AI MAGAZINE Anno 7 Numero 63 autunno 2013
Esiste una forza vitale che sfugge al raziocinio ed entra nel mondo dell’inconscio, del dionisiaco.
Una forza cara agli Dei e che, dagli Dei, viene trasmessa all’uomo quale virtù, ma anche come pena. Tale componente ha il colore del sangue, e nell’antichità era, in particolare, riconducibile a Marte.
Si alimenta col desiderio, porta al divorare le esperienze, alla ricerca costante del potere, al bisogno imperituro di vittoria, al lottare per questa, alla soddisfazione dovuta alla possibile conquista.
Quella forza ha il colore rosso rubino.
La facoltà di raggiungere quei traguardi deve però superare la Paura, da un lato frutto dell’istinto e dello spirito di sopravvivenza, dall’altro dal cognitivo, dallo studio logico delle situazioni, oppure dall’indole, dal carattere. Sì, la Paura, componente che spesso sfugge sia alla dimensione naturale sia a quella analitica.
Del resto il termine “paura” viene utilizzato per esprimere sia un’emozione attuale che un’emozione prevista nel futuro, oppure una condizione pervasiva ed imprevista, o un semplice stato inspiegabile di preoccupazione e di incertezza. Così l’esperienza soggettiva, il vissuto fenomenico della paura, è rappresentata da un senso di forte spiacevolezza e da un intenso desiderio di evitamento nei confronti di un oggetto o di una situazione giudicata pericolosa.
Altre costanti dell’esperienza della paura sono la tensione che può arrivare sino all’immobilità (l’essere paralizzati dalla paura) e la selettività dell’attenzione a una ristretta porzione dell’esperienza.
Questa focalizzazione della coscienza non riguarda solo il campo percettivo esterno, ma anche quello interiore dei pensieri che risultano statici, quasi perseveranti. La tonalità affettiva predominante nell’insieme risulta essere negativa, pervasa dall’insicurezza e dal desiderio di fuga.
Ma da dove nasce la Paura? Dai risultati di molte ricerche si è giunti alla conclusione che potenzialmente qualsiasi oggetto, persona o evento, può essere vissuto come pericoloso e quindi indurla. La variabilità è infinita, addirittura la minaccia può generarsi dall’assenza di un evento atteso e può mutare da momento a momento, anche per lo stesso individuo.
Essenzialmente la paura può essere di natura innata oppure appresa. I fattori fondamentali risultano comunque essere la percezione e la valutazione di uno stimolo come pericoloso o meno.
Quindi chi sceglie il rosso rubino come colore guida manifesta apertamente la volontà di non essere vittima di alcun terrore. La volontà di superare l’ansia o l’angoscia dovuta a uno stato costrittivo, per divenire libero e padrone di sé.
E ciò anche in campo erotico, amoroso, sessuale in genere, o mistico… anche se questo potrebbe sembrare in antitesi con le “materialità” prima enunciate, ma la dedizione all’elevazione spirituale è anch’essa un superamento della Paura, uno spingersi anima e corpo verso un assoluto, verso un totale coinvolgimento, verso una scelta da considerarsi estrema.
Infatti rosso rubino, nella nostra tradizione Occidentale, è anche il Sacro Cuore di Gesù, la cui devozione si ampliò nel corso del XVII secolo prima a opera di Giovanni Eudes (1601-1680), poi per le rivelazioni private della visitandina Margherita Maria Alacoque, propagate da Claude La Colombière (1641-1682) e dai suoi confratelli della Compagnia di Gesù, e dalla beata Maria del Divin Cuore, contessa Droste zu Vischering, donna dotata di doni mistici che ispirò Papa Leone XIII a promulgare l’enciclica Annum Sacrum, tramite cui si effettuava la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù.
Ma tornando alla Paura che, come il superamento della stessa, vive il colore rosso rubino, non mi può che sovvenire al quadro di Sandro Chia Atteone sbranato dai cani, in cui il soggetto rappresentato si accende di quella tinta nell’attimo in cui comprende che una morte tremenda lo sta per cogliere (ed ecco la pena che, come contraltare della virtù, germoglia e ridà alle varie componenti che ci caratterizzano come specie il giusto equilibrio, quella coniuctio oppositorum che ci rende, appunto, umani e non divini).
Secondo il mito, nel corso di una battuta di caccia, Atteone provocò l’ira di Artemide o Diana, quando la sorprese mentre faceva il bagno insieme alle sue compagne all’ombra della selva Gargafia.
Il caldo estivo, infatti, l’aveva indotta a riporre le vesti e a rinfrescarsi interrompendo la caccia. La dea, per impedire all’uomo di proferire parola riguardo quello che aveva visto, trasformò il giovane in un cervo, spruzzandogli dell’acqua sul viso. Atteone si accorse della sua trasformazione solo quando, scappando, giunse a una fonte dove poté specchiarsi.
Intanto il cacciatore venne raggiunto dalla muta dei suoi cinquanta cani, resi furiosi dalla stessa Artemide, i quali, non riconoscendolo, sbranarono il loro padrone. I cani, una volta divorato Atteone, si misero alla sua ricerca in tutta la foresta, riempiendola di dolorosi lamenti.
Perciò rosso rubino quale premio di una vita all’insegna del superamento della Paura, tramite, appunto, il coraggio, ma, anche, rosso rubino quale significato di una colpa, quale colore indicante l’incapacità dell’uomo di accedere, pienamente, all’Olimpo, sebbene tale desiderio continui a macerarlo, seppur dandogli sprone.
Possibilità e impossibilità, e che altro destino per noi umani?