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Juliet Anno Numero 93 giugno '99



La nascita della filosofia postmoderna dallo spirito dell'arte moderna (I° parte)

Wolfgang Welsch



Art magazine
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Arakawa:

Buren:

Dubuffet: 1971, pittura acrilica e vinilica su klégecell

I. VERITÀ APPARENTI
Sapere che cosa sia la filosofia postmoderna non sembra essere in generale una cosa necessaria; dato che non è certo neppure che vi sia una "postmodernità", il possibile senso di discutere di "filosofia postmoderna" è completamente dubbio. D'altra parte, però, si ritiene di sapere abbastanza precisamente che cosa sia l'arte moderna. In passato un termine quasi scandaloso, questo tipo di arte è diventato oggi una componente stabile della cultura - lucrativo sul mercato e attraente per le riflessioni filosofiche. La stessa modernità, che è stata articolata in modo esemplare in quest'arte, è divenuta una delle basi indiscusse e patrimonio del modo in cui guardiamo a noi stessi. Non vi è nessuno, che sia pro-illuminismo o anti-illuminismo, progressista o conservatore, pragmatista o visionario che non si richiamerebbe all'età della modernità o che non affermerebbe almeno che non dobbiamo abbandonare le sue conquiste. Solo quei dubbiosi dei postmoderni appaiono così incauti da farlo - una ragione in più per non prenderli sul serio, in verità per combatterli.
Ma, siccome tutto ciò che si considera stabilito in realtà non lo è - siccome il concetto di modernità non è meno problematico di quello di postmodernità; che ogni appello a l'età moderna implica inevitabilmente il rigetto di un'altra modernità; e che, infine, postmodernità non significa l'abbandono della modernità ma piuttosto un suo esame radicale, non essendo questa separata da quella da una frattura ma collegata da specifiche interconnessioni - dunque, poiché tutto è diverso da come appare dal loggione della mediocre soddisfazione, il tentativo che segue vuole correggere l'equivoco amato dimostrando quello che secondo lo schema comune dovrebbe essere impossibile: una congruenza del pensiero postmoderno con conquiste specifiche della modernità. In particolare, desidero fare ciò con la modernità artistica - anche se una dimostrazione analoga potrebbe essere fatta citando la modernità scientifica e sociale. Pertanto, intendo cominciare il mio tentativo mettendo in evidenza un importante artista della modernità - Jean Dubuffet, uno dei principali sostenitori dell'informale - come artista postmoderno ante litteram.
II. JEAN DUBUFFET - UN POSTMODERNO ANTE LITTERAM
Nel 1951 Dubuffet scriveva: "La nostra cultura è un vestito che non va"1."Nell' attuale momento un cambiamento intellettuale di vasta portata e di riorientamento sta avvenendo nell'arte, come in tutti gli altri campi possibili"2. In particolare, Dubuffet nomina quattro punti principali nel cambiamento imminente:
1) Ci stiamo allontanando dall'antropomorfismo occidentale, dalla posizione privilegiata occupata dall'uomo3. Dubuffet parla qui di "disumanizzazione" - e la intende in senso positivo4.
2) Ci stiamo allontanando dal primato della ragione e della logica. Le idee che veramente ci riguardano non possono essere comprese usando mezzi razionali poiché, nel migliore dei casi, queste vengono ingabbiate o soppresse da tali mezzi. Così, le nostre idee essenziali "sono come vapore che quando entra in contatto con la sfera della ragione e della logica si trasforma in pura acqua. Non credo che ciò che vi è di meglio nel processo del pensiero avvenga a questo livello... tento invece di comprendere il pensiero nel punto del suo sviluppo che si situa precedentemente al livello dei concetti formulati"5. È chiaro che questo non è un rifiuto generale della razionalità. Tuttavia, esso significa la sua radicale relativizzazione; a partire da ora elementi non razionali e realizzazioni pre-razionali saranno più importanti delle componenti razionali.
3) Lo scopo dell'arte non è di creare opere evidenti, ma ambigue; e questa polisemia non dovrebbe solo essere un prodotto secondario, ma venire introdotta consapevolmente6.
4) Infine, l'arte non dovrebbe produrre soltanto oggetti belli, con forme e colori disposti artisticamente a deliziare gli occhi, ma creare oggetti con un fascino più ricco e profondo. Questi, dice Dubuffet, si indirizzerebbero non agli occhi ma allo spirito7.
È come artista, dunque, che Dubuffet compie queste affermazioni che danno una diagnosi della cultura e sono rilevanti per la filosofia - come un riflessivo artista moderno. Una volta, allorché un intervistatore gli chiese se non si potevano trovare osservazioni analoghe in Heidegger, Dubuffet respinse la domanda dicendo: "Smettiamola di infastidire Heidegger"8. Ma quello che realmente voleva dire è qualcosa in più: smettetela di infastidirmi con Heidegger. E aggiunse: "Io non amo la filosofia, eccetto quella implicita"9.
Dubuffet sa bene, dunque, che il suo pensiero artistico contiene qualcosa di rilevante per la filosofia - sebbene in forma implicita. D'altro canto, sente che l'esplicita filosofia accademica è, in modo irritante, poco interessante poiché non contiene più quegli impulsi animatori sopra menzionati10. Doveva perciò la filosofia essere come quella e rimanere così? Non poteva venire alla luce un'altra filosofia, pienamente capace di fare giustizia dei contenuti impliciti dell'arte moderna e in grado di formularli esplicitamente? È emersa una filosofia di questo tipo dal tempo delle osservazioni di Dubuffet nel 1951?
III. POSTMODERNITÀ COME RETROGUARDIA
Non è difficile indovinare a cosa sto puntando con queste osservazioni: i quattro elementi elaborati da Dubuffet - quale artista esemplare della modernità -, cioè l'allontanamento dall'antropocentrismo, dal primato della logica, dalla monocultura del senso e dalla prevalenza del vedere, la critica quadripartita di antropocentrismo, logocentrismo, monosemia e primato del visivo formula i punti cruciali del poststrutturalismo e di conseguenza i segnali per definire ciò che è stata chiamata "filosofia postmoderna". Nomi quali Foucault, Derrida, Lacan e Lyotard stanno oggi per i punti di vista che Dubuffet aveva annunciato programmaticamente nel 1951.
Dubuffet, quindi, l'artista moderno, ha espresso le idee fondamentali del pensiero postmoderno. Spero che questo abbia reso per il momento la tesi del titolo, la nascita della filosofia postmoderna dallo spirito dell'arte moderna, degna di essere discussa. Nel testo che segue dovrò ora rinforzare questa tesi e lo farò in quattro sezioni.
Prima di tutto vorrei sostenere il mio punto di vista insieme a un autore rilevante della filosofia postmoderna: Lyotard. In secondo luogo, amplierò questo punto di vista trattando altri autori come Foucault e Derrida. In terzo luogo, mi chiederò che cosa significhi, in ultima analisi, l'origine estetica per il pensiero postmoderno. Manterrà esso, in un modo particolare, le sue caratteristiche estetiche? E se è così, sarà estetico in senso favorevole o dubbio?
Un'ultima osservazione preliminare. Non sarò naturalmente in grado di trattare il problema in modo esaustivo; potrò soltanto toccarlo. E non potrò neppure fare ciò che sarebbe necessario: fornire un concetto di filosofia postmoderna, svilupparne uno di arte moderna e discutere infine la relazione reciproca tra i due. Questo è impossibile non solo a causa dello spazio limitato, ma anche per il soggetto in questione. Poiché i fenomeni menzionati non sono in alcun modo così uniformi quanto le denominazioni "l' arte moderna" e "la filosofia postmoderna" suggeriscono. Al contrario, si deve tenere conto di divergenze interne sostanziali, di fratture e incompatibilità. E su questo ci sarebbe troppo da dire. Per il momento desidero soltanto nominare la direttiva metodica risultante dalle mie osservazioni; posso cioè spiegare solo una prospettiva nella quale le questioni rilevanti possono essere poste e trovare risposta. Scelgo quella prospettiva che vorrei difendere distinta da quelle che potrei solo presentare.
IV. LYOTARD O L'AVANGUARDIA ARTISTICA E IL PENSIERO POSTMODERNO
Lyotard è l'autore della postmodernità in filosofia. Infatti, nessun altro ha sviluppato un concetto di filosofia postmoderna così presto, con tale precisione e con simile chiarezza. È necessario, dunque, misurare i nostri standard attraverso il suo pensiero.
1. La prossimità di Lyotard all'arte
Fin dall'inizio la prossimità di Lyotard alle questioni estetiche è stata inequivocabile. Egli ha collaborato con artisti, scritto su di essi e si è impegnato in attività confinanti con l'arte. Già il suo primo libro importante - Discours, figure (1971) - era consacrato a questioni artistiche. Altri suoi lavori hanno trattato di artisti quali Duchamp, Newman, Buren, Adami e Arakawa11. In essi, le riflessioni sull'arte sono sempre state per Lyotard anche di cruciale importanza filosofica. Credo, perciò, di poter meglio provare e rendere comprensibile la mia tesi della nascita della filosofia postmoderna dallo spirito dell'arte moderna riferendomi a lui. Però, vorrei prima di tutto confessare di usare un trucco ermeneutico. Io non guardo l'arte moderna - chi potrebbe fare diversamente? e chi potrebbe, senza ingannare sé stesso, escogitare un'obiezione a questo? - in modo neutrale, ma da un particolare punto di vista. Lo so e lo dico esplicitamente: pongo il mio punto di vista dalla prospettiva del pensiero postmoderno guardando all'arte moderna attraverso gli occhi di Lyotard. Ciò ha un doppio vantaggio per le mie intenzioni: ci risparmia dal fare digressioni interpretative e dal dare spiegazioni che ci farebbero perdere tempo. Poiché attraverso la strada di una filosofia postmoderna che esamina l'arte moderna, è possibile chiarire come essa sia in grado di sapere quanto è stata ispirata da quell'arte. Si comprenderà inoltre che la prospettiva postmoderna sull'arte moderna non è stravagante, ma articola chiaramente le condizioni per quelli che sono diventati nel frattempo comuni criteri di interpretazione. A parte questo, l'obiezione che il prendere tale prospettiva come base di una congruenza tra filosofia postmoderna e arte moderna nascerebbe da un puro effetto della prospettiva stessa, in modo che il risultato sarebbe pregiudicato sin dall'inizio, è basata su una confusione logica. Poiché, mentre una generale corrispondenza tra la prospettiva postmoderna e le sue enunciazioni traenti orientamento dall'arte deve esistere, ciò non significa affatto che il soggetto di queste enunciazioni debba necessariamente essere una corrispondenza contenutistica (Contentual) tra questa filosofia e quel tipo di arte. L'opposto, una drastica condanna dell'arte moderna da parte della filosofia postmoderna, sarebbe appena compatibile con quella condizione generale. In questo modo, invece, nessuno dei dettagli viene pregiudicato. Per tracciare il punto di vista di Lyotard sull'arte moderna mi riferirò alle sue pubblicazioni degli anni 1982-1986. La prima di queste è il saggio programmatico dal titolo Risposta alla domanda: che cos'è il postmoderno?, che fu la replica al discorso di Habermas per l'accettazione del Premio Adorno del 1980. Mentre Habermas si era rifatto al "Progetto della modernità" contro le tendenze postmoderne, Lyotard ha difeso il pensiero postmoderno proprio con riferimento all'estetica della modernità12. Farò inoltre riferimento alla conferenza Il Sublime e l'avanguardia; alle antologie Immaterialità e postmodernità e Filosofia e pittura nell'età della loro sperimentazione; infine al più vecchio Saggi su un'estetica affermativa13. Se queste posizioni di Lyotard vengono riunite insieme, ne risulta un'immagine dell'arte moderna che vorrei presentare in successione attraverso i cinque aspetti di decomposizione, riflessione, estetica del sublime, esperimento e pluralità.
2. Caratteristiche base dell'arte moderna - Un punto di vista postmoderno
a)Decomposizione. Secondo Lyotard, l'arte moderna attua una decomposizione dell'essenza tradizionale dell'arte. Questa non crea più opere d'arte nello spirito del tradizionale e integrale concetto di arte, ma ci rende consapevoli degli elementi isolati del creativo, momenti del concetto di arte e porzioni del fenomeno integrale dell'arte. Così, la pittura moderna è caratterizzata da una "disintegrazione di oggetti, stati, configurazioni, luoghi, specie..., che hanno formato fino ad ora l'istituzione pittura"14. Da una parte egli descrive tale processo come una "disintegrazione della pittura". Perciò, soprattutto negli anni Settanta, parla di una lisi dello spazio pittorico tradizionale e insiste - più generalmente - su una lisi della stessa opera d'arte15. Dall'altra, Lyotard indica questo processo (soprattutto negli ultimi testi) anche come un'analitica della pittura. A proposito della disintegrazione egli fa pensare alla tesi di Adorno che il declino della metafisica ha reso possibile l'arte moderna: "Schönberg e Beckett alla base della mancanza di eredi di Hegel"16. Tuttavia, per quanto riguarda l'analitica, egli usa la formula del divenire riflessivo dell'arte (una formula che di fatto potrebbe essere facilmente collegata a Hegel).
b) Riflessione. Secondo Lyotard, il muoversi verso la riflessione è il momento decisivo per il cambiamento in arte. L'arte tradizionale confidava in una realtà che poteva essere rappresentata, amplificata o addolcita (Palliated). L'arte moderna, invece, non può più procedere in questo modo. Essa è fondata su un vero nichilismo in quanto ha compreso che la realtà non basterà e che di conseguenza la pittura deve procedere da se stessa, cioè riflessivamente; ciò significa che essa deve porsi alla ricerca delle regole del proprio operare conducendo nuovi esperimenti per determinarle. Tuttavia, questo - per evitare ogni incomprensione - non è sinonimo de l'art pour l'art. Diversamente da questa sorta di autosufficienza artistica, l'esperienza drammatica di una "realtà esplosa" segna il punto di partenza per gli esperimenti artistici17. Il frantumarsi della realtà ne diventa il catalizzatore (Booster)18. Così, se la pittura moderna costruisce un rinnovato riferimento alla realtà lo fa solo per mostrare "quanto poco reale sia la realtà"19, ponendo essa in un altro modo; vale a dire, portando la lezione di Nietzsche sul carattere fittizio di qualunque cosa reale alle sue estreme conseguenze. Così facendo questa pittura mette continuamente in questione e oltrepassa tutti gli obblighi apparenti. Tutti gli sforzi degli "artisti d'avanguardia" miranti a una definizione sono stati governati da una domanda: che cos'è la pittura? Che cosa serve per farla: colore, disegno, prospettiva, canovaccio, composizione, il ricoprire una superficie con del pigmento, un particolare luogo di esposizione, la sua permanenza in un luogo o la sua trasportabilità o, per esempio, l'indipendenza dalla persona dell'artista? Ogni stile pittorico ha tentato di cambiare una di queste costrizioni che sono state conservate come regole di base per trecento anni. In questo modo, la pittura è diventata essenzialmente riflessiva20.
c) Il sublime. Questo spostamento in pittura implica il passare da un'estetica del bello o dell'addolcimento (Palliation) a un'estetica del sublime. Come arte riflessiva l'arte della modernità non è più solo un'impresa dei sensi, ma anche della mente e del pensiero. Essa si oppone espressamente all'essere confinata entro il puro vedere e la pura percezione sensoriale in generale. Così, l'affettare da parte a parte un occhio di Buñuel (Un chien andalou, 1928) fu un atto esemplare dell'arte moderna. "I pittori 'moderni' stanno scoprendo di avere qualcosa da rappresentare che... non è rappresentabile. Stanno iniziando a rivoluzionare i 'dati' presunti del visivo così come a rendere visibile che il campo di visione distorce l'invisibile e ad esigere che l'immagine non si origini solo dall'occhio ma anche dalla mente21". Attraverso questo movimento verso il pensiero e l'attenzione per l'invisibile questo tipo di arte sta diventando - o almeno propende per il diventare - un'arte del sublime. Poiché nel tentare di introdurre elementi che non sono solo visibili ma anche pensabili essa si ricollega, conformemente alla sua struttura, al sublime che già Kant aveva definito un "sentimento della mente"22, poiché esso significa il "far nascere in noi il sentimento di una facoltà soprasensibile" che supera le capacità dell'immaginazione23. Un'arte di questo genere - per dirla con Paul Klee - non può essere compresa puramente in questo mondo24; essa allude invece continuamente a qualcosa che non può essere rappresentato, ma solo pensato a partire dalla "rappresentazione" artistica (la quale in realtà è una non-rappresentazione)25.
Messa in termini storico-artistici l'arte ha perciò assunto qui un carattere iconoclasta. Infatti, una parte del Vecchio Testamento proibisce che l'immagine di culto diventi viva. A favore di questo, si potrebbe dire che tale arte è fondamentalmente diretta verso l'ana-estetico (anaesthetic)26. Questo è parte di ogni esperienza del sublime a patto che implichi il sentimento di qualcosa di non più percepibile con i sensi o il paradossale sentimento estetico di qualcosa di ana-estetico. È la ragione per cui Lyotard recentemente ha parlato con più frequenza di un effetto "anestetizzante" dell'arte27. Così, sia le caratteristiche del sublime che gli atti di pensiero possono essere formulati con e allo stesso tempo contro le tesi di Hegel, nel modo che segue: potrebbe essere vero che "pensiero e riflessione hanno superato l'arte del bello"28 - ma solo questa. Tale superamento non avviene infatti - come pensava Hegel - esclusivamente nella conoscenza (Science), ma - come la storia ha dimostrato contraddicendo Hegel - all'interno dell'arte stessa, più precisamente nella sua transizione verso il sublime. Dunque, l'arte dell'avanguardia è insieme un'arte del sublime e del pensiero. Il riferimento di Lyotard al sublime, che ha creato scompiglio nel dibattito attuale - non vi è infatti calendario di lezioni universitarie che non riporti corsi sul sublime nella storia dell'arte, nella filosofia, nella letteratura e persino, talvolta, nella teologia29 -, presuppone la dissociazione da una tradizionale, vale a dire monumentale, forma di sublime. In proposito i francesi sono facilitati rispetto ai tedeschi, poiché, fin dall'inizio, il francese "le sublime" non contiene alcuna delle ampollose associazioni che gravano sull'espressione tedesca "das Erhabene". Esso viene piuttosto associato con le connotazioni del bello, del sensibile e dell'elevato - vale a dire con il sublime in senso proprio.
d) Esperimento. Perciò, Lyotard non intende pensare al sublime in termini di essere edificante ma - e questo mi porta al prossimo punto del suo modo di caratterizzare l'arte moderna - di essere sperimentale. Sia la natura sperimentale sia la pluralità, che sarà discussa dettagliatamente più sotto, derivano da questo essere dell'arte modellato dal sublime. Tuttavia, va detto che esso non comporta il rappresentare un'entità con il nome dell'irrappresentabile; ma si tratta piuttosto dell'esperienza che nessuna rappresentazione è sufficiente, finale, definitiva. Si può dunque solo alludere all'irrappresentabile rendendo la condizione dell'impossibilità di presentarlo percepibile30. Il richiamo al sublime perde in questo modo ogni falsa emotività potenziale. Lyotard è perciò interessato - ed è così che Christine Pries formula la questione - non dal sublime metafisico ma da quello critico31. Egli non argomenta a favore di una metafisica della trascendenza ma di un'ontologia delle possibilità illimitate; inoltre, il sublime non deve essere declinato verticalmente ma orizzontalmente, ed è proprio attraverso questo che ottiene una funzione critica. Poiché nella diversità delle realizzazioni esso afferma: nessuna opera d'arte è l'opera d'arte, nessuno stile è lo stile, nessun approccio è l'approccio. Qualsiasi ideazione avviene su un "fondamento" di nichilismo ed entro uno spazio di potenzialità illimitate. È necessario attestare e difendere questa condizione contro qualunque o tutte le conclusioni erronee tratte avventatamente. Questo e nient'altro è ciò che si intende con il sublime nel senso postmoderno. Esso non è reazionario bensì critico e sperimentale. È ancora Lyotard che scrive: "Allo stesso tempo, gli artisti d'avanguardia conducono (noi) fuori dall'anelito romantico giacché essi tentano di rappresentare l'irrappresentabile non come un'origine o uno scopo perduti nella lontananza del soggetto della pittura, ma nella nostra prossimità, nelle condizioni dell'opera artistica stessa"32. Essi "impegnano loro stessi... nel compito dello sperimentare"33. Il loro sublime difficilmente è nostalgico; è piuttosto indirizzato all'infinità degli esperimenti plastici ancora da farsi anziché alla nozione di un assoluto perduto"34. Perciò il sublime, come lo concepisce Lyotard, diviene matrice e forza dominante di una serie interminabile di esperimenti, con potenzialità e realtà effettive35.
Questa versione del sublime - cioè, la sua trasformazione in una serie di esperimenti - si oppone criticamente a ogni asserzione di finalità: è contro il positivismo del reale e tutte le presunzioni di assolutezza, evidenti o celate. Perciò, la seguente frase originaria di Lyotard va senza dubbio intesa in questi termini: "La questione dell'irrappresentabile... è ai miei occhi... la sola su cui valga la pena scommettere vita e pensiero nel prossimo secolo"36.
e) Pluralità. Se il carattere sperimentale è una prima conseguenza del sublime, la pluralità ne è una seconda. Essa dispiega positivamente i tratti della possibilità. Quale caratteristica basilare dell'arte moderna è inequivocabile ed è già concepita in una condizione di scomposizione a patto che ciò non sia fatto ingenuamente o nostalgicamente, ma in modo costruttivo, poiché è lì che i singoli elementi del concetto tradizionale di arte sono perseguiti sino all'estremo delle loro possibilità artistiche. Che cosa si può fare con un colore singolo come il rosso? Vi è veramente una forma fatta di bianco o di non-bianco? È possibile che la cornice diventi il soggetto dell'immagine, o che essa venga infranta? Come possono le immagini comunicare l'esperienza dell'invisibile? È Frenhofer un pazzo o il fratello di tutti noi che siamo moderni? Queste, nel loro insieme, sono le domande, gli esperimenti, le imprese degli artisti moderni.
Tutto ciò rende la serie delle possibilità artistiche - a cominciare dal punto di partenza creativo, passando per la logica di sviluppo data, fino alle regole della forma e alle asserzioni di principio - fortemente plurale. Voglio fare un esempio. Non è possibile ampliare un'immagine costruttivista usando una logica visiva surrealista (e viceversa), poiché, mentre la prima richiede uno sviluppo matematico, la seconda esige rappresaglia, scontro, invasione inaspettata dell'eterogeneo, appello a una realtà esplosa anziché coerente. Naturalmente tutto ciò non avviene in modo arbitrario, ma in conformità con un potenziale raggiungibile per tensione. Questi approcci eterogenei necessitano di diversità non solo nei fatti visivi e nelle leggi della loro rappresentazione, ma anche nelle forme di descrizione e di giudizio. Ciò è soprattutto vero per la serie completa dei diversi stili, ismi e movimenti. Infatti, le varie possibilità artistiche incorporano possibilità fondamentali, incommensurabili ed eterogenee, è questa la ragione per cui il campo dell'arte moderna è plurimo non in un senso superficiale ma radicale e rigoroso. Continua...