Inside Art Anno 5 Numero 42 aprile 2008
Colloquio con Francesco Bonami e Sarah Cosulich, curatori della mostraGod & goods. Spiritualità e confusione di massa
Libere arti in libero stato
Bonami: «La fede è una cosa astratta e si scontra con l’idea di progresso»
di Maurizio Zuccari
In tempi in cui il nostro paese vive ancora nel diktat religioso, subisce battaglie di retroguardia sull’ingerenza chiesastica nei letti e nelle pance, l’arte che fa? È domanda non peregrina chiedersi qual è il senso del sacro degli artisti contemporanei, come pure quale sviluppo delle arti, delle scienze e delle coscienze avremmo avuto se, al posto della committenza ecclesiastica e del dogma divino, avessimo avuto una diversa storia, un’educazione civile e religiosa non basata sulla paura della libertà. Così non è stato, come sottolinea Francesco Bonami, fresco premio oscar a New York, tra i curatori della mostra “God & goods” a villa Manin che intende appunto interrogarsi sul rap-porto tra arte, religione e spiritualità.
Qual è oggi, dopo secoli di pervadenza religiosa in campo artistico e censure millenarie, il rapporto tra l’arte e la fede?
«La fede è diventata una cosa astratta e si scontra costantemente con l'idea di progresso. Recentemente a Milano hanno presentato in una chiesa i video di Bill Viola, che sono per alcuni la versione tecnologica del nuovo rinascimento o dell’iconografia religiosa dell'antichità. La contraddizione di questa operazione è che la vera fede non sta più nella religione ma nella tecnologia. Così si crede che con l'uso della tecnologia si possa ridare religiosità all’arte. Se si fosse fatto vedere un film di Matthew Barney in una chiesa si sarebbe urlato allo scandalo, quando ha molta più fede lui di Bill Viola. Era molto più religioso Bosch di quanto poi lo sarà quel ruffiano di Raffaello».
Quali sono gli artisti più rappresentativi sul tema nell'ambito del contemporaneo?
«Tanti, anche se alcuni non sono in mostra perché troppo didascalici. Hirst parla sempre della religione in forma troppo spettacolare, Viola invece ne parla in maniera troppo servile. Cai Guo Chiang vede la religione in modo più buddista, ovvero in tutte le cose, nell'atmosfera della realtà, e questo approccio mi sembra più interessante. Cattelan parla sempre di religione in modo molto cattolico, intriso di sensi di colpa e bisognoso di segnali concreti».
Se nel nostro paese ancora improntato all’etica familistica e all’ingerenza ecclesiastica non avessimo avuto questa nostra storia, chiese e madonne da pittare, la nostra arte sarebbe stata più o meno feconda?
«Non so se più o meno feconda, sicuramente più libera come d'altronde la nostra società e la nostra cultura sarebbero state più libere se non avessero avuto in casa la chiesa cattolica ma è un po’ un discorso astratto, come dire se i russi sarebbero stati diversi se non avessero avuto il comunismo. Il comunismo lo hanno avuto, quindi sono quello che sono adesso, più fortunati forse degli italiani che invece la chiesa ce l'hanno ancora, senza voler togliere nulla al Vaticano».
Fedeli solo al dubbio
Cosulich: «Le opere in mostra aprono la strada a una moltitudine di domande»
di Maria Luisa Prete
Dal 2004 Sarah Cosulich Canarutto è curatrice del centro d’arte contemporanea di villa Manin. Insieme a Francesco Bonami, presenta “God & goods”, rassegna sul complesso rapporto tra arte e spiritualità. Una sfida difficile per un percorso che non dà risposte ma punti di vista.
Quale l’idea alla base della mostra?
«Abbiamo voluto affrontare un argomento vasto attraverso un gruppo di opere che aprono la strada a una moltitudine di domande e interpretazioni. Religione e spiritualità vanno intese come ricerca di ciò che sta oltre ma anche come analisi e scomposizione di quelle che sono le rappresentazioni del sacro nella nostra società. God and goods pone l’attenzione sui meccanismi e sulle dinamiche della fede ma evita di arrivare a conclusioni. In questa mostra la spiritualità può anche coincidere con la necessità dell’artista di rielaborare l’ideale romantico cercando nelle contraddizioni della realtà un’immagine evocativa. Ma tutte le opere riconducono a quello che sembra effettivamente il soggetto dominante e cioè il dubbio, inteso come un fondamentale punto di partenza ma anche inevitabile conclusione di ogni tentativo di spiegarsi il mondo».
Esiste una fede tradizionale nell’arte?
«La fede nell’arte contemporanea è un concetto vastissimo, complesso e difficilmente definibile. Può essere una ricerca, un immaginario alternativo ma anche un’analisi del significato della parola stessa».
C’è il rischio di essere considerati blasfemi?
«Il rischio c’è sempre anche perché questo tipo di accuse sono molto facili, quasi scontate. Mentre per un visitatore porsi criticamente rispetto all’opera nel tentativo di cogliere il suo significato è una sfida molto più grande. L’arte contemporanea non dà risposte univoche ma richiede uno sforzo, una presa di posizione da parte del pubblico. Spesso questa possibilità spiazza e disorienta mentre in realtà deve essere presa come un’opportunità. Ogni opera è una grande domanda».
Un’opera darà anche inconsapevoli risposte?
«Credo che il titolo della mostra riassuma i diversi modi in cui le opere affrontano questo tema. “God and Goods” come rapporto tra Dio e le cose, “spiritualità” come ricerca e “confusione di massa” come riferimento al dubbio».
È un percorso espositivo ragionato?
«Non abbiamo creato un percorso. Ci sono spunti e riflessioni diverse che si alternano creando un labirinto di possibilità e interpretazioni».
L’esposizione
Tra spiritualità e confusione di massa
“God & goods. Spiritualità e confusione di massa”, a cura di Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto. L’esposizione vuole presentare la spiritualità e il concetto del sacro attraverso le interpretazioni di trenta artisti contemporanei. In mostra opere di: Sarah Lucas, Thomas Bayrle, Fischli & Weiss, Arthur Zmijewski, Colin Darke, Richard Prince, Darren Almond, Anri Sala, Thomas Struth. Vengono ospitati anche quattro interventi nel parco circostante la villa ad opera di Maurizio Cattelan, Felix Gonzalez-Torres, Subodh Gupta e Susan Philipsz. CatalogoAzienda speciale Villa Manin, 160 pagine, 15 euro. Dal 20 aprile al 28 settembre, villa Manin centro d’arte contemporanea, piazza Manin 10, Passariano, Codroipo (Udine). Da martedì a domenica, ore 9-18. Info: 0432821211; www.villamanincontemporanea.it.