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Juliet Anno Numero 91 febbraio '99



La rinascita del Sud

Enrico Pedrini



Art magazine
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Opere di Cédric Teissèire e Natacha Lesueur, courtesy Neon


La Station de Nice sta diventando un luogo e una situazione sempre più conosciuti all'interno del mondo dell'arte e i promotori di questa particolarissima iniziativa sono ormai dei personaggi che esercitano una credibilità degna di attenzione.
La rinascita di Nizza, della sua storia e delle sue proposte innovative appare oggi come una ventata di novità culturale che risponde a un ritrovato interesse verso una nuova etica comportamentale. La posizione geografica della città, al centro del Mediterraneo, favorisce questo suo ruolo di interattività fra più culture e trova nello spazio della "Station" il sito di questa rinnovata attitudine alla sperimentazione. Certamente ha contribuito a favorire quest'atmosfera di fiducia nel futuro e a costruire l'arrivo di nuova energia ed attitudine per la ricerca, il centro informatico universitario di Sophia Antipolis, a pochi chilometri da Nizza, che in pochissimo tempo ha creato le condizioni al formarsi di nuove attività intorno all'università. Infatti la riconversione economica di una regione e la rapida espansione dell'economia accrescono per osmosi la modellizzazione di nuovi linguaggi per l'arte, in quanto l'incremento produttivo agevola di pari passo l'evoluzione della cultura e delle idee, che a loro volta configurano "nuove visioni del mondo". Non è fortuito che Ben Vautier abbia sentito l'esigenza di aprire a Nizza un nuovo spazio dal nome "Le centre du Monde" (facendo in questo modo anche un po' il verso a Piero Manzoni).
Il nome "La Station" deriva appunto da un centro di rifornimento di benzina per autovetture ormai in disuso, situato nel cuore della città in una delle sue strade più frequentate (boulevard Gambetta al numero 26) e si presenta come uno spazio ampio, composto da due grandi sale espositive e da una seconda parte usata dagli artisti come luogo di produzione. Un vero centro di pura ricerca situato in una delle città più creative e ricche di storia dell'arte di questo secolo in Europa. Gli artisti che hanno promosso quest'iniziativa hanno compreso che in determinati momenti storici come quello attuale, povero di fronti linguistici e ideologici, la produzione solitaria che afferma un proprio segno, come formalizzazione specifica di una poetica, non è più garanzia sufficiente per carpire l'attenzione del sistema. Tali operatori, in un frangente che non ha più la possibilità di registrare con puntualità i momenti più salienti dei fronti paradigmatici del sapere e registrarli come storia, hanno capito che per affermare la loro permanenza nel sistema dell'arte, devono trasfomarsi in un "sistema di resistenza". Di qui la necessità di riconoscersi in un termine che denoti un luogo ben preciso e geograficamente circoscritto, capace di superare la dispersività del mondo dell'arte che sta ormai diventando autonomo, in quanto le forme e le modalità di stile si sono ormai slegate tra loro allontanandosi dai propri referenti, per assumere una totale indipendenza da ogni storia lineare, positivista e strettamente cronologica. Per ottenere quindi un sempre maggior ascolto e produrre comunicazione, essi hanno trasformato questo spazio in un vero e proprio "sito geografico di linguaggi" dove, accanto alle proprie opere, producono eventi di interazione fra più lavori artistici.
Mediante questa loro operatività pubblica ed espositiva essi sviluppano nei fruitori una curiosità e una tensione favorevoli verso i propri percorsi personali, che vengono letti con attenzione. Infatti la professionalità e l'abilità riconosciute generano stima e considerazione. L'autorevolezza nasce appunto dal grado di coinvolgimento che si instaura fra più individui che si ascoltano e si osservano comunicando.
Un po' di storia: I fondatori di questo centro di sperimentazione sono stati: Cédric Teissèire, Pascal Broccolichi e Florence Forteret. La volontà di far nascere un luogo di incontro, di informazione e produzione di arte è stata patrocinata da questi operatori, sia per il desiderio di continuare e far rinascere, attraverso un centro di divulgazione, la tradizionale presenza di creatività artistica per le vie della città (vedi il negozio di Ben Vautier negli anni '60), sia per visualizzare le ricerche più radicali di molta parte della Francia.
L'attività di questo centro è iniziata con la mostra 'Starter' il 13 Aprile del 1996 con la presenza di: Enzo Barnaba, B.P., Pascal Broccolichi, J.M.Chatelain, Marc Chevalier, Bèatrice Cussol, Jean-Robert Cuttaïa, Bertrand Lavier, Ingrid Luche, Philippe Mayaux, Philippe Perrin, Pascal Pinaud, Philippe Ramette, Bruno Serralongue, Jeanne Silverthorne, Cédric Teissèire. Tale mostra voleva evidenziare il rapporto esistente tra l'arte ed il mondo dell'automobile e della meccanica, come nel lavoro dei B.P. o in quello di Pascal Pinaud, che usano l'olio di lubrificazione dei motori, o in quello di Lavier che espone pannelli di segnalazione autostradale. Nel Marzo del 1997 si è svolto in questi locali un concerto con Cosima von Bonin. Il programma dello spazio è molto ricco di avvenimenti e di mostre, durante i quali i lavori di molti artisti vengono messi in interazione fra loro e in presa diretta con le realtà che vogliono rappresentare. Tra le numerose esposizione sono da ricordare quella di Jean Marie Chatelain e quelle di Ivan Lassère, Ludovic Lignon e Christophe Arnoux (Novembre 1996) e "Les 10 jours de l'Art Contemporain" ( 20-30 Aprile '97), dove Ben Vautier ha fatto un'istallazione nel parking della Station di opere di artisti in vendita al pubblico.
Il gruppo della Station ha promosso recentemente a Bologna un'interessante esposizione dal titolo 'Dolce Vista' che si è svolta contemporaneamente alla Galleria Neon e nelle due grandi sale dell'edificio "La Salaria". Tale mostra voleva appunto testimoniare la particolare vivacità linguistica di molta arte francese, che sta trovando in questo preciso momento nel Sud della Francia il proprio luogo di riferimento e di azione. Gli artisti Cédric Teissèire, Pascal Broccolichi, Jean-Robert Cuttaïa, (veri e propri coordinatori della Station) con Pascal Pinaud e Marc Chevalier stanno diventando i grandi promotori di una rinascita dell'arte transalpina che trova nella città di Nizza, nell'Espace de l'Art Concret al Castello di Mouans-Sartoux, presso la Galleria Camus di Col de Loup, al Centro Villa Arson, nella Galleria Vigna, ecc. i luoghi di incontro e di scambio delle nuove problematiche che animano il contesto dell'arte nella vicina Costa Azzurra.
Accanto alle loro opere disseminate nei tre spazi espositivi, sono state esposte nella rassegna i lavori di Jean-Baptiste Ganne, Olivier Imfeld, Natacha Lesueur, Ludovic Lignon, Ingrid Luche, Maxime Matray e Stéphane Steiner. L'insieme della manifestazione ha messo in luce nelle sue articolazioni un clima del tutto inedito di leggerezza e freschezza linguistica che ha creato un'atmosfera di attenzione e di sorpresa in grado di generare una situazione creativa di grande impatto visivo. Attraverso le istanze di una rinnovata operatività, tale attitudine evidenzia le condizioni e le emergenze che si producono e si formalizzano dai rapporti di relazione e interazione fra le modularità soggettive e personali e la complessità del mondo che le circonda. Certamente questa esigenza relazionale va oltre la possibilità dell'autoreferenzialità dell'opera stessa, per spingersi verso una processualità creativa capace di costruire procedimenti accrescitivi di nuovi rapporti sociali. Attraverso questa modalità che allarga il proprio campo di azione, l'artista può così realizzare un'istanza liberatoria e decongestionante che lo rende capace di creare nuove frontiere mai prima esplorate.
Il titolo della mostra "Dolce vista" stava appunto a specificare il pragmatismo di un progetto che voleva essere "soffice", in quanto portava nell'arte "la fissità codificata degli oggetti quotidiani che sono stati svuotati della loro concretezza", a causa del frenetico sviluppo della tecnologia e dalla medialità. Questo tipo di arte che si esprime attraverso l'assemblaggio, il riciclaggio e l'atto sostitutivo e che esiste in quanto è capace di muoversi tra le varie soggettività creative in campo, visualizza configurazioni linguistiche che non sono legate a valori di profondità, bensì a quelli di superficie. Attraverso l'astrazione computerizzata dei reperti del reale, l'arte trova ancora il fondamento di una nuova lettura dell'esistente che ci viene restituito dall'arte stessa non come spiazzamento e riqualificazione dell'oggetto, ma come "relazionabilità" e "interazione continua". Si apre così un numero enorme di possibilità d'azione e di lettura promosse da una "vista dolce" dell'atto creativo che assume in sé le possibili trasformazioni del quotidiano.