Arte e Critica Anno 17 Numero 68 settembre - novembre 2011
Il Mediterraneo torna ad essere un argomento caldo in tutti i sensi. Argomento di geopolitica, sociologia, economia e adesso anche di design. Da qualche anno l’attenzione al “design mediterraneo” è stata ridestata dal magazine on line “PAD” (acronimo di Palermo Design) che circa tre anni fa ha fondato un osservatorio intercontinentale che documenta le evoluzioni del design nei paesi dell’area mediterranea.
Mentre continuano le lotte politiche di liberazione in Libia e Siria, dopo gli esiti della ribellione in Tunisia e in Egitto, e i continui esodi di profughi dalla Tunisia verso l'Europa, dalla Siria alla Turchia, dal Libano a Tunisi, in Italia “PAD” si interroga su quanto il Sud sia ignoto al Nord: come capire cosa sta realmente accadendo?
Per il focus sull’argomento, il magazine on line è stato selezionato dall'Osservatorio permanente per il Design Italiano ADI (l’Associazione per il Disegno Industriale) e pubblicato nell’annuario ADI Design Index 2010, ed era presente nella mostra Unicità d’Italia che si è tenuta a Roma nel complesso della Pelanda (la sede del MACRO) al Testaccio, tra i 400 progetti che concorrono all’assegnazione del XXII Compasso d’Oro.
I progetti selezionati nella seconda edizione del concorso Mediterranean Design, che viene organizzato annualmente da “PAD”, sono stati esposti lo scorso aprile nella sede del Disseny Hub Montcada di Barcellona, un delizioso piccolo museo e centro di ricerca sul design, in un evento organizzato da ADP, l'Associazione di Professionisti del Design di Barcellona, in collaborazione con “PAD”. L’evento, comprendente oltre alla mostra dei progetti e dei prototipi selezionati la cerimonia di premiazione dei vincitori del concorso e un convegno sul tema del design mediterraneo, ha visto una numerosa partecipazione di giovani designer provenienti dai diversi paesi della costa nord e di quella sud del Mediterraneo. Accanto all’indiscutibile predominanza di italiani, c’erano progettisti provenienti da Malta, Turchia, Spagna, Francia, Portogallo, Israele, Marocco, Libano e Croazia.
Come ha affermato Anna Calvera, presidente dell’ADP e membro del comitato scientifico di “PAD”, l’evento non ha solo a che vedere con il fatto che il Mediterraneo sia un argomento caldo; né che i paesi di quest’area in via di sviluppo siano parte dei programmi politico-economici in riconoscimento del loro valore di mercato; né solo con la volontà di rivalutare questo luogo, che con l'emergere del terrorismo globale è diventato confine tra due civiltà in conflitto, tanto da farlo divenire paradossalmente luogo di villeggiatura per la terza età in quanto portatore di una serie di qualità che vanno dal clima ottimale ai ritmi slow, dall’accoglienza della sua gente all’amenità dei suoi luoghi. Il senso dell’operazione sta nel fatto che la realtà attuale del Mediterraneo rappresenta per i progettisti una sfida da non mancare per l’evoluzione socio-culturale di un’ampia parte del mondo.
Il concorso Mediterranean Design ha in effetti l’obiettivo di incoraggiare i progettisti a prestare attenzione a ciò che sta cambiando ed evolvendo in maniera veloce. Oggi, piuttosto che dare forma ai prodotti, è importante sfruttare le capacità del design nell’esplorare "le opportunità di innovazione, le visioni di design capaci di proporre diverse configurazioni di attori e risorse che creino valore", in breve, di andare avanti, di immaginare nuovi scenari e di valutare gli stili di vita, tendenze e individuare il modo di soddisfare la progettazione in grado di "cogliere i cambiamenti socio-culturali in corso e tradurli in un progetto".
È interessante notare che i progetti che hanno partecipato al concorso Mediterranean Design presentano un immaginario vivo, dinamico, in movimento che esalta la bellezza della natura dei luoghi e la incorpora in prodotti dal linguaggio nuovo.
Alcuni dei progetti colgono concrete possibilità per l’evoluzione dei sistemi produttivi locali, ancora fecondi per la realizzazione di prodotti che usufruiscono delle risorse sia naturali che culturali; tra questi vi sono ipotesi di attività produttive che utilizzano le capacità tecniche artigianali ancora esistenti e le realtà semi-industriali, e su questa base propongono nuove forme di auto-produzione che caratterizzano fortemente il prodotto; ipotesi di oggetti unici e fortemente caratterizzati da processi produttivi low, che permettono la sperimentazione e la commistione di materiali industriali e scarti della natura, come nel caso del progetto RAWtation dell’israeliano Adi Zaffran Weisler che ha sperimentato un processo produttivo per la produzione di piccole serie di arredi con una nuova estetica, integrando l’organico vegetale e l’inorganico sintetico.
Alcuni progetti si focalizzano sulle potenzialità collegate alla valorizzazione dei beni culturali per la progettazione di prodotti e servizi per il turismo sostenibile, culturale ed eno-gastronomico, e alla comunicazione tra le diverse culture; altri capitalizzano la sensibilità dei designer per sviluppare, attraverso artefatti comunicativi, la consapevolezza sociale su temi politici e su problematiche emergenti come l’inquinamento dei mari, lo sfruttamento eccessivo e incontrollato delle risorse naturali marine, che sta causando la scomparsa di molte specie marine e annientando le biodiversità caratteristiche dei nostri mari.
Altri progetti cercano di dare risposta a problemi contingenti che le nazioni e le popolazioni devono affrontare quali, ad esempio, il primo soccorso e l’accoglienza dei profughi provenienti dai paesi dell’Africa che sbarcano nelle coste del Sud dell’Europa o come la richiesta di risorse idriche potabili.
Mentre a Izmir, in Turchia, ci si prepara al II Simposium internazionale su design e agricoltura, il vincitore del I Premio Mediterranean Design per la sezione product, il designer italiano Alberto Guarriello, ha progettato Myshade, un dispositivo ideato per alleviare la dura vita dei lavoratori nei campi nei paesi caldi, d’estate: un parasole che si indossa per proteggersi dai cocenti raggi solari e per avere un sollievo alle alte temperature, grazie ad un sistema di ventilazione che si aziona usufruendo dell’energia solare captata e trasformata da un rivestimento in materiale fotovoltaico flessibile, integrato a microbatterie al litio.