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Virus (1994 - 1998) Anno Numero 2 maggio 94



Cesare Fullone

Conversazione con Teresa Macrì



Mutation
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Cesare Fullone - Acidi

Cesare Fullone - Paesaggi umani, Franco B. videotape 1997/98

Cesare Fullone - Paesaggi umani, Francesca Caraffini videotape 1997/98

Teresa Macrì - Perché un artista decide di dar vita ad una nuova rivista?

Cesare Fullone - Esiste una tradizione di artisti che sentono il bisogno di allargare i propri strumenti e che realizzano delle riviste. Ma nel mio caso è un'esigenza di relazione e di incontro, con altri artisti, con altri teorici, con altri "trasformatori". VIRUS nasce da una serie di disagi e da una serie di potenzialità. Uno dei disagi che provo, come artista, è l'insieme delle regole, dei comportamenti, delle "tappe", che bisogna quasi rispettare per avere l'emblema di appartenenza al sistema dell'arte. Io sono un insofferente, ho bisogno di cambiare ambienti, persone, generi, ho bisogno di shock continui, di visioni alterate, e non sempre il mondo dell'arte "tradizionale" è eccitante. Per un po' ho provato a rispettare le regole del gioco, poi ho girato l'angolo e ho trovato tutta una serie di stimoli che mi hanno attratto di più. È il concetto di "ambiente" che non sopporto, non l'arte o gli artisti. E così è nata VIRUS, un luogo mobile in cui far confluire tensioni e mutazioni, colpi di fulmine e teorie esistenziali, e dove incontro sempre eventi capaci di stupirmi. VIRUS, per me, è il vero stato dell'arte: senza generi, che ingloba le tensioni della società postindustriale, multilingue, multirazziale, multitecnologica...uno strumento che generi vita, non carriere.

All'interno della rivista hai diversi modi di essere presente?

Certo, discuto con gli altri argomenti, suggerisco tematiche, invito a collaborare altri artisti, partecipo alla realizzazione grafica, e naturalmente ho una presenza visiva, a volte al centro, a volte in periferia. Sorrido perché alcuni hanno "criticato" la mia presenza la centro della rivista, nei numeri precedenti. Il solito modo bigotto e in mala fede di "criticare". Farò indire un referendum per far decidere in quale pagina è più "opportuno" collocarmi....io credo che episodi come questo siano il frutto dei danni che un certo modo di pensare l'arte , un certo sistema dell'arte, un certo "perbenismo" hanno creato. VIRUS è uno strumento autonomo dove non è necessario far finta di esserci o non esserci...Per questo dico che VIRUS è il nuovo modo di pensare l'arte: senza inibizioni o finti pudori.

Tu hai scritto che l'arte è inadeguata. A cosa?

Io credo che stiamo vivendo un periodo straordinariamente importante, stiamo assistendo ad una serie di trasformazioni di tutto ciò che concerne il modo di vivere e di pensare, le nuove tecnologie, la chirurgia plastica, i modi di interconnessione con l'informazione, l'interattività, e contemporaneamente la possibilità di incontro e di contaminazione tra mondi e menti diverse. Ecco io trovo che l'arte "ufficiale", quella per intenderci di cui si legge sulle riviste, quella che spesso "vediamo" nelle gallerie, sia inadeguata. Ma soprattutto inadeguati mi sembrano i dolori individuali, quel modo di proporre l'arte come un viaggio nella propria anima. Quel modo velleitario e presuntuoso di credere che i propri pruriti possano essere condivisi. Certo, viviamo in un momento di grande trasformazione, dove il vecchio tarda a morire, dove l'incapacità di tutto un sistema di capire il nuovo giustifica qualunque argomento. Fossero i tormenti di Michelangelo alla Sistina potrei capirli! Ma oggi "l'artista" vive di finzioni, di atteggiamenti, quali sono i drammi che ha? Qual è quel grande spirito capace di universalizzare i propri tormenti? suvvia sono delle seghe. Certo, a volte anche quelle possono venire bene, ma sono sempre dei viaggi individuali che non interessano nessuno. E poi, scrivere che l'arte è inadeguata è un'affermazione per mettere in discussione i modi di produrre e "distribuire" l'arte. Ma non si accorgono di cosa succede nel mondo? Vedi, voglio fare una proposta: chiudiamo i musei, chiudiamo le gallerie. Non è vero che ce ne sono pochi, che bisogna aprirne di più, che bisogna promuovere l'arte a tutti i costi. La verità è che ci sono troppi musei, troppe gallerie, e ciò fa si che si debba continuamente produrre oggetti, spesso asfittici, perché questa è l'esigenza del mercato, della politica, ecc. ecco, chiudiamo questi luoghi della noia e apriamo gli studi degli artisti. Che bello!!! Chi ha interesse per l'arte va direttamente dall'artista, sceglie gli artisti che gli piacciono senza subire incontri truccati, senza essere indotto dalle promozioni false e dagli ameni oggetti convenzionali. Ognuno la sua collezione personalizzata, i propri gusti non condizionati da finte e false teorizzazioni culturali. Utopia? Ma io non ho nulla contro le utopie. E poi ci sono delle domande a cui rispondere. È ancora interessante il concetto di galleria? È ancora possibile l'arte dagli altri ambiti che trasformano la realtà? È ancora il mercato il fine dell'arte, come si "teorizzava" negli anni Ottanta? Ecco mi sembrano inadeguati i canali, i sistemi dell'arte, il modo di parlarne, il modo di teorizzarla, e molto spesso le immagini che si producono.

Il trasformismo non è solo un fenomeno politico, anzi si è già insinuato nel sistema artistico. Quali segni hai colto a Milano di tale tendenza?

Quello che è immediatamente evidente in questo momento è la mancanza di appigli nel sistema dell'arte. Si è creata una strana situazione, apparentemente sembra che tutto sia come prima, escono i giornali, le gallerie fanno mostre, si rinnovano incarichi, ma il clima è spento. Come su un registratoore acceso, ma con il pulsant schiacciato su pausa. Mi sembra che si voglia mantenere lo stato delle cose, mentre dovrebbe essere accolto con entusiasmo qualsiasi possibile trasformazione. Per quanto riguarda la tua domanda, sai, il trasformismo, politico e non, è ormai una professione legalmente riconosciuta, anzi, apprezzata.

Non credi che molti fenomeni artistici italiani siano stati creati dalla concentrazione monopolistica dell'informazione dominante in Italia?

Si, certo. Anche se per paradosso il monopolio si è dispiegato come una sorta di democrazia che ha inglobato tutto, consenso e dissenso. Ma come la solito, se vai a guardare, sono stati sostenuti solo quelli che hanno accettato incondizionatamente le regole del gioco. Il monopolio si è potuto creare soprattutto con la complicità di alcuni artisti che hanno pensato che il problema fosse esserci, a tutti i costi.

Arte e rifondazione: non credi che il rinnovamento culturale prevede il siluramento di quei personaggi che in passato hanno ideato, organizzato, e
sostenuto un circuito artistico per la propria bramosia di potere?

A me non interessano le epurazioni, che ognuno faccia quello che gli pare. Per quanto mi riguarda non ho mai riconosciuto alcun ruolo ai personaggi a cui fai riferimento, ho sempre scelto altre strade, e devo dire che neanche loro hanno fatto follie per incontrarmi. Il mio modo di pensare l'arte, di vivere l'arte è esistenziale, non riesco a muovermi felpatamente. Comunque, ho sempre detto, che i meriti e le colpe dell'arte sono innanzitutto degli artisti, ben pochi hanno avuto il coraggio di non partecipare, di dire no, non mi interessa questo modo di appiattire l'arte sulle carriere e su quattro soldi. E poi spesso gli artisti hanno anche famiglia! A proposito sai che mi è nata una bambina? Giuditta, ora ha quattro mesi.

Quando l'etica si incontra con l'arte?

Quando ti schieri, quando l'arte che realizzi somiglia alle tue tensioni, ai tuoi modi di trasformarti, alle stimolazioni che giungono sulla tua mente da un universo in rivolta. Quando riesci a vivere la differenza come allargamento di possibilità. Quando si attivano nuovi strumenti di relazione.

Obsolescenza dell'arte: non deriva forse dal suo essere alienata a concezioni specialistiche? Non dovrebbe l'artista interessarsi a tutti i fenomeni culturali e sociali?

Per me la parola artista è sinonimo di singolare, non so cosa dovrebbero fare gli artisti...per quanto riguarda me, ho sempre pensato che l'arte è il luogo di incontro e di intreccio di tutto ciò che è ribellione, rivolta, in tal senso tutte le mie opere nascono prevalentemente dalle tensioni che i mondi vivono. La serie delle opere "pericolose", le gabbie, le radiografie, le dichiarazioni di stato (Ho fame), le bottiglie, ed ora i "mimetici", tutte le mie opere nascono da un universo mediale, sono ossessionato dalle immagini, ho sempre il televisore acceso, non interrompo mai il "contatto". E naturalmente non riesco ad immaginare nessun altro tipo di arte. Anche s sono molti gli artisti che mi interessano, tutti quelli che riescono ad "accendere" le immagini che prelevano da altri contesti. L'arte che mi interessa è l'arte realizzata su documenti, su immagini pubblicitarie, su oggetti, direttamente sopra la pelle delle cose, non intorno a...

La tecnologia può inventare un mondo possibile per l'arte?

Certo. Le tecnologie sono uno strumento di mutazione soprattutto dei modi di pensare, non semplicemente dei "medium". La possibilità di creare immagini con nuova tecnologia, di sperimentare linguaggi sintetici, di far ballare insieme universi prima separati, di dar vita ad ambienti artificiali, di alterare e trasformare le immagini, di creare opere immateriali, sono tutti modi di una nuova dimensione dell'arte. Anche se non credo basti, come molti pensano, inserire un video o usare dei programmi del computer nel proprio lavoro per poter parlare di tecnologia. In un senso più allargato del concetto di "uso delle tecnologie" penso che comunque uno dei riferimenti dell'arte in questo momento sia l'universo delle tecnologie e della comunicazione. Si producono opere con immagini estrapolate direttamente dall'universo dei media, dal paesaggio tecnologico che ci circonda, dall'infosfera in cui siamo immersi, dall'artificiale in cui ormai abitiamo da tempo.

Arte e istituzioni: credi sia possibile pensare all'affossamento di manifestazioni inutili come le Biennali, carrozzoni in cui l'unica logica vincente è lo scambio?

Tu non credi che questi carrozzoni si stiano affossando da soli? Non credi che esserci o non esserci non è più di molta importanza? Non credi che la partita si giochi altrove? Non credi che siano detriti del vecchio che tarda a morire? Non credi che siano manifestazioni che hanno assorbito il peggio delle mentalità carrieristiche?

Ci sono luoghi dove la cultura si incontra con la sperimentazione, il tribale con il magico e il rigore con l'utopia.

Per me uno di questi luoghi è l'arte. È nell'arte che l'informazione incontra la poesia, il dato incontra lo stato di alterazione della coscienza, le leggende metropolitane incontrano i filtri d'amore, le tensioni sociali incontrano i colori eccitanti del sintetico. E comunque questo accade là dove c'è la possibilità di giocare con il proprio destino.