, in un’ambientazione che evoca il passato glorioso della storia e dell’arte veneziana. Il titolo, non certo casuale, riprende quello di una breve poesia del 1979 del poeta “oscuro” Gu Cheng, appartenente a quel gruppo di letterati che, verso la fine degli anni Settanta, proclamavano una sorta di rottura con la politica cinese, per cui l’arte era servita a lungo esclusivamente come strumento di propaganda. Dopo un ventennio segnato dal dibattito politico e dalla guerriglia sociale, l’arte cinese perde in parte questi contenuti per collocarsi in un contesto più globale e commerciale, riscoprendo le ragioni e le pulsioni della “persona” e dell’individuo, soffocate da quelle della “collettività”, in un nuovo ed originale approccio con la creazione artistica che sveli finalmente il “privato”, quando il privato era sempre stato proibito, appellandosi addirittura ad un concetto astratto e storicamente più occidentale, ai valori cioè dello “spirito”.

In un avvolgente allestimento, che pone le loro opere a confronto, in una sorta di serrato dialogo tra personalità comunque ben distinte (e diverse tra loro), Jia Aili, Qiu Anxiong e Qiu Xiaofei intrecciano i loro discorsi in una comunicazione complessa, che si offre a letture e decifrazioni che si affidano alla sensibilità di ciascun visitatore, il quale saprà arricchire ulteriormente la mostra di significati e di stimoli emotivi.

Sui finestroni della sala San Tommaso sono stati allestiti i video di Qiu Anxiong: volti in bianco e nero di persone che si susseguono e si dissolvono in quelli di altre, come ad indicare un senso di smarrimento e di perdita di identità. L’artista, nato nel 1972 a Chengdu, capitale della provincia di Sichuan nel sud-ovest della Cina (vive a Shanghai) lavora con film, animazione e disegno, spesso combinando queste discipline per creare installazioni multimediali,Qiu has developed a distinctive and inimitable visual style that draws upon traditional Chinese scroll painting, landscape and ink-and-brush painting techniques. ha sviluppato uno stile originale che attinge alla pittura tradizionale cinese, usando inchiostro e pennello, per raccontare il trascorrere di un tempo, sia reale che inventato, creando immagini, chiaramente delineate in una affascinante cornice narrativa, che rappresentano l’inquietudine e l’assurdità di un uomo schiacciato dal degrado ambientale e dalla disgregazione sociale.

Qiu Xiaofei (nato nel 1977 a Haerbin nel nord-est della Cina) punta invece sull’autobiografismo, mettendo a nudo una parte intima e privata della sua vita e della sua famiglia. In una cassa enorme ricrea quella che era la sua stanza da bambino e vi posiziona in fondo due televisori: in uno viene proiettato un video della madre, realmente afflitta da schizofrenia, mentre nell’altro schermo, l’artista, travestito con gli abiti materni, recita gli atteggiamenti folli della sua malattia. La sua pratica artistica, che comprende pittura, pittura-scultura tridimensionale e installazioni, è rivolta in gran parte ad indagare il rapporto tra memoria e storia, la natura soggettiva del vissuto e soprattutto dell’infanzia, il tema stesso della percezione, ma vi affiora tutta la complessità e difficoltà di tradurre in pittura ricordi lontani ed immagini immaginate. Qiu Xiaofei expands these explorations in his sculptural paintings, which involve objects, usually toys or memories from an era already past, sculpted out of fiberglass and plastic and then painted over, lending them an altogether painterly appearance. I suoi dipinti e le sue sculture hanno però un approccio ironico nei confronti del passato, che ne risulta a volte stravolto, come a dire che la percezione di cose lontane non è che l’illusione di farle rivivere; mentre nelle sue installazioni più recenti premono temi più ampi, come l’indagine sul potere, sul condizionamento dei media e sulla complessità sociale, rivissuti in maniera surrealistica.

Jia Aili (Pechino, 1979) propone una pittura piuttosto cupa; le sue tele offrono scenari surreali, proiezione di una dimensione onirica, densi delle paure e delle inquietudini che affliggono l’uomo contemporaneo, che appare vulnerabile, incerto di fronte ad un futuro che ha sempre più i colori del “menglong”, cioè di una oscurità in cui è impossibile orientarsi, in cui però sembra cogliersi l’auspicio che Gu Cheng, esprimeva nei suoi versi (“La notte nera mi ha dato occhi neri, ma li uso per cercare la luce”). Nel suo lavoro Jia Aili utilizza una tavolozza dei colori tenui e la pennellata veloce, rievocando le emozioni e lo stato di “disorientamento” da lui fortemente sentito in una società in via di sviluppo; la sua carica emotiva e il suo intenso lavoro riflettono sulla propria avventura esistenziale la mancanza di certezze sia sul fronte individuale che collettivo. Attraverso lo scenario offerto dai suoi dipinti, egli racconta con ricchezza di sfumature stati d’animo strettamente privati che a suo avviso dovrebbero essere comprensibili a tutti; Jia Aili wants viewers to feel the anguish and isolation that engulfs his painted world: at least to step out or their worlds for a moment and experience his. Jia Aili vuole far condividere ai destinatari delle sue opere l’angoscia e l’isolamento che avvolge il suo mondo dipinto. La sua riflessione artistica è, dunque, più in generale, sulla “condizione umana”, in quanto tale. Anche se la natura mutevole della vita quotidiana nel suo paese, e la sua esperienza individuale in questa società in rapida modernizzazione non possono che acuire in lui la consapevolezza e l’urgenza di essere comunque pienamente partecipe del proprio ambiente.