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Lettera internazionale Anno 28 Numero 113 novembre 2012



L’arte si rivela nel bosco

Aldo Iori



Rivista trimestrale europea


SOMMARIO N. 113

Il bosco tra natura e cultura



Per una nuova antropologia della natura?, Jean-Marc Besse
Una strada nel bosco. Per una misura del luogo e della comunità, Domenico Luciani
Beni comuni. Oltre l’opposizione natura/cultura, Maria Rosaria Marella
Dialoghi sugli alberi, Joseph Beuys in conversazione con Bernhard Blume e Rainer Rappman

Disboscamenti. Dalla radura al libero mercato, Dario Gentili
Luce al Silenzio, Silenzio alla Luce, Louis I. Kahn
Il Bill di città e il Bill di campagna, George Blecher
Nel bosco di facebook, Franco Arminio

La magia e lo spirito del bosco, Carmen Añón
Il bosco era ancora lì, José Tito Rojo
Elogio della biodiversità. Il Bosco difesa di Sant’Antonio, Aurelio Manzi
Gli alberi di una vita. Piccola storia di una grande battaglia, Immacolata Rainaldi

La rosa soprannaturale, Pierre Louÿs
Varie ragioni per dipingere gli alberi, Yves Bonnefoy
Gli alberi di Yves Bonnefoy, Fabio Scotto
Il giardinaggio come operazione filosofica, Rosario Assunto
Tra bosco e giardino, Mariella Zoppi
Bernard Palissy. Il giardino utopico e il bosco naturale, Anna Zoppellari
Della lodevole arte del piantar alberi, Bernard Palissy

Gli artisti di questo numero: L’arte si rivela nel bosco, Aldo Iori


In copertina: Jannis Kounellis, Senza titolo, 2002, La Marrana, Montemarcello, La Spezia
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Alfredo Pirri, Via d'ombra, 2000, Villa Medici (opera non più in situ)
foto C. Abate

Il Bosco di Sant'Antonio, Pescocostanzo, L'Aquila, agosto 2011
foto di S. Zanon (Fondazione Benetton Studi Ricerche)

Antony Gormley, One and Other, 2000, Yorkshire Sculpture Park, Inghilterra
foto F. Garraud

Il bosco come luogo del sacro: dall’antichità ad oggi. Le testimonianze dell’umano nel bosco si susseguono nel tempo: dai primi recinti, ai templi arcaici, ai minimi segni di sapienze da ritrovare nel fitto della boscaglia amazzonica come del Giappone. Non segni antropologici da leggere con strumenti scientifici, ma molto spesso formalizzazioni in forma d’arte di pensieri sul sacro e sulla natura nella quale si manifesta. In Italia, gli esempi della Lunigiana in Toscana, di Capo di Ponte in Valcamonica, di Segesta in Sicilia, fino al Sacro Bosco di Bomarzo nel Lazio o al percorso iniziatico nei boschi della Reggia di Caserta, segnano le tappe di un intreccio inscindibile tra la natura e l’arte, relazione tensionale in cui non è da dimenticare l’eterno rimpianto del perduto Eden. Et in Arcadia ego ricordano il Guercino prima e Nicolas Poussin dopo in due memorabili pitture. Nella cultura moderna industriale e successiva permangono fortissimi i richiami di questo rapporto tra umano e natura e il bosco diviene luogo dell’apparire del sublime in Caspar David Friedrich o dello sguardo verso il futuro di Paul Cézanne. Nella contemporaneità, il superamento della questione mimetica della figurazione ha rinnovato l’interesse per il luogo naturale prescindendo dalla necessità di una sua rappresentazione. Estremizzando, la natura permane nell’essere pittura dei legni combusti di Alberto Burri o nella concettuale Base Magique n. 3 di Piero Manzoni, la cui scritta rovescia ne fa la Base del Mondo. Negli anni Sessanta sono stati concepiti i primi interventi nella natura, non più solo collocazioni simboliche o decorative di statue nel bosco, ma interventi concepiti per il luogo naturale. La supposta perdita della manifestazione del sacro diviene sfida in tensioni uniche, autentiche ed emozionanti in cui l’opera definisce la necessità di nuovi sguardi sul mondo al di fuori di se stessi e verso paesaggi non antropici.

Mentre negli Stati Uniti le proposizioni della Land Art danno luogo generalmente a una consapevole subordinazione del paesaggio all’idea dell’artista, in Europa, forse forti di tradizioni proprie di antiche culture topiarie e di stratificazioni di pensieri del sacro legato al tópos naturale, si sono tracciate molteplici vie e creato luoghi specifici. In essi le opere sono progettate e collocate in insiemi che rispettano le logiche naturali e nel contempo forniscono prova del migliore pensiero dell’arte. Sono nati giardini e parchi nei quali l’osservatore è invitato a inoltrarsi nel paesaggio naturale secondo un percorso non più iniziatico ma che introduce a nuovi panorami del pensiero. Tra i moltissimi esempi è necessario citare almeno il Parco di Celle in Toscana, il parco di Arte Sella in Valsugana o La Marrana in Liguria, il parco dello Yorkshire o di Tyrebagger in Gran Bretagna, i parchi di Kerguéhennec o Rochechouart in Francia, quello di Huesca in Spagna, di Wanås in Svezia, lo storico parco di Otterlo con la collezione Kröller-Müller in Olanda.

Nei boschi europei l’arte si dona all’osservatore. In questo numero, dedicato al bosco come tópos esemplificativo del rapporto tra cultura e natura, abbiamo voluto abbinare i testi con immagini sia del bosco abruzzese di Sant’Antonio, di cui si tratta la particolare tipologia e storia, sia di alcuni interventi di artisti contemporanei. La copertina del numero porta una foto di Aurelio Amendola di Senza titolo di Jannis Kounellis realizzato nel 2002 per la collezione Bolongaro a Montemarcello: un pozzo di sei metri di profondità è riempito con 18 campane. Seppur mute, esse evocano l’eco del suono che richiamava al sacro, alla preghiera. Nella meraviglia dell’incontro, quell’eco oggi diviene richiamo dell’arte a una presenza etica nel presente, anche nel presente naturale. All’interno del numero, due immagini, la prima e l’ultima, riproducono opere presenti nel parco di Hoge Veluwe a Otterlo. La prima opera è di Lucio Fontana: il Concetto spaziale. Natura del 1959-60 non è concepito per questo parco ma collocato in seguito, seguendo l’idea di osmosi con il paesaggio nella logica del lavoro che ne può prevedere, come in altri casi, la collocazione antimonumentale in diretto contatto con l’ambiente naturale. Le forme energetiche, grumi sferiformi, sono solcati da tagli e fenditure o offese da penetrazioni poi bloccate dalla fusione in bronzo. La seconda opera riprodotta, che chiude il numero, è di Richard Serra che nel 1973 dedica al collega Robert Smithson, artista della Land Art statunitense appena scomparso, l’opera Spin out. Tre muri monoblocco in acciaio corten fuoriescono dalla terra del bosco arrestandosi al limitare di una radura nascosta. Marina Abramovič a Wanås in Svezia costruisce un grande elemento totemico con in cima un sedile dove le corna di cervo sono luogo di riposo per i volatili. L’intervento di Alfredo Pirri è frutto di una commissione a pensare e a realizzare un intervento per il boschetto di bambù, oggi distrutto, di Villa Medici a Roma nel 2000: le mattonelle poste a terra evocano percorsi domestici e conducono secondo un disegno prestabilito l’osservatore verso i riverberi della pittura. Il verde del bambù risplende dei riflessi del rosso della pittura in rimandi su di essa in cui il mistero della forma si coniuga con il perdersi di un labirinto.
Nel 2010 Daniel Buren è stato chiamato da Giuliano Gori a realizzare un’opera nel parco della Fattoria di Celle di Santomato: un recinto quadrato, specchiante dentro e fuori, presenta gli otto varchi esplosi verso l’esterno: il guardare diviene spaesamento, il bosco diviene interno ed esterno e circonda l’osservatore il cui sguardo è spaesato e trova nuovo rigore cartesiano solo nella forma e nelle bande cromatiche delle sezioni dei volumi, segno distintivo del lavoro dell’artista francese. Un altro artista francese di adozione, Daniel Spoerri, nel giardino che porta il suo nome in Toscana, con Colonna del Rinascimento del 1987-91, richiama una condizione archeologica i cui gli elementi architettonici si fondono con nuove forme enigmatiche, come nel sogno di un novello Poliphilo. Robert Morris e Claudio Parmiggiani collaborano nel 2002 per Melencolia II: in un boschetto di bambù del parco della Fattoria di Celle, collocano una sfera, un rocco semplificato di una colonna, una campana e un solido che richiama quello presente nella famosa Melencolia I di Albrecht Dürer. Sally Matthews in Scozia, con European Bison del 1995, pone quattro silhouette di bisonti: l’opera è concepita affinché la natura assecondi il progetto dell’artista dando forma nel tempo ad animali che rinnovano la memoria lontana di una loro presenza in quelle valli. Il tempo della crescita naturale è anche presente nell’opera Sentier de Charme di Giuseppe Penone del 1986 a Kerguéhennec in Bretagna. La natura troverà connubio con la scultura: la pianta crescendo sarà costretta nella forma umana definita dallo svolgersi di una corteccia di bronzo. Ancora Claudio Parmiggiani, nel parco del Centre Européen d’Actions Artistiques Contemporaines a Strasburgo, con Il bosco guarda e ascolta del 1990, applica ai tronchi degli alberi quindici grandi orecchie di bronzo rivisitando un famoso disegno di Hieronymus Bosch.

Altri due lavori differenti per sensibilità e poetica nella Fattoria di Celle: Il sentiero dell’amore del 1982 dell’artista canadese George Trakas e Tema e variazioni II del 1981 di Fausto Melotti. Nel primo, due percorsi, uno in ferro e uno in legno, seguono un ruscello e conducono a un rifugio idilliaco dove è possibile sostare al suono di una vasca d’acqua. Fausto Melotti, già anziano, progetta l’opera semovente in un luogo del bosco in cui si apre il cielo che si rispecchia in un piccolo stagno. Gli elementi della scultura si sdoppiano nella riflessione, assecondando un’idea di leggerezza e ribaltamento che da Monet a oggi si fonde con il pensiero orientale.
Lo scultore britannico Antony Gormley nel 2000 è chiamato a realizzare per il parco della scultura dello Yorkshire la scultura One and Other: la sua tipica figura antropomorfa, che ripropone le dimensioni del suo corpo prive di connotati somatici e in altre occasioni moltiplicata e collocata in immensi spazi aperti, qui svetta sulla sommità di un altissimo tronco a dominare le chiome degli alberi secolari.
Il pittore ungherese, ma naturalizzato francese, Alexandre Hollan è stato oggetto di studio da parte di Yves Bonnefoy (un suo testo è a p. 40 ss.) che gli ha dedicato saggi e una monografia. Si presentano quindi alcuni disegni tipici della sua vasta produzione. L’albero è un soggetto al quale Hollan ha dedicato lunghi periodi di studio nei boschi della Francia meridionale. Nella sua pittura e nei disegni a penna e inchiostro in particolare, le forme naturali trasmutano verso l’astrazione diventando pretesto per speculazioni sul concetto di mimesi e di pittura.
In questo numero, inoltre, è proposto un testo, che riporta una conversazione con Joseph Beuys, corredato da due immagini del suo ultimo e più vasto progetto ambientale: la piantumazione nella città di Kassel di 7.000 querce associate ad altrettante antichissime colonne di basalto. Oggi, a distanza di trent’anni, il bosco immaginato da Beuys sta crescendo e si distende nella città impadronendosi idealmente del costruito, connotando i percorsi del lavoro e dello svago secondo nuove prospettive indicate dall’arte.


Si ringraziano Jannis Kounellis, Alfredo Pirri e la Collezione Gori per la concessione delle immagini. Le altre sono tratte da siti specifici e dal volume di Colette Garraud, L’artiste contemporain et la nature (Edizione Hazan, Parigi, 2007) che fornisce un’esauriente quanto ricca disamina di ottantatre siti europei, tra parchi, collezioni e interventi singoli, nei quali molti artisti sono stati chiamati a progettare un’opera in ambiente naturale, prevalentemente boschivo.




Aldo Iori, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia Pietro Vannucci di Perugia, ha condotto studi di architettura, restauro e storia dell’arte antica e contemporanea in Italia e all’estero. Si è interessato dell’opera di numerosi artisti internazionali come curatore di mostre personali e collettive o con testi scientifici sul loro lavoro. Redattore della rivista A.E.I.U.O. di Roma, ha in seguito collaborato con il Centro per l’arte contemporanea di Prato, con il Centro Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia, la Fondazione Puglisi Cosentino di Catania e, attualmente, cura la programmazione e le mostre di diverse gallerie private. Tra i numerosi cataloghi e libri, ha pubblicato le monografie Diego Esposito (Brescia, 2009), Eugenio Giliberti (Prato, 2008), Karpüseeler (Perugia, 2005) e Sauro Cardinali (Perugia, 2001). Dal 2009 collabora con L.I.