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Urban Anno 9 Numero 78 settembre 2009



Performance di gruppo

Francesca Bonazzoli

I protagonisti di New York Minute





Urban 78


13 Editoriale

15 icon
di Valentino Rossi

17 interurbana
al telefono con Gabriele Roberto
di Paolo Madeddu

19 portfolio
Young and brit

24 vincent il tetro
di Roberto Croci · foto Cesare Cicardini

28 sulle tracce di little boots
di Paolo Madeddu

31 design
di Olivia Porta

32 ragazzi di stoffa
scouting Ivan Bontchev · foto Cesare Cicardini

37 l.A. WOMAN
foto Leonardo Corallini · styling Ivan Bontchev

44 details
foto Giorgio Codazzi · styling Ivan Bontchev

47 like b.b.
foto Alvaro Beamud Cortes · styling Delfina Pinardi

55 libri
di Marta Topis

57 la ricaduta del muro
di Maurizio Marsico · progetto fotografico Martina Della Valle

61 cult
di Mirta Oregna

62 performance di gruppo
di Francesca Bonazzoli

65 arte
a cura di Floriana Cavallo

66 musica
di Paolo Madeddu

69 film
di Alessio Guzzano

73 fuori

82 Ultima Fermata
di Massimiliano Palmese
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Steve Powers
Facade 2004

JFL Snowa

VH07
Burning Rothko(working)

Una comunità più che uno stile. Amici prima ancora che artisti. Sono i protagonisti di New York Minute. Una mostra che racconta una creatività ruvida. Quella che non è stata spazzata via dalla crisi e che, come rivela la curatrice Kathy Grayson, riesce a catalizzare l’energia anarchica della Grande Mela


La creatività della New York più autentica, quella ruvida, aspra e anche aggressiva, l’altra faccia della cocktail society patinata di Sex and the City, è in mostra in questi giorni al Macro Future di Roma (fino al 1° novembre). In collaborazione con la fondazione Depart e con il sostegno di adidas Originals, Kathy Grayson, curatrice della mostra nonché direttrice a New York della Deitch Projects Gallery, galleria celebre per fiutare i nuovi talenti, ha messo insieme 60 artisti con le loro installazioni di grandi dimensioni, dipinti, lavori site-specific, sculture e video. New York Minute, titolo che allude alla velocità con cui la città cambia e reagisce agli stimoli trasformando in progetti artistici l’energia anarchica della strada, offre anche una serie di eventi collaterali, concerti, screening performance e dj set nonché il Downtown Don, negozio di Aaron Bondaroff con fanzine, dischi, sticker, t-shirt e libri prodotti dagli artisti in mostra.

Kathy Grayson, si può ancora considerare NY come la capitale della creatività visto che con la crisi in molti hanno rinunciato agli alti costi dei suoi affitti?
“Gli affitti bassi sono sempre stati l’ingrediente più importante di una scena artistica. Al momento i prezzi più bassi a Manhattan si trovano a Chinatown, dove si può incontrare Terence Koh; lo studio di Dash era sulla Bowery, così come Dan Colen, Ryan McGinley, Tim Barber e io stessa viviamo lì. Ci sono anche artisti che abitano fuori, in edifici malridotti a Greenpoint, oppure in enormi e luminosi studi a Bed-Stuy o a Bushwick, nei confini estremi di Brooklyn”.

Insomma New York non avrebbe perso la sua forza rispetto a Los Angeles?
“New York è stata il centro dell’attività artistica fin dai tempi dell’Espressionismo astratto. Ora assistiamo a una rinascita della sua arte grazie alla commistione di influenze non propriamente artistiche come la cultura Diy (do it yourself), la zine culture (cioè le pubblicazioni fatte in proprio e distribuite in piccola scala), graffiti, moda, design eccetera. La città stessa è una grande ispirazione e molta dell’arte che viene prodotta qui non potrebbe essere fatta da nessun’altra parte; si nutre di uno specifico spirito newyorchese, dello scenario e anche della fauna di New York”.

Street punk è il nome che lei ha dato a uno dei tre movimenti artistici presentati a Roma: quali sono le caratteristiche?
“Street punk indica le culture underground di bassa qualità e aggressive, un’arte legata in particolare a una città. Le strade cittadine, i suoi rifiuti, la sua miseria e bellezza sono la principale fonte di ispirazione di questo gruppo”.

E per quanto riguarda gli altri due: New Abstraction e Wild Figuration?
“La New Abstraction non è legata ad alcuna città: è semplicemente la tendenza dei giovani di ispirarsi all’astrattismo e al minimalismo rinvigorendoli con uno stile attuale. C’è una sovrapposizione fra questo gruppo e lo Street punk per esempio nei dipinti di Dan Colen che fa densi quadri astratti simili agli escrementi di uccelli che si accumulano sulle sculture delle strade cittadine. La Wild Figuration prende invece la sua energia soprattutto da Providence (Rhode Island) e da San Francisco. Ogni generazione ha il suo modo di riprodurre la figura e la mia la vede fratturata, decadente, ibrida e mostruosa”.

Sembra che questi artisti attribuiscano un ruolo molto importante alla relazione diretta con il pubblico attraverso performance, dj set, negozi.
“È vero: la collaborazione e la comunità sono parti molto importanti di questa mostra che non è organizzata intorno a una particolare teoria artistica, ma intorno alla comunità. Io mi limito a presentare questa comunità che esiste già nella vita vera, dove questi artisti sono amici, collaboratori, proprietari di negozi, photo editor, fashion designer. Si conoscono reciprocamente e lavorano insieme”.

Molti nomi, come Gang Gang Dance, Fuck this life, sono curiosi: hanno un ruolo speciale?
“I nomi stravaganti sono parte integrante del progetto e nei gruppi sono spesso indicativi dello spirito comune: servono a eliminare le individualità e il predominio di un nome sugli altri”.