Limiti e regole

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Indice :

1 Alfabetizzazione visiva

2 Generazioni

3 Le tre fasi

4 Forme di pensiero

5 Limiti e regole

6 Figurativo e plastico




da: www.coolopticalillusions.com

Uno dei problemi dello scrivere una grammatica della espressione visiva consiste nella continua tentazione di fare riferimento ad una grammatica linguistica.
Bisogna invece immaginarsi qualcosa di totalmente diverso che prende le mosse esattamente dal punto di arrivo, e forse più complesso, di una comune grammatica linguistica.
L'uso delle immagini, infatti, ricorre lì dove troppo difficile e complessa apparirebbe una espressione verbale.

In generale le immagini hanno sempre supplito ad alcune latenze che il linguaggio ha sempre posseduto.
In "Alfabetizzazione visiva" si è distesamente chiarito questo argomento, per cui come spesso accadrà nel corso di questo scritto, rimando alla lettura del secondo capitolo di quel testo, per un approfondimento teorico.
Qui ci basti affermare che quando letteralmente "mancano le parole" o quando troppo complessa aprirebbe la spiegazione verbale di un concetto che pure sembra essere così semplice "nel nostro cervello", allora quello è il momento di ricorrere alle immagini.

Il linguaggio verbale è si un medium che ci aiuta a pensare, oltre che a comunicare, ma sviluppa quella forma di pensiero che abbiamo appunto definito "sequenziale"; mentre, come abbiamo visto, esiste almeno un'altra forma di pensiero, definito "simultaneo". Ci sono dunque una grande quantità di concetti elaborati in maniera simultanea che per secoli sono rimasti non tanto inespressi (perché ciascuno di noi lì ha sempre prodotti dentro di se), ma incomunicati, cioè non trasferiti all'altro e quindi difficilmente condivisi.
Oggi esistono sia gli strumenti, sia le capacità personali, per fare un uso complesso delle immagini, un uso che potremo quasi definire "senza limiti".
E' curioso che i primi studi di linguistica e di semiotica avessero considerato il linguaggio verbale onniformativo, cioè avente la capacità di rendere comunicativo ogni possibile situazione, naturale o artificiale, che si presenti all'uomo, praticamente "senza limiti".
Studiosi come Benveniste e Hjelmslev, ad esempio, avevano ritenuto che non fosse concepibile il pensiero senza linguaggio o il pensiero anteriore al linguaggio. Tuttavia esperimenti sulle modalità di apprendimento di persone nate cieche e sorde, dunque mute, avevano mostrato come esistesse una grammatica mentale non ancora linguistica e cioè non ancora sequenziale.

Voler scrivere una grammatica di un particolare ambito espressivo significa aver ben in mente i confini di tale ambito, ma sopratutto le regole di cui è costituito. Eppure oggi le immagini sono così pervasive, che si ritiene che il loro uso espressivo sia senza limiti e senza regole (otre che naturalmente senza freni!). Quando ad esempio ci capita di osservare montaggi di fotografie o di spezzoni video, proposti in sequenza o simultaneamente sullo stesso supporto - montaggi che magari sono casuali - sembra non esserci alcun criterio, alcuna scelta, alcun intento comunicativo.
Tuttavia qualcuno ha scelto di realizzare quel montaggio, qualcuno ha scelto di esporre delle immagini, qualcuno ha scelto di sistemarle in maniera casuale; se quel qualcuno non ha voluto seguire consciamente delle regola, inconsciamente le ha dovute seguire, per il fatto stesso di comunicare. Questo perché - ritornando a quanto già scritto in "Alfabetizzazione visiva" - non vi può essere comportamento umano, attivo o passivo, cosciente o incosciente, frutto di riflessione o di produzione, che non sia mediato dalla cultura.

La relazione e la comunicazione col contesto culturale è una necessità dell'uomo: è ciò che rende propriamente umano il suo essere nel mondo; intervenire sulla natura, anche semplicemente osservandola, significa umanizzarla, dargli significato secondo le convenzioni di una cultura specifica. Questo bisogno di comunicare determina per ogni individuo un lavoro continuo di relazione; il frutto di questo lavoro non è verificabile soltanto nei manufatti, ma anche nel linguaggio e in tutte le modalità espressive immateriali. Anche quando semplicemente scattiamo una foto, imponiamo il nostro punto di vista, la nostra scelta del momento, il nostro essere lì, in quel luogo a quell'ora a realizzare una immagine.


La relazione col contesto culturale di appartenenza è fatta di regole condivise, di convenzioni, e per quanto esse possano sembrare labili, impalpabili, apparentemente infinite, è su di esse che si basa la possibilità di una comunicazione. Se esistono, allora, possono essere - almeno in buona parte - circoscritte e se ne può descrivere il funzionamento.