Juliet Anno Numero 100 novembre 2000
diario di un poeta nel Brasile d'oggi
San Paolo
È una città difficile, ma affascinante, che tutto ingloba e tutto divora. Quando imbocco l'autostrada che dall'aeroporto conduce al centro, mi vengono sempre alla mente le immagini aeree del passaggio del feretro di Ayrton Senna (qui ancora considerato un Dio), quella folla straripante che omaggiava il suo campione perso. Poi non c'è più tempo per i sentimentalismi, appena spunta quella sventagliata di grattacieli, sai che il ritmo è frenetico, qui c'è il polmone economico del Brasile, tutto molto rapido in questa megalopoli di oltre venti milioni di abitanti, di cui si dice che metà sono italiani e l'altra metà figli di italiani. In effetti non pare di essere all'estero per un italiano, forse la differenza risulta dagli abiti, non dai tratti somatici né tanto meno dai cognomi. Fiore all'occhiello è l'avenida Paulista, vera spina dorsale, un velluto d'asfalto contornato da palazzi con accattivanti soluzioni architettoniche. A me piace qui la consolidata consuetudine che il giorno e la notte sono un tutt'uno, tutto marcia uguale, sempre tutto aperto, sempre traffico, sempre gente nelle strade a qualsiasi ora del giorno e della notte. Proprio lungo l'avenida Paulista, sono stato attratto da una scritta di uno stendardo sventolante, Arte concetual e concetualismos. La mostra di per sé non era granché, tutta di stampo brasiliano, aveva il merito, sicuramente per opera di Walter Zanini, vecchio curatore di Biennali paulistane negli anni Ottanta, di presentare qualche pezzo di poesia visuale e soprattutto di mail art, tra cui due miei autori favoriti Clemente Padin e Romano Peli.
La vera sorpresa è venuta dalla sezione video. In genere sono scettico, non mi aspetto più niente di stimolante dalla video arte, per cui me li facevo scorrere velocemente, quando è comparsa questa signora Léticia Parente, che armata di solo ago e filo nero, per circa dieci minuti, in rigoroso silenzio, si è, lettera dopo lettera, cucita sotto la palma del piede, la scritta "made in Brazil". Questa video del 1975, girato con camera fissa, bianco nero, assume per me un valore fondamentale sia come video-opera che come esempio di body art, e per la forza politica che emana. La sorte vorrà che di lì a pochi giorni, la mia performance a Rio de Janeiro sarebbe avvenuta proprio nel teatro multimediale dell'Università, inaugurato per l'occasione, di cui direttore è André Parente, figlio di Léticia. Durante la nostra cena di lavoro nella sua bella casa di Rio, si è parlato molto di sua madre.
Anch'io mi son fatto prendere, come giustamente mi ricordava Renato Barilli, dal richiamo della foresta, e mi sono immerso in una fitta serie di incontri e appuntamenti di lavoro, il cui unico scopo era raccogliere fondi e impegni per la fondazione di un grande festival biennale che ricordi non solo la sua fugura ma dia continuità al suo lavoro sulla sonorità, giacché (va detto a chiare lettere) lui è stato il primo a parlare di poesia sonora in terra brasiliana, a divulgarla e diffonderla con mostre, programmi radiofonici, incontri televisivi, libri e festival internazionali.
Sostenuto da un efficientissimo Istituto Italiano di Cultura che ha funzionato da perfetta segreteria, son riuscito nell'intento. Per cui, quando pensavo nel dormiveglia del volo di andata che quello era probabilmente il mio ultimo viaggio, mi sbagliavo.
Uno delle istituzioni più sensibili è senza dubbio il Museu da Imagem e do Som (MIS), che ha già ospitato in questa occasione una settimana di proiezione di videopoesia, organizzata a sua tempo da chi scrive con lo stesso Philadelpho. Il MIS si sta rafforzando notevolmente, è un mueso statale, ma è molto cambiato, in meglio, dalla mia ultima visita, un paio d'anni fa. Oltre alla nostra mostra di videopoesia, tra l'altro molto seguita e dibattuta, erano in atto un festival di arte elettronica di tutto rispetto e una rassegna sui corto metraggi.
Le conferenze all'Univeristà PUC, invece, sono state seguite solo dagli studenti, brillava l'assenza dei professori-colleghi. Forse è stato meglio così per sancire la distanza tra l'accademismo polveroso e stantìo e chi, la ricerca la fa davvero sul campo.
Non posso però chiudere questo capitoletto paulista senza menzionare la mia performance che ha concluso la due giorni al Teatro del Centro Culturale di rua Vergeuiro, performance che gli ho dedicato, inserendo pezzi a lui cari.
Il primo Classici spari alla poesia classica per E.A. Poe, Teofilo Folengo, C. Morgenstern e per la Metametrica di Caramuel, si sviluppa attraverso una colonna sonora da me preregistrata che ricalca i tipici ritmi (giambo, trocheo, anapesto, spondeo) della poesia greca, sotto forma di continui
Belo Horizonte
Siamo andati a Belo Horizonte Minas Gerais, con un po' d'appresione perché il giorno prima, un aereo della stessa compagnia con cui viaggiavamo, la VASP, era stato sequestrato da rapinatori dell'aria. Di Belo Horizonte ricordo il rave poetico durato tutta la notte alla discoteca Matiz, davvero una bella nottata, dove non mi sarei mai aspettato che il pubblico da discoteca di un sabato sera fosse così sensibile anche alla poesia sonora. È che le capacità spettacolari della parola orale sono imprevedibili.
Innovativo è stato invece il cosiddetto lancamiento dei nostri CD o CDRom avvenuto in mattinata presso il Cafè com letras, dove, anziché lungheggiarsi in noiose introduzioni critiche, qui la regola è che l'autore pone nella scaffalatura il suo prodotto, poi si siede a tavolino e aspetta che qualcuno si sieda a sua volta per scambiare quattro chiacchere del tutto informali. In questo modo, ho dialogato del più del meno con una sacco di gente, e in un paio d'ore ho venduto una ventina di CD, il che è tutto dire.
Ancora a Belo Horizonte ho registrato uno special di un'ora per la Vereda Literaria, un progrmma di attualità prodotto dalla TVCultura, una emittente nazionale dedita come si evince sin dal titolo, all'arte, allo spettacolo, al teatro alla poesia, ai media... Questo signor Helton Gonçalves de Souza, un vispo, longilineo giovanotto, che si cambiava giacca e cravatta in continuazione, per registrare più puntate (mezz'ora l'una) nello stesso pomeriggio, non ha pari nel nostro paludato sistema televisivo. Intanto era documentatississmo, si era letto tutto sul mio lavoro e mi ha fatto domande come nessun giornalista mi ha mai fatto, stimolante, gli ho regalato in diretta una mia performance. La mia era la puntata n. 312... complimenti signor Helton (che poi in brasiliano si pronuncia Eulton).
Rio de Janeiro
Di Rio ho già detto, anche se amo questa città soprattutto in agosto (il loro inverno), temperatura ideale non oltre i 25 gradi, spiagge semideserte, ma fare il bagno in quella che è la mia spiaggia favorita, Praia Vermelha, è sempre indimenticabile.
A Rio ricordo una colazione di lavoro con due nomi storici del firmamento sperimental-poetico carioca, Alvaro de Sà e la compagna Neide, e Wladimir Dìas Pino, l'inventore del poema processo, l'uomo che sulla scorta di Max Bense ha introdotto la matematica in poesia, spostando l'asse di lettura del poema dal significato al movimento prodotto dagli elementi costitutivi del poema stesso.
Maceiò
Qui si è concluso il ciclo, una ridente cittadina balneare, era quasi estate, avendo lasciato il freddo di San Paolo, e sfiorato la primavera a Rio. Questa città subirà un grande sviluppo nell'immediato, cantieri ovunque, belle, lunghe, assolate spiagge, non a caso la LaudAir ha un volo diretto, per ora settimanale, da Milano. A Maceiò, come in tutte le altre città, siamo stati ben trattati dalla stampa con dovizia di articoli e interviste. Non so se questo o il fatto che per la prima volta i poeti sonori si esibivano nel teatro della città. Risultato che un teatro dalla capienza di 200 posti, è stato preso letteralmente d'assalto, in oltre vent'anni di vagabondaggio poetico attorno al globo, non mi era mai capitato di vedere uno spazio così stipato fino all'inverosimile, qualcosa del genere neanche per quella serata ai primi anni Novanta in un teatro off a Hollywood, che già allora, mi era parsa eccezionale. Un pubblico che sarebbe rimasto lì paziente, estatico, sedotto fino all'alba, un pubblico come direbbe Nanni Balestrini, caldo, reattivo. Non poteva esserci conclusione migliore. Ma non è una conclusione è un arrivederci al maggio del 2001 per la replica, come si addice ai buoni spettacoli.
Enzo Minarelli