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Urban Anno 8 Numero 69 giugno 2008



La sottile linea d'ombra

Francesco Bonami

Tra moda e arte esiste un impalpabile confine che pochi osano violare. Hedi Slimane c’è riuscito





URBAN 69 GIUGNO
SOMMARIO

9 Editoriale

11 Icon
di Gentucca Bini

13 Interurbana
al telefono con Daniele Dainelli
di Carlotta Mismetti Capua • illustrazione Massimo Basili

15 Trip
di Fabio Sironi

17 Portfolio
Art Basel Overview

22 La sottile linea d’ombra
di Francesco Bonami

27 Design
in collaborazione con design-italia.it

29 Fenomeno di costume
foto Pablo Arroyo • styling Ludovica Codecasa

37 Details
foto Max Novaresi • styling Ludovica Codecasa

38 Waiting for the sun
foto Danilo Scarpati • styling Delfina Pinardi

45 Body
foto Max Novaresi • styling Ludovica Codecasa

46 La fantasia al potere
di Ciro Cacciola

48 Musica
di Paolo Madeddu

51 La luce di Lorca
di Francesca Bonazzoli • foto Philip-Lorca diCorcia

55 Film
di Alessio Guzzano

56 La bellezza oscura
di Maurizio Marsico

58 Arte
a cura di Floriana Cavallo

60 Corti on the road
di Maurizio Marsico

63 Cult

65 Nightlife
di Lorenzo Tiezzi

67 Fuori

74 Ultima fermata
di Chicca Gagliardo

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Sei anni fa, nel giugno del 2002, Hedi Slimane presentava a Firenze con la Fondazione Pitti Immagine Discovery un progetto folle che non doveva essere né un progetto di moda né un progetto d’arte. Doveva rimanere un ibrido fra architettura, scultura e design. In quell’occasione Slimane dichiarò: “Io non sono un artista”. Oggi che Slimane è diventato un artista l’installazione fiorentina diventa una premonizione.

Nella stazione Leopolda Slimane aveva ricreato la galleria degli specchi della reggia di Versailles e il labirinto che sta all’esterno, nel giardino della reggia. Gli specchi erano 34 monumentali monoliti di acciaio inossidabile che sembravano usciti da un cocktail fatto con le sculture di Koons, Serra e Judd. Il labirinto di garza nera con 400 neon a ripensarci oggi fa impallidire le migliori installazioni della star eco-contemporanea Olafur Eliasson. Sei anni fa Slimane era già un artista senza saperlo. Ma chi sia veramente Hedi Slimane rimane un mistero. Quando Pierre Bergé lo mise nel 1997 al comando della Yves Saint Laurent, Slimane sembrava la possibile reincarnazione contemporanea di quell’Yves Saint Laurent che a soli 21 anni fu scoperto da Christian Dior, nel 1957. Ma dopo soli due anni Slimane, diventato già con il suo fisico filiforme a metà fra TinTin e Veruska un’icona della cultura contemporanea, cambiava cavallo passando alla Maison Dior, rivoluzionandola. Quando si entrava nell’atelier di Slimane a Parigi era come entrare in una chiesa, non una cella, frigorifera. Il grigio dominava assoluto, dovunque superfici specchianti, e il silenzio regnava incontrastato come in una cattedrale. L’apparizione di Hedi Slimane era più vicina a quella di Juliette Greco in Belfagor - Il Fantasma del Louvre che all’ingresso di un essere umano in carne e ossa. Non si può dire che Hedi Slimane sia senza ossa o senza carne ma certamente le due componenti essenziali del corpo umano in lui assumono più l’aspetto di una membrana, una pellicola, una linea di un disegno di Jean Cocteau. Vedendolo seguito dallo stuolo di assistenti semi muti Slimane aveva il prevedibile physique du rôle dello stilista star, molto antipatico e un po’ coglione.

La nemesi di Slimane agli inizi degli anni 2000 era l’altro genio della moda, il belga Raf Simons, con il quale Slimane teneva un confronto a distanza sia dal punto di vista dello stile che da quello della filosofia. Se Slimane aveva la superficialità del segno grafico, Raf Simons incarnava il rigore della pittura fiamminga del ’600. Incredibilmente i destini dei due personaggi si sono incrociati e scambiati in un gioco delle parti da romanzo ottocentesco. Hedi Slimane partito da designer puro si è con il tempo trasformato in un intellettuale e in un artista mentre Raf Simons, che nell’arte più che nella moda cercava la propria identità, oggi ha sostituito Slimane nell’olimpo delle star della moda. Hedi Slimane oggi è diventato una figura culto per quello pseudo underground che si muove accanto – infiltrandocisi quando gli fa comodo – all’establishment dell’arte, della cultura più in generale o della moda. Se nel 2002 Slimane non si riconosceva artista, oggi sicuramente ne ha piena coscienza e lo prova la serie di mostre in spazi istituzionali, musei o gallerie private che siano, che ospitano le sue fotografie (come l’ultima, Hedi Slimane_Musac, che proseguirà fino al 7 settembre al Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León in Spagna, dove sono esposte le immagini catturate durante il Festival di Benicàssim del 2007, n.d.r.). L’ingenuo giovanotto che si scherniva davanti all’idea di poter essere considerato anche lontanamente un artista contemporaneo oggi è diventato uno scaltro stratega della propria creatività.

Se nel 2002 erano Richard Serra, Jeff Koons, Donald Judd o Olafur Eliasson i modelli dai quali prendeva e rimescolava le idee, oggi la sua grammatica è una combinazione delle immagini di Bruce Weber con la nostalgia adolescenziale di Larry Clark, il tutto condito con un estetismo estremo alla Reni Riefenstahl. Non potendo più esistere l’individuo a una dimensione pre-1968, anno di nascita di Slimane, ecco che si sviluppa sempre più forte l’uomo ibrido che fa tesoro di una personalità a prisma capace di riflettere e catturare la moltitudine di impulsi che arrivano da un mondo dove nessuno può più reclamare l’esclusiva proprietà di nessuna idea. Ricordo ancora quando poco dopo il nostro incontro fiorentino Slimane mi chiese come doveva comportarsi davanti alle fotografie dell’artista italiana Luisa Lambri che sembravano copiate spudoratamente dalle sue. Gli spiegai che nessuno aveva copiato nessuno ma che tutti e due, lui e l’altra fotografa, avevano semplicemente reagito in modo quasi identico allo stesso impulso, alla stessa sensazione offerta dalla stessa realtà contemporanea nella quale tutti e due vivevano anche se in luoghi diversi del mondo. Mentre la moda intuisce e anticipa i desideri che stanno per nascere, l’arte i desideri li inventa. Il fatto che oggi Hedi Slimane non sia più uno stilista puro o forse addirittura non sia assolutamente più uno stilista ma un artista contemporaneo non sorprende. La sua sensibilità era sempre stata incerta fra il venire completamente a galla sulla superficie piatta dell’oceano del consumo e della moda o lasciarsi trascinare giù dal peso nella profondità di quel lago sempre un po’ torbido che è la propria umanità. Slimane pare aver scelto la seconda possibilità abbandonando per sempre la chiesa frigorifera dell’atelier di moda per nuotare più libero nell’acqua nera dell’arte dove è possibile affogare ma anche, se uno è fortunato, salvarsi. D’altronde è stato proprio lui a creare la prima colonia mai prodotta da Dior che si chiamava guarda caso Eau Noire, acqua nera.