Figurativo e plastico

Vai alla homepage di Grammatica dell'espressione visiva

6 di 6

Indice :

1 Alfabetizzazione visiva

2 Generazioni

3 Le tre fasi

4 Forme di pensiero

5 Limiti e regole

6 Figurativo e plastico




Claude Monet,"Il Parlamento di Londra", 1904, olio su tela, cm 81x94, Louvre, Parigi - Nelle opere "impressioniste" è molto evidente una integrazione del piano espressivo figurativo con quello plastico, senza che nessuno dei due prevalga sull'altro

In "Semiotica plastica e semiotica figurativa" (presente nel libro a cura di Paolo Fabbri e Gianfranco Morrone, Semiotica in nuce, Meltemi, 2002, pp.196-210), Algirdas Greimas afferma che, nell’analizzare le immagini, si debbano distinguere due piani espressivi differenti:

1) il piano figurativo, cioè quello che consente di riconoscere in esse gli oggetti del mondo;

2) il piano plastico, cioè quello che permette di ricavare dei significati al di là dell'imitazione della realtà che l’immagine rappresenta (considerandone l'organizzazione di linee, colori, spazi).

Questa distinzione tuttavia non riguarda l’analisi di immagini solo figurative, nel primo caso, o solo astratte, ne secondo caso; essa va considerata anche nell’analisi di una stessa opera: ad esempio, in un dipinto che rappresenti un paesaggio, si può procedere ad un'analisi di tipo figurativo e descriverne case, alberi, montagne, nuvole ecc.; alternativamente o conseguentemente si può procedere ad un’analisi di tipo plastico e studiarne l'organizzazione spaziale, l'organizzazione dei colori ovvero
delle linee, facendo astrazione dalle figure rappresentate. Greimas ricorda la descrizione fatta da Diderot dei quadri nei Salons parigini: dopo aver scomposto ogni dipinto in oggetti “nominabili” e averli dunque riuniti in gruppi o in scene, egli passa all’analisi delle tracce lasciate dal pennello sulla tela. Questo esempio illustra per Greimas la possibilità di scindere sempre l’analisi in livelli diversi che non si escludono l’un l’altro ma che anzi cooperano per produrre il significato complessivo dell’immagine
.
Greimas, prendendo in esame principalmente le opere d’arte, afferma che nella loro analisi occorra innanzitutto stabilire se siano di tipo figurativo o di tipo astratto: se rappresentino cioè qualcosa di visibile nel mondo naturale (esseri, fenomeni, oggetti) oppure non abbiano affatto referenti figurativi.

Nel caso di un’opera figurativa, Greimas la definisce costituita di “formanti figurativi”, cioè di tratti che consentirebbero il riconoscimento di ciascuna figura, che è in quanto tale produttrice di significato. Sono questi che devono dare avvio all’analisi figurativa.
In “Kant e l’ornitorinco” (1997, p. 3o4) Umberto Eco affermava che «Quando percepisco una palla come tale, certamente reagisco a una struttura circolare. Non mi sento di dire quanta iniziativa mia contribuisca a farmela percepire anche come sferica, e certamente quello che ha dato inizio al giudizio percettivo è il fenomeno dell'iconismo primario in base al quale ho colto subito una somiglianza con altri oggetti dello stesso genere di cui avevo già avuto esperienza (o di cui mi è stato trasmesso in modo molto preciso un tipo cognitivo).

Nel caso di opere non figurative, cioè completamente astratte, questo tipo di analisi non è possibile e si deve dunque procedere all'altro tipo di studio, quello "plastico". Greimas, tuttavia, considera una gradualità del livello figurativo: se, in un immagine complessivamente astratta, siano ancora riconoscibili figure, allora si potrà dire che tale rappresentazione presenti una "bassa densità figurativa"; man mano che tale densità aumenti si potrà parlare di figuratività media o alta.

Se la figurazione risultasse totalmente assente la densità figurativa sarebbe “nulla” (astrattismo); se tale figuratività fosse molto densa (realismo), la rappresentazione sarebbe "iconica". Greimas, dunque, concepisce una gradualità dall'astratto al concreto che si può schematizzare nella successione: 1) astratto 2) figurativo 3) iconico.

(E’ molto importante tenere a mente che in questo caso con il termine "iconico” non si intenda – come per Pierce – ciò che abbia una relazione di somiglianza con il referente e dunque anche la componente iconica del pensiero, o del linguaggio verbale).

In seguito, o in alternativa all'analisi figurativa (a seconda dell'immagine), si può procedere all'analisi plastica. Essa consiste nello studio di tre componenti distinte:

1) l'organizzazione "topologica", ovvero spaziale del quadro;

2) l'organizzazione "eidetica", ovvero delle linee nel dipinto;

3) l'organizzazione cromatica, cioè dei colori e/o dei chiaroscuri.

Una volta individuate queste tre caratteristiche, bisogna ricavarne i formanti che in questo caso sono “plastici”. Ovviamente non tutti i tratti grafici, né tutte le zone colorate o tutte le linee presenti nell’immagine possono essere considerate dei formanti plastici: lo possono essere soltanto se esprimono un significato all'interno della composizione.
In questo tipo di analisi dovrebbe essere prima di tutto stabilita la “chiusura” dell’immagine, cioè lo spazio di rappresentazione entro cui essa si trova (definiamola pure “inquadratura”. Successivamente andrebbero delimitate le zone in base alle categorie topologiche rettilinee – in termini di alto/basso o destra/sinistra – e in base alle categorie topologiche curvilinee – in termini di circoscrivente/circoscritto o periferico/centrale ¬– o ad altre categorie topologiche come intercalante/intercalato.
Vi sono inoltre da riconoscere categorie che concorrono a determinare l’orientamento della lettura: per esempio davanti/dietro, appuntito/arrotondato, colore saturo/colore insaturo. Questo perché, dal punto di vista della psicologia della percezione, accade sempre che l’osservatore resti attratto inizialmente dalle campiture sature e, in presenza di un elemento lineare che si appuntisce, sarà portato a "percorrerlo" nella direzione dell'assottigliamento (si considerino ad esempio le frecce).

La totalità del significato dell’immagine, sul piano plastico, deriverà, dunque, dalla combinazione dei “formanti plastici”. Non basta la semplice descrizione delle linee e dei colori per una corretta interpretazione, ma è necessario ricondurre tali elementi a una loro significatività, cioè alla loro pertinenza rispetto al piano del contenuto.

Il formante plastico può riferirsi ad un contenuto in due modi:

1) attraverso un rimando “simbolico”, quando cioè ci si riferisce ad una convenzione culturale che lega simbolicamente il formante, cioè una unità sul piano dell’espressione, ad una unità sul piano del contenuto: per esempio il rimando del "colore oro" alla dimensione del “sacro”. (Nella pittura bizantina e poi in quella sacra medievale l’uso dell’oro rimandava simbolicamente alla dimensione del sacro: per esempio le aureole dei santi, i cieli del paradiso ecc.);

2) attraverso un rimando “semi-simbolico”, che prevede che “categorie” (cioè opposizioni) sul piano dell'espressione vengano incaricate di veicolare categorie sul piano del contenuto: per esempio alla relazione tra le categorie topologiche di “alto” e di “basso” può corrispondere rispettivamente la relazione tra lo “spazio del sacro” e “lo spazio del profano” (alto sta a basso come sacro sta a profano); ma vi possono essere anche opposizioni di tipo cromatico: per esempio all'opposizione tra colori tenui e colori vivaci può corrispondere, sul piano del contenuto, l’opposizione tra dimensione ultraterrena e dimensione terrena.


Nel primo caso vi è dunque un rapporto "uno a uno" tra tratto del significante visivo e tratto del significato; nel secondo caso i tratti si organizzano in contrasti, ovvero, sulla stessa superficie, sono compresenti termini in opposizione (contrari o contraddittori).