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Flash Art Italia (1999 - 2001) Anno 33 Numero 221 Aprile-Maggio 2000



Douglas Gordon

Claire Bishop

Ehi, Dici a me?



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Through a Looking Glass,1999.Videoproiezione

Déja-vu, 2000. Videoproiezioni

Left is Right and Right is wrong and Left is Wrong and Right is Right, 1999. Videoproiezione

Douglas Gordon: Avevo sentito parlare di Taxi Driver per molti anni prima che mi decidessi a vederlo. E avevo sentito quel monologo centinaia di volte: gli studenti lo recitavano alle feste; nei bar e nei club di Glasgow avevo visto quel tipo di scena dal vivo, quando un tizio magari
guarda storto qualcun altro. È piuttosto facile guardare qualcuno nel modo sbagliato e allora ti dicono cose tipo: "Che cazzo guardi?". Alla fine ho noleggiato il film e ho continuato a rivedere quella scena. Da qualche parte avevo letto un articolo che diceva che il monologo era stato completamente improvvisato. Quindi ho comprato la sceneggiatura e ho controllato tutta la scena: era vero, se l'era inventata De Niro. In un certo senso il monologo era già scollegato dal film. Inoltre in quel periodo non facevo che ascoltare colonne sonore. Mi interessava soprattutto la musica di Bernard Herrmann. Nella colonna sonora di Taxi Driver c'era anche il monologo di De
Niro: continuavo a riascoltarlo, a volte quasi inconsciamente. Alla fine deve aver lasciato un segno.

Il passo seguente è stato mettersi a guardare la sequenza nello stesso modo in cui avevo ascoltato la musica. Ciò che mi affascinava davvero era che fosse una scena allo specchio, nella quale lo specchio non si vede mai. Per qualche ragione, gli spettatori e il regista danno per scontato che di fronte a De Niro ci sia uno specchio, anche se sappiamo benissimo che sta parlando con una macchina da presa. La scena sospende l'incredulità dello spettatore. Dopo un po' ho iniziato a guardare la sequenza come se fosse stata uno specchio di se stessa. La durata della scena è di circa 70 secondi: in Through a Looking Glass le due proiezioni partono assieme, perfettamente sincronizzate. Quindi, a poco a poco, un'immagine si allontana dall'altra: all'inizio è uno scarto quasi impercettibile, di un solo fotogramma, un venticinquesimo di secondo.
Lo scarto successivo è di due fotogrammi, quindi quattro, e poi otto, sedici, trentadue, sessantaquattro ecc. Quando lo scarto arriva a 512 fotogrammi, a poco a poco le due sequenze si
risincronizzano. Ci vogliono altri trenta minuti prima che le due immagini si sintonizzino e ricreino l'effetto di riflesso speculare. In tutto la proiezione dura un'ora. Naturalmente tutti
questi sono aspetti secondari rispetto all'idea principale del video: ciò che mi interessa davvero è che la violenza della scena non c'entra con la pistola, ma risiede nel monologo tra due sé divisi. Qualsiasi soliloquio ha in realtà un pubblico: c'è sempre un'audience, anche quando stai recitando per te stesso.

Claire Bishop: La psicoanalisi lacaniana ha riflettuto molto sulla fase dello specchio, il momento in cui la percezione del proprio corpo non corrisponde all'immagine riflessa. Il soggetto diviso è
al centro di altri lavori come A Divided Self e Confessions of a Justified Sinner... È un aspetto che ti interessava sondare anche in Through a Looking Glass?

D.G.: Sì, il tema è simile, ma in Through a Looking Glass succede qualcosa di diverso a causa della disposizione delle immagini. Negli altri video, l'immagine speculare era disposta accanto a
quella originale, di lato; in quest'ultimo lavoro invece lo spettatore si trova proprio al
centro dello specchio. È come stare in un luogo sospeso tra la superficie dello specchio e la superficie di vetro. È da qui che deriva la citazione da Lewis Carroll.

C.B.: Alcuni critici hanno spesso fatto riferimento al tuo desiderio, da bambino, di scoprire cosa si nascondesse dietro lo schermo cinematografico. Le tue opere si distinguono da quelle di molti artisti video proprio perché tu permetti sempre agli spettatori di girare attorno agli schermi, di vederli da qualsiasi angolazione.

D.G.: Sì, ho sempre cercato di installare gli schermi come se si trattasse di sculture, per poter rivelare i meccanismi della visione. Forse è un modo per decostruire la magia del cinema, pur conservandone l'aura. Non sarà più quella magia che ci affascinava da bambini, ma è comunque una
forma di incantesimo.

Claire Bishop è critica d'arte. Vive e lavora a Londra.
(versione parziale) Traduzione di Massimiliano Gioni

Douglas Gordon è nato nel 1966 a Glasgow dove vive e lavora.
Principali mostre personali:
1994: Lisson, Londra; 1995: Jack Tilton, New York; 1996: Centre Pompidou, Parigi; Walcheturm, Zurigo; 1997: Tate Gallery, Londra; 1998: Kunstverein, Hannover;
1999: Gagosian, New York; Dia Center, New York; The Atlantis, Londra; Kunstverein, Colonia; 2000:
Musée d'Art Moderne de la Ville, Parigi.

Principali mostre collettive:
1995: Biennale di Corea; 1996: Traffic, capc, Bordeaux; Manifesta 1, Rotterdam; Biennale di Sidney; 1997: Skulptur. Projekte, Münster; Biennale di Lione; Biennale di Venezia; 1998: Biennale di Berlino; 1999: DIA Center, New York; Cinema Cinema, Stedelijk Van Abbemuseum, Eindhoven;
Histories of the Present, Lenbachhaus, Monaco; Biennale di Venezia.