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AI MAGAZINE Anno 7 Numero 62 estate 2013



Il nastro Giallo

Gian Ruggero Manzoni



a photography and CONTEMPORARY cultures’ mag.


SOMMARIO N.62

part 1

10 Art News | Leoni
11 Cover story | Bifolchi
12 Il senso dell’'arte |
di Gian Ruggero Manzoni
13 Sulla Tecnica | Zanchetta
14 Face2face#01 | Marinetti
15 Ask&answer#01 | Rossi
16 Face2face#02 | Conti
17 Art Project | De Luca
German collection | Croci
18 Archivi contemporanei | Belloni
Maestri | Rossi
19 Identikit | Schiller
20 Qui Arte | De Luca
21 Ask&answer#02 | Salvadori
22 Ask&answer#03 | Campbell
23 Andar per mostre | Al Fayed
24 RE-think | Mayer
25 Short story | Campbell
26 Photoproject#01 | Fiori
27 Photoproject#02 | Fiori
28 Photoproject#03 | Onofrio
29 Event's planner | Caffe'
30 Portfolio

part 2
38 Musthave#01_Merlino
39 Musthave#02_Goss
40 Iperdesign_Castellazzi
41 Musthave#03_Merlino
42 Italians do it better_Gelsomini
43 Italians do it better_Ferretti
44 Cultura del fare_Alessi
45 Orizzonti architettonici_Antonioni
46 Archistar_Castellazzi
47 Lo sapevate che_ Magnanelli
48 Jap Report_ Dionisio
Viaggio in Italia_Brigati
49 Nice Philosophy_Di Caro
50 I think-tech_Marconi
Wr-ite_Bonfiglioli
51 Camera oscura_Tessadori
52 Un libro in passerella
53 Pellicole_Apolloni

part 3
53 English texts | Charlton
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Franz Marc
- Little Yellow horses
Museum Folkwang, Essen

Franz Marc
- Dog living in the snow
Museum Folkwang, Essen

Franz Marc
- Horse in the landscape, 1910,
Museum Folkwang, Essen

Forse non molti sanno che prima di prendere il nome di Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro o Il Cavaliere Blu), il gruppo di artisti espressionisti formatosi a Monaco di Baviera nel 1911, composto da Vasilij Kandinskij, Marianne von Werefkin, August Macke, Alexej von Jawlensky, Paul Klee e Franz Marc avrebbe potuto chiamarsi Der Gelbe Reiter, come suggerì appunto Marc agli altri membri della compagine, poi passò, in fase decisionale, il colore azzurro spirituale di Kandinskij, e Marc accettò la scelta dell’amico, seppure non convinto fino in fondo, considerando il colore giallo, già di suo, simbolicamente spirituale al pari dell’azzurro o del blu cielo.

Ma perché questo amore di Marc per il giallo?
Franz Marc nacque a Monaco di Baviera l’8 febbraio 1880 e morì a Verdun il 4 marzo 1916, dove cadde in combattimento, appena promosso tenente della riserva dell’esercito tedesco, in cui si era arruolato volontario allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. La madre di Marc, Sophie Maurice, di origini alsaziane, era una fervente calvinista e quando partorì, pose, annodato sulla culla del suo bambino, un nastro giallo, per lei simbolo della conoscenza, dell’energia, dell’immaginazione creativa divina, della espressività guidata dalla mano di Dio, della gioia. Franz, una volta cresciuto, venuto a sapere del nastro (che per tutta la durata della sua breve vita lo seguì, là dove si recava, accuratamente ripiegato nella sacca di cuoio che con lui portava) fu molto colpito da questa sorta di “battesimo” casalingo, poi sempre si ricordò di un maglione giallo che la madre gli aveva confezionato, lui dodicenne, lavorando ai ferri, e di un cavallino di color giallo, giocattolo in carta pesta, regalatogli dal padre, che Marc definì “il mio angelo giallo”. Anche da ciò l’idea, adolescenziale, di divenire pastore calvinista, per poi passare dallo studio della teologia a quello della filosofia, per infine approdare all’Accademia di Belle Arti di Monaco e infine dedicarsi totalmente alla pittura. Ed è bello pensare come certi piccoli particolari, legati a un familiare, a un quotidiano, possano avere inciso sulle scelte creative di alcuni grandi artisti, andando a sottolineare, per l’ennesima volta, come l’arte sia vita e la vita, arte.
L’amore per il colore giallo prese ulteriore forza quando Marc, nel 1903 e nel 1907, recatosi a Parigi, incontrò l’arte di Van Gogh e quella di Gauguin e poi, negli anni successivi, quella di Chagall, che da poco si era trasferito nella capitale francese.
Di Van Gogh non poté che apprezzare, appunto, l’uso dei gialli, di Gauguin il famoso Cristo Giallo e di Chagall come il giallo andava a dare forma a certi suoi personaggi visionari. Ma fu nell’uso tecnico di quel colore che Marc prese distanza da quei suoi punti iniziali di riferimento, così come nel formulare figure, spazi e forme e nell’intendere la poetica del rappresentato… quella poetica che poi divenne la sua caratteristica più originale.
Gialli furono certi suoi cavalli, tigri, mucche, gatti, cani, case, cuscini, coperte, piante, sfondi, spaccati di paesaggio, nonché trame e tessere oltremodo importanti nella sua pur breve produzione astratta.
Se per Franz Marc l’animale divenne metafora di purezza, bontà e innocenza, e gli occhi degli animali mezzo per indagare la natura che ci circonda, egli teorizzò che l’uso dei colori non doveva sottostare a come gli stessi risultano in luce, ma in base alla luce loro intrinseca; così come il giallo, che lui, per gentilezze e soavità, ritenne proprio del femminile, e il blu, colore del maschile, dell’elevazione, della volontà nel credere, dovevano sempre andare ad attenuare, se non combattere, la pesantezza, la brutalità, la compressione e il demoniaco che in sé il rosso racchiude.
Il giallo è anche il colore della fertilità, del sole, della regalità, della vitalità e chi lo predilige tende, di continuo, al cambiamento e alla ricerca del nuovo.
Franz Marc, giustamente, sosteneva che era la tinta che emana le maggiori vibrazioni e, assieme al verde, è il colore che più facilmente viene percepito dall’occhio umano, così che in natura veniamo colti da infinite gradazioni di giallo, come di verde.
Forse anche per questo è il colore che si associa a un’identità ben radicata, sicura, a una personalità forte, seppure attenta nel percepire le tante sfumature che compongono l’altrui esistenza.
Per Marc, in primo luogo, era il colore della redenzione, di una sorta di ritrovato Giardino dell’Eden, la tinta che simboleggiava il Cristo, quella della crescita spirituale e dello sviluppo di un’autonomia e di una libertà intellettuale, accrescitiva e fortemente creativa, che non può mancare nell’artista che pone il sacro e l’energia, in eterna apertura, come motivazioni fondamentali del suo agire.