DROME magazine Anno 3 Numero 10 maggio-luglio 2007
poète de la nuit
Uno dei segreti del successo di Claude Lévêque credo sia la sua capacità di sorprenderci e di farci vivere delle sensazioni che evolvono man mano che avanziamo nel percorso delle sue installazioni: le sensazioni opposte e contrastate sono un mix di leggera pesantezza, di dolce violenza o di serena inquietudine…
DROME: Com’è il suo sonno?
CLAUDE LÉVÊQUE: Dipende.
D: Sogna?
CL: In questo periodo sono preda dell’angoscia.
Certo, da un artista che parla del sonno nel suo lavoro mi aspettavo un atteggiamento più zen, ma Claude Lévêque ha un timing assolutamente folle e per niente riposante.
Realizza progetti e presenta le sue installazioni in Europa, in Asia ed ha un gran successo sancito da critica e pubblico. Ma DROME è riuscito ad ‘acchiapparlo’, tra una mostra a Barcellona ed una a Roma, nel suo atelier di Montreuil.
D: Per questo DROME - sonno ho pensato a lei, Claude, genio assoluto e contemporaneo nel creare delle opere d’arte con delle atmosfere notturne ma non soporifere, buie ma non oscure. Quel che le chiedo è una sua dichiarazione sul Sonno.
CL: Molto volentieri.
il sonno e la notte
Il sonno interviene nelle mie opere perché lavoro sugli universi crepuscolari e notturni. Solo oggi mi rendo conto che una delle dominanti del mio lavoro è proprio l’universo della notte. Una delle mie prime installazioni si chiama La nuit (1984): avevo disposto delle tende e dei volti di bambini dipinti su dei supporti in legno, su un pavimento fatto di sabbia. Il tutto era calato nell’oscurità e la luce proveniva dall’opera stessa.
Per me l’universo del sonno è la notte ed è lo stato della ‘scomparsa’: all’improvviso il campo dei sogni prende il sopravvento sul quotidiano e si produce una metamorfosi della realtà. Anche nell’installazione Le grand sommeil (2006), al Mac Val, descrivevo una situazione da dormitorio : avevo sospeso al soffitto 36 letti capovolti. Questi letti erano completamente vuoti ed erano una carcassa ridotta al minimo dell’espressione dell’oggetto. All’interno avevo messo delle palle che rappresentano il rapporto col gioco, il pallottoliere come ‘tempo della vita’ che passa, e avevo appoggiato per terra delle coppe che ricevevano queste palle.
Il mio lavoro è legato alle ‘vanità’ e in gran parte è autobiografico.
il sonno e la morte
Il sonno è una situazione di scomparsa come la morte e nel momento in cui creo l’interazione tra gli oggetti la cui forma è ridotta al minimo della sua espressione, attribuisco loro uno stato al limite dell’esistenza. Non è tanto l’effetto teatrale che mi interessa quanto piuttosto l’idea di poter giocare su questo aspetto delle ‘vanità’ che rappresentano il ciclo della vita: la nascita, la morte e il conteggio del tempo che ci resta tra l’infanzia e la vecchiaia.
il sonno e l’infanzia
Lavoro molto anche sull’infanzia e i ricordi d’infanzia e anche in questo caso c’è un legame con il sonno. Il tutto si riferisce alla sfilata delle situazioni della vita, delle mie in parte ma un po’ di quelle di tutti.
il sonno e l’arte
Il legame tra l’arte e il sonno per me è il mondo dell’immaginario che si può sviluppare di più durante la notte.
Prendo degli appunti quando non dormo ma quello che succede è che nei miei lavori parto dalla luce per arrivare al buio perché la luce nasce dall’oscurità. Sviluppo degli universi luminosi che sono quelli di un mondo notturno. Il mondo del sonno è uno stato tra la realtà e la situazione di coma e uno stato in cui non si è nella propria funzione quotidiana ma in una posizione al di fuori da uno status sociale. Trovo che la paura di una certa realtà ci può far rifugiare nel mondo della notte, dell’altrove, per sfuggire al mondo reale, senza pietà, nel quale viviamo.
Caricandomi al massimo delle realtà e di tutto ciò che mi circonda, cioè della violenza e di una perdita totale di valori, con le mie installazioni creo delle atmosfere ‘disturbate’ che trasformano questa realtà. Per me è una maniera di affermare che ‘la realtà è presente’ anche se io ve ne mostro un’altra. Il fatto di lavorare in funzione del luogo, come per esempio in Le grand sommeil, mostra la volontà di trascendere la realtà quotidiana e sociale per poi entrare in un universo apparentemente da fiaba ma, in realtà, inquietante.
Nei miei lavori si può essere sedotti dagli odori, da una luce particolare, da un universo ludico, ma la realtà è sempre presente.
il sonno e Le rôdeur
Le rôdeur è colui che entra in un palazzo immaginario e che vivrà una particolare esperienza sensoriale. Entrando, non sa se i corpi rappresentati sono vivi o morti.
Questo lavoro è una specie di visione notturna che ho creato ancora una volta ispirandomi al luogo, la Galleria dei Carracci al Palazzo Farnese.
Circondo la galleria di veli sospesi al soffitto che hanno una fessura laddove c’è la statua di un efebo (nella Galleria Carracci ci sono una decina di statue di efebi, N.d.R.).
Le rôdeur è presentato nell’oscurità totale e la sola luce che installo è una luce nera che mette in risalto gli elementi dei dipinti del soffitto che sarà fluorescente come un’apparizione di notte di luna piena. I veli si muovono grazie a dei ventilatori e sul pavimento ho disposto una decina di materassi pneumatici di plastica trasparenti che rifletteranno tutto ciò che succede intorno e allo stesso tempo il soffitto della galleria. Questa galleria sarà completamente trasformata e calata nell’universo del sonno, del sogno ad occhi aperti e anche in uno stato di sonnambulismo.
In verità, sono questi i temi che più mi appassionano…