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Juliet Anno Numero 93 giugno '99



La nascita della filosofia postmoderna dallo spirito dell'arte moderna (II° parte)

Wolfgang Welsch



Art magazine
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Dubuffet: 1971, pittura acrilica e vinilica su klégecell

3. Modernità e postmodernità - L'anelito all'unità contro l'opzione della pluralità
Naturalmente, la valutazione di questo stato plurale - che è segno indiscusso della modernità - potrebbe anche procedere in direzioni del tutto diverse. Infatti, non è necessario valutare la pluralità in un senso positivo come fa Lyotard; è possibile vederla anche criticamente - come fa Adorno. Così, alla luce della posizione opposta di questi due protagonisti del pensiero si può meglio comprendere la differenza generale tra l'opzione moderna e quella postmoderna. Lyotard, come Adorno, e anche attraverso Adorno, dice infatti che l'arte moderna è plurale perché risulta dalla disintegrazione dell'intero, cioè dal "declino della metafisica"37. Ma per Adorno una tale affermazione era profondamente ambivalente. Egli ha considerato la liberazione del molteplice (of the many) - la promessa benigna della modernità - piuttosto come una promessa ingannevole e ipocrita, perché ciò che viene promesso è la liberazione di "spinte parziali"38. Così, anche se questa liberazione dovesse veramente avvenire non significherebbe in alcun modo la salvezza. Secondo il ragionamento di Adorno, infatti, la salvezza può situarsi solo nell'intero, nella completa riconciliazione, e non nell'alienazione di parti che si sono sviluppate separatamente. Perciò, tale aspirazione all'unità e alla totalità costituisce una premessa fondamentale per lui quale pensatore della modernità. Il pensiero postmoderno, invece, si è affrancato proprio da questa preoccupazione per l'unità e la totalità. Esso afferma la transizione verso la pluralità giudicandola positivamente. Infatti, perché si dovrebbe discreditare la coesistenza di opere costruttiviste e surrealiste considerandola una condizione alienante? Non potrebbe lo sviluppo del molteplice, al contrario, costituire la propria visione di felicità per sé e il futuro? In ogni caso, sul piano della modernità come essa si è evoluta, l'unità - di approcci, esecuzioni e criteri - sarebbe ottenibile solo mediante misure repressive. Lo stesso Adorno lo ammette. E allora perché mettere all'indice la condizione della pluralità? E perché la salvezza dovrebbe interamente risiedere nell'unità? Perciò, se c'è una cosa che differenzia la postmodernità dalla premodernità e dalla modernità, è la sua visione fondamentalmente diversa: l'utopia della pluralità intesa come immagine di felicità. Si potrebbe osservare incidentalmente che nella postmodernità l'attenzione non è portata tanto su nuovi contenuti quanto su un diverso e fondamentale atteggiamento39. È dunque cambiata La griglia di valutazione e lo spostamento dall'anelito per l'unità all'elogio (fr.:plaidoyer) della pluralità è il più incisivo di questi cambiamenti40.

L'omologia dell'arte moderna e del pensiero postmoderno
Se nelle ultime osservazioni mi sono spostato dalla definizione di arte moderna alla caratterizzazione della filosofia postmoderna, ciò è reso possibile dalla congruenza tra le due. Perciò, sosterrò la tesi di questa corrispondenza attraverso alcune osservazioni di Lyotard41, il comune denominatore delle quali è che la filosofia postmoderna articola in modo discorsivo ciò che l'arte moderna ha praticato artisticamente.
Il titolo di un libro quale Filosofia e pittura nell'età della loro sperimentazione è in proposito significativo42. Esso indica che ciò che è decisivo nell'arte moderna - la sperimentazione - definisce, allo stesso tempo, la filosofia contemporanea. Con tale spirito, Lyotard ha definito gli artisti e i filosofi "fratelli nella sperimentazione"43. Gli uni e gli altri sono infatti impegnati in un'impresa sostanzialmente riflessiva, alla ricerca continua di regole per ciò che stanno facendo.
Lyotard sottolinea inoltre ancora una volta il parallelo tra l'arte moderna e il pensiero postmoderno indicando la corrispondenza tra la pluralità degli approcci artistici e l'ontologia contemporanea della potenzialità44, oppure dicendo programmaticamente: "Ciò che è accaduto in pittura o in musica negli ultimi cento anni anticipa in qualche misura la postmodernità come io la intendo"45.
Ma sono soprattutto due le caratteristiche dell'arte moderna che costituiscono altrettanti leitmotiv nel pensiero di Lyotard: l'eterogeneità e l'incommensurabilità. Quello che Lyotard tenta di mostrare, con riferimento ai vari giochi di linguaggio, tipi di discorso, generi di pensiero e di codici culturali, cioè che almeno alcuni di questi sono nel loro nucleo eterogenei ed incommensurabili, l'arte moderna l'ha già mostrato da molto tempo nella sua sfera di percezione e nei suoi limiti di percettibilità. Lyotard dice perciò appropriatamente che Duchamp ha fornito " i materiali, gli strumenti e le armi per una politica dell'incommensurabile"46, e più in generale osserva che "Nell'ultimo secolo, tutte le ricerche dell'avanguardia scientifica, letteraria e artistica si sono mosse verso la scoperta della incommensurabilità reciproca dei diversi tipi di linguaggio"47.
Credo perciò che i punti centrali del pensiero di Lyotard possano essere concepiti come una traduzione di alcune caratteristiche dell'arte moderna in altrettante opzioni filosofiche. Perciò, la scomposizione dell'arte corrisponde alla fine delle meta-narrazioni; il suo carattere riflessivo trova un parallelo nella condizione fondamentale del pensiero di essere costantemente alla ricerca delle proprie regole; la controparte dell'estetica del sublime è l'aprirsi del pensiero ai paradossi e all'incomprensibile; vi è inoltre la "fratellanza" di artisti e filosofi nella sperimentazione e la pluralità - nel senso drastico di determinata dall'eterogeneità e dall'incommensurabilità - che costituisce il punto centrale della concezione di Lyotard. Infine, l'omologia tra pensiero postmoderno e arte moderna non è solo chiara, ma diviene evidente l'ispirazione genealogica che questo pensiero trae da quell'arte.

L'arte moderna come discrimine (Criterion) nella disputa tra modernità e postmodernità
Per concludere questa sezione dedicata a Lyotard vorrei chiarire ancora una volta, a proposito della controversia con Habermas, come sia possibile per il pensiero postmoderno distinguersi da quello moderno richiamandosi all'arte moderna. Habermas, nel discorso di accettazione del premio Adorno, ha raccolto l'idea di Albrecht Wellmer secondo cui l'arte è in grado di realizzare una riconciliazione tra le culture pienamente differenziate dalla razionalità, da un lato, e la Lebenswelt [mondo-della-vita], dall'altro. Tuttavia Lyotard sostiene che una tale riconciliazione è dubbia, sottolineando che un'idea di questo tipo è incompatibile con il carattere dell'arte moderna. Perché tale arte ha una costituzione plurale e non unitaria (dissociative) e la riconciliazione non è né il suo ideale né la sua regola. Chiunque desideri perciò attribuire ancora un compito di riconciliazione all'arte moderna, continua a guardarla apparentemente soltanto dalla posizione un po' anacronistica del bello anziché nei termini del sublime; in questo modo, fondamentalmente fraintendendola48. Poiché, le "arti non più belle" della modernità focalizzano le loro energie sul far esplodere piuttosto che sul sintetizzare e sono interessate alla creazione di discontinuità invece che alla produzione di un amalgama.
La cosa interessante di questa controversia è che un pensatore postmoderno sia capace di fare appello all'arte moderna quale testimone di tutte le questioni come al punto cruciale di ciò che lo differenzia da un pensiero decisamente moderno per il tema dell'eterogeneità. Ciò rende chiaro ancora una volta quanto intrinsecamente la filosofia postmoderna sia collegata ai motivi dell'arte moderna.

V. ESPANSIONI
Prima di rafforzare in un'altra sezione le intuizioni ottenute dalla concezione di Lyotard vorrei ampliarle in una sezione intermedia. Vorrei cioè ritornare alle definizioni di arte moderna date da Dubuffet e ai loro paralleli con la filosofia postmoderna; mostrando come tale congruenza sia confermata anche da altri autori dentro la sfera della postmodernità - quali Foucault e Derrida.
1. Articoli del programma di Dubuffet e argomenti della postmodernità
Nel trattare Dubuffet abbiamo parlato del suo allontanamento da quattro aspetti della cultura che sono l'antropocentrismo, il logocentrismo, la monosemia e il primato del visivo. Tutto ciò lo abbiamo ritrovato in Lyotard, nell'area di intersezione tra pensiero postmoderno e arte moderna. L'abbandono del primato del vedere e della visibilità avviene infatti con l'andare verso il non rappresentabile e con gli sforzi della filosofia postmoderna per darne testimonianza. L'allontanamento dalla monosemia e dall'intera gamma delle sue possibilità di pensiero (cioè, dal pensare in termini di rappresentazione e di presenza) è attuato nei vari modi della decostruzione. L'allontanamento dal logocentrismo risulta invece dal fatto che nel postmoderno la razionalità è divenuta plurale e il concetto tradizionale di logos, con la sua concezione gerarchica e centralista della ragione, non è in grado di fare giustizia di questa pluralità; per di più è chiaro che all'interno della postmodernità il dominio tradizionale del logos è frustrato da una più forte attenzione per l'estetico. Infine, l'allontanamento dall'antropocentrismo fra i poststrutturalisti è evidente. Perciò, proprio come l'arte moderna ha tentato di oltrepassare l'umano - nel cosmico (Malevic), nella non-intenzionalità (Surrealismo) e nel materiale (Arte povera) - anche il pensiero postmoderno aspira a superare la concezione "umanistica" dell'uomo. La stessa espressione "postmodernità" segnala (fra le altre cose) l'allontanamento dal concetto di progresso orientato in senso umano e si riferisce a una "de-identificazione" dell'uomo49; questo allontamento è completato nella svolta verso l'inumano. Il fatto che questo sia un termine chiave tanto per Apollinaire e Adorno che per Dubuffet e Lyotard50 fornisce la prova di un contesto che rende comprensibile per quale motivo i disprezzatori della postmodernità debbono esserlo anche della modernità.

2. Foucault: professare la letteratura e la vicinanza all'arte
Prendendo Foucault e Derrida come esempi vorrei infine illustrare brevemente come la tesi di una congruenza tra il pensiero postmoderno e le intenzioni dell'arte moderna possa essere confermata anche da altri autori della postmodernità51. Appare ovvio infatti che l'ispirazione di Foucault proviene dagli ideali dell'arte moderna. Ciò è particolarmente evidente ogni volta che egli attribuisce alla letteratura una funzione guida, come alla fine della sua celebre opera Le parole e le cose, dove l'autore ha di mira l'allontanamento dall'uomo determinato da un ideale di linguaggio; quello di Mallarmé. Perciò, nel puro "essere del linguaggio" l'uomo deve "scomparire come un viso tracciato sulla sabbia della spiaggia"52.
Credo tuttavia che anche il tardo pensiero di Foucault, che si è allontanato da tale concezione iniziale, sia ancora segnato e ispirato reconditamente in modo estetico - anche se non più dalla letteratura ma dalla pittura.
Vale a dire che si può intendere la concezione di Foucault della microfisica del potere e delle varie ramificazioni della razionalità come una trasposizione dei motivi dell'arte moderna, e della pittura informale in particolare - che ancora una volta fa venire in mente Dubuffet -, all'interno del contesto delle teorie del potere o della razionalità. A questo punto, tuttavia, (dopo aver fatto un breve riferimento intermedio a Deleuze, per il quale l'informale aveva un significato chiave; egli stesso, d'altro canto, ha descritto la nozione di un "caos informale" come matrice della sua opera principale Differénce et répétition53) vorrei puntare direttamente a Derrida e più precisamente all'aspetto meno noto dell'influenza che su di lui ha avuto l'arte moderna.

3. Anche Derrida: Mallarmé e l'informale
È certamente risaputo che Derrida sviluppa il suo pensiero guardando a scrittori come Artaud, Bataille, Blanchot e Kafka; in realtà egli ha piuttosto spiegato sé stesso usando questi come esempio mentre Un coup de dés jamais n'abolira le hasard di Mallarmé ha probabilmente esercitato l'influenza più profonda, quella che ha condotto Derrida a un offuscamento della linea di demarcazione tra filosofia e letteratura54. Nei suoi scritti, perciò, lo scrivere orientato dall'arte e la riflessione filosofica si compenetrano vicendevolmente - i suoi critici dicono che si divorano l'un l'altra. Tuttavia il lato sconosciuto di questa vicinanza della filosofia all'arte è ugualmente interessante, il pensiero di Derrida mostra infatti nelle sue categorie più elementari una cospicua affinità con le categorie dell'informale. Traccia, segnale, pista, disseminazione, spianare la strada, differire (Shifting) il senso e un concetto più generalizzato di scrittura sono i termini chiave che nell'opera di Derrida segnalano comunanze (commonalities) tra il suo pensiero e le caratteristiche strutturali dell'informale55.
Nel corso delle mie osservazioni spero di aver reso fin qui plausibile la tesi della nascita della filosofia postmoderna dallo spirito dell'arte moderna e di averla rafforzata con vari collegamenti56. L'omologia appare in ogni caso indiscutibile. La genealogia può non essere sempre così chiara in tutti gli esempi come lo è in Lyotard, ma dopo tutto egli è il pensatore "postmoderno" per eccellenza e in ogni caso, a proposito delle nascite dallo spirito, l'omologia è più importante del loro essere derivate direttamente.

4. Modernità e postmodernità: interconnessioni e spostamenti
A questo punto, appaiono appropriati alcuni chiarimenti sulle relazioni tra modernità e postmodernità. Secondo la tesi contenuta nelle mie osservazioni e l'evidenza in esse data esiste una congruenza tra la sfera dell'arte e l'ambito della filosofia; infatti, ciò che ha indicato la strada agli artisti d'avanguardia della modernità ha dato frutti anche alla filosofia nel pensiero postmoderno.
Questo mostra chiaramente che la differenza tra modernità e postmodernità non è assoluta, in altre parole che la postmodernità non può essere semplicemente una transmodernità o un'antimodernità a cui vorrebbero ridurla i suoi detrattori. Guardando i fatti, essa diviene una forma di riscatto radicale dei contenuti moderni o una forma quotidiana essoterica delle conquiste, un tempo esoteriche, della modernità57.
In secondo luogo risulta confermato che l'arte moderna era nettamente avanzata nel contesto dell'intera cultura, soprattutto nei confronti della filosofia contemporanea. Infatti, mentre quest'ultima - come si è visto in Husserl - stava ancora immergendosi nel progetto di una philosophia perennis, l'arte, da molto tempo, aveva conquistato gli elementi di una nuova concezione della realtà. Tale posizione avanzata rende conto dell'alto potenziale di identificazione che è stato assegnato all'arte in questo secolo. Chiunque cerchi di ottenere accesso al nuovo, alle circostanze e ai modi di comprensione della realtà contemporanea, gli è stato consigliato di rivolgersi all'arte piuttosto che alla filosofia. Detto in termini più espliciti, il reale compito filosofico della comprensione contemporanea è stato percepito molto prima e meglio dall'arte anziché dalla filosofia - o almeno nel senso in cui questo è stato percepito dalla filosofia istituita accademicamente (arriveremo presto a parlare di un'eccezione come Nietzsche).
Così provvista l'arte ha lasciato dietro di sé posizioni moderne antiquate prima degli altri modi della nostra autocomprensione; ne dovrebbe derivare, in terzo luogo, come nient'affatto sorprendente che il termine postmoderno provenga originariamente dalla sfera dell'arte - anche se non importa che lo si voglia riferire alla pittura, nei confronti della quale l'espressione è stata usata per la prima volta nel 1870 in Inghilterra, alla letteratura, che ha provocato negli Stati Uniti la disputa sulla postmodernità che si estende all'incirca dal 1959/1960 fino al presente, o all'architettura, la quale dal 1975 è diventata il principale campo di battaglia della discussione. Tuttavia, il termine è stato introdotto nella filosofia piuttosto tardi, vale a dire nel 1979 - da Lyotard58.
In quarto luogo, il porre effettivamente nella stessa rete gli elementi moderni e postmoderni sopra esposti definisce i criteri a cui si deve prestare attenzione se si desidera arrivare a distinzioni attendibili. Queste non possono essere ottenute costruendo violente sezioni cronologiche trasversali, ma facendo, per così dire, ricerche analitiche in profondità sulle differenze di contenuto. In un tale scenario risulta allora immediatamente comprensibile che Adorno, un moderno progredito il cui pensiero è stato formato dall'esperienza dell'arte, fosse da un lato, proprio per questa ragione, in grado di intraprendere passi evidenti in direzione della postmodernità mentre dall'altro - come un hegeliano che "malgrado tutta la sua critica a Hegel stava con Hegel"59 - restava in ultima analisi un moderno; come nei confronti della questione fondamentale dell'opzione per l'unità opposta all'accettazione della pluralità. Solo osservazioni in profondità di questo tipo, dunque, possono fornire criteri inconfutabili e condurre a distinzioni sicure. Dall'altro lato, invece, procedere in modo indifferenziato produce una confusione senza speranza - e su questo punto gli oppositori della postmodernità si sono distinti in generale per una grande arbitrarietà e spesso per un disprezzo degli standard moderni di onestà e di metodo accademici così scandaloso pari a quello degli apologeti più spinti del postmoderno più gettonato (Hyped-up).

5. Nietzsche l'apripista
Un'ultima parola di chiarimento riguarda il titolo: l'allusione all'opera di Nietzsche La nascita della tragedia dallo spirito della musica, pubblicata nel 1871, ha un significato preciso. Com'è noto, Nietzsche sviluppa in quest'opera il punto di vista secondo cui la tragedia attica discende inizialmente dal coro e dal culto di Dioniso, solo in seguito, con Euripide e Socrate, la cultura greca ha iniziato a declinare e l'entusiasmo dionisiaco è venuto paralizzandosi entro i sentieri equilibrati della ragione e del pensiero teoretico che ha cercato di eliminare tutto quello che era incommensurabile60. Questa paralisi ed espulsione dell'incommensurabile, ratificata dalla marcia trionfale della scienza contro cui la critica di Nietzsche è in genere diretta, viene rovesciata dall'arte moderna e dalla filosofia postmoderna, poiché l'arte moderna non punta più al bello e alla tranquillità ma anela al differimento nell'incommensurabile; e la filosofia postmoderna coglie decisamente questo tentando di ridargli i suoi diritti61. La relazione tra la filosofia postmoderna e l'arte moderna - che è il primo significato del mio titolo -, perciò, non solo corrisponde genealogicamente alla relazione tra musica e tragedia in Nietzsche; ma la filosofia postmoderna - qui sta il secondo e più significativo senso della mia allusione - attua anche ciò che Nietzsche voleva stimolare per mezzo della sua opera programmatica: andare al di là della razionalità che era divenuta restrittiva attraverso la riconsiderazione dell'incommensurabile. In questo senso, la filosofia postmoderna redime il progetto e la profezia di Nietzsche (del progenitore Nietzsche) - e se non lo fa ovunque letteralmente ma (in contraddizione con il trasmetterlo con uno spirito puramente storicista) in conformità con le condizioni contemporanee, questo avviene anche nello spirito di Nietzsche.

VI. DOPO LA NASCITA E L'INFANZIA IL DIVENIRE ADULTO O DAL PENSIERO POSTMODERNO AL PENSIERO ESTETICO
In questa sesta sezione desidero porre una questione che mi sembra particolarmente importante e nel rispondervi delineerò il mio approccio. Che cosa può significare, a lungo andare, l'iniziazione estetica del pensiero postmoderno per questo tipo di pensiero? Manterrà esso il suo carattere estetico, e se sì ciò ritornerà a suo vantaggio; e se la risposta è ancora affermativa, quali sono i vantaggi che è in procinto di ottenere?
1. Pensatori postmoderni come pensatori estetici
Che il pensiero postmoderno rimanga caratterizzato dall'estetica è evidente e ciò può essere mostrato in tutti gli autori principali del discorso postmoderno quali, oltre quelli già citati, Baudrillard, Kamper, Sloterdijk.
Così, Jean Baudrillard ha variamente usato i fenomeni estetici per decifrare da essi le circostanze della realtà contemporanea. Ha letto, per esempio, dalle frasi senza senso dei graffiti americani, che per lungo tempo abbiamo trattato non solo nelle teorie poststrutturaliste accademicamente elevate ma anche nella vita quotidiana come significanti fluttuanti liberamente senza significato, che i segni nella realtà sono diventati incongruenti, che la semiocrazia è imperante (Is lying) e che scoprirla è uno dei pochi interventi critici ancora possibili62.
Oppure ha compreso - e questo è caratteristico di un modo estetico di pensiero - come visualizzare metaforicamente e in modo simultaneo alcuni fenomeni isolati del mondo d'oggi come fenomeni chiave - per esempio il cancro e i cloni. Il cancro, l'eccessiva crescita dello stesso, e i cloni, l'identica riproduzione dello stesso, stanno infatti a simbolizzare la tendenza fondamentale contemporanea verso l'espansione vorace dello standardizzato e verso la paralisi estrema nell'uniformità.
Allo stesso modo Dietmar Kamper, nelle sue analisi dei fenomeni attuali, inizia sempre con le ambivalenze del carattere dell'immagine (imagic). Le immagini contengono le più antiche promesse di felicità ma si rivelano anche insignificanti e ingannevoli. Quando vengono realizzate, visioni di salvezza si trasformano improvvisamente in imprese di rovina63. La società delle immagini di oggi è una società dell'immaginario con conseguenze letali, non una repubblica del fantasioso che dovrebbe essere in accordo con il creativo e liberare le facoltà. Tuttavia, la sola cosa che aiuta l'azione contro la barriera imprigionante dell'immaginario è ancora una volta un appello all'immaginazione64. Dunque, un immaginario corretto contro un immaginario erroneo; questa è una linea di opposizione fondamentale nel pensiero di Kamper, che in proposito cerca di modellarsi sull'estetica.
Una specie di impregnazione estetica è evidente anche in Peter Sloterdijk. Le sue analisi sono disseminate di immagini di esempio e il suo linguaggio è pervaso dalla metaforicità. Anche il suo pensiero è estetico, poiché un caratteristico stile di musicalità diviene udibile in esso - incidentalmente - secondo Nietzsche, e non il segno più infimo ha a che fare con un autentico filosofo.
Così, anche in Sloterdijk viene suggerito uno spostamento di accento sul concetto dell'estetico, che tratterò separatamente più sotto. Sloterdijk dice (in un libro caratteristicamente sottotitolato un "saggio estetico") che oggi la linea separante il logico e l'estetico è divenuta indifendibile: "Bisogna fare attenzione a qualcosa che è percezione, estetica nel senso più ampio, e che rimane fino alla sua ultima istanza una questione del pensiero"65. Egli si riferisce perciò a un'estetica in senso ampio, non determinata da alcuna relazione con l'arte ma che enfatizza la percezione. Tale percepire costituisce per Sloterdijk il nucleo del pensiero. E questo contiene una svolta che secondo me è caratteristica del pensiero postmoderno e della sua impregnazione estetica.

2. Dall'estetica all'aistetica
Ciò che Sloterdijk qui chiama "estetica nel senso più ampio" io l'ho tematizzato altrove con la definizione di "aistetica"67. Mi sembra, infatti, che il pensiero postmoderno sia più propriamente un "pensiero aistetico" e che proprio per questo esso dia alla sua iniziazione estetica una tendenza veramente produttiva. L'espressione "aistetica", infatti, indica il riflesso elementare dell'estetica retrocesso all'aisthesis; cioè alla percezione. E questo riflesso retrocesso costituisce il cuore del "pensiero aistetico". Darò di questo, tuttavia, il seguente abbozzo molto in breve68.
In modo abbastanza caratteristico, gli autori postmoderni menzionati non tematizzano l'arte fondamentalmente per dire qualcosa su di essa ma per comprendere, a partire dalle percezioni (che essi traggono dall'arte, tra le altre cose), la nostra realtà. Perciò, l'arte non è l'ambito a cui puntare ma l'ambito che fa da modello alla riflessione. Essa può farlo perché rende disponibili delle risorse per la percezione e richiede o libera una particolare capacità di percezione. È tale percepire che conta nel "pensiero aistetico".
Questo non significa una percezione puramente sensoriale ma una percezione in generale, fondamentalmente una comprensione di fenomeni originari che, come tali, possono essere capiti soltanto per mezzo di atti simili alla percezione e non, per esempio, attraverso l'induzione o la deduzione logica. Questo tipo di percezioni hanno infatti a che fare con l'avere cognizione, il divenire consapevoli, avvertiti e sensibili. Si tratta, cioè, di scovare i significati primi - soprattutto quelli che oltrepassano il sensibile. Devo perciò richiamare ancora una volta la tematizzazione del sublime di Lyotard, il fatto che vi sia un rendersi conto del fallimento della sensibilità e un divenire coscienti del transestetico o dell'anaestetico. Percepire i confini e gli oltrepassamenti dell'estetico - che non avevano un proprio posto nell'estetica tradizionale - diviene centrale per il pensiero aistetico che abbiamo abbozzato sopra. Si potrebbe effettivamente vedere l'intera differenza tra postmodernità e modernità rispecchiata in questa distinzione tra aistetica ed estetica. Poiché in essa tutte le opposizioni menzionate ritornano - consapevolezza dei confini contro pretese di globalità, primato della sublimità contro quello della bellezza, opzione lyotardiana contro quella habermasiana.

3. Pensiero aistetico: un pensiero realistico di oggi
Per un pensiero capace di percepire come questo - che comincia, cioè, dalla percezione e rimane imbrigliato in ceppi anaestetici; in breve un pensiero aistetico che abbraccia sia l'estetica che l'anaestetica - mi sembra, non perché correntemente alla moda come sospettano alcuni ma per la sua capacità di comprendere e la sua pertinenza alla realtà, essere giunto il momento. Oggi, infatti, - questa è la mia tesi - esso è il pensiero genuinamente realistico, quello che meglio, qui e ora, misura la realtà presente (che assolutamente niente è in grado oggi di misurare). Le prospettive estetiche, che un tempo erano considerate incerte, stanno divenendo, perciò, sempre più vicine alla realtà e sono le più intense per la loro forza di rivelazione69.
Ma quello che si rivela decisivo per il cambiamento nella pertinenza di un tipo di pensiero - per lo spostamento di enfasi, cioè, da un pensiero logocentrico a uno aistetico - è un cambiamento nella realtà stessa. La realtà del giorno d'oggi è infatti essenzialmente costituita attraverso processi percettivi; cioè, soprattutto per mezzo di processi medi di percezione. Tale realtà può quindi solo essere trattata per mezzo di un pensiero capace di percezione. Questo vale - il che è apparentemente paradossale - anche per i fenomeni anaestetici - dal 26 aprile 1986, il giorno in cui è accaduto il fatto di Chernobyl, noi tutti sappiamo che le minacce decisive di oggi sono di tipo anaestetico, che non possono più essere percepite dai sensi e che solo il danno che causano influenza questi, divorandoli. Solo per qualcuno che è aisteticamente in sintonia, soprattutto per coloro la cui attenzione è rivolta all'oltrepassamento anaestetico dell'estetico, tali scoperte sono attinenti in modo allarmante.