Inside Art Anno 5 Numero 41 marzo 2008
Maximishin e gli Aes+f, scenari post sovietici.Sonnambuli eroi nel nuovo cyberepos del XXI secolo
C’era una volta l’Urss. A quasi vent’anni dalla caduta del muro e dalla dissoluzione dell’Unione sovietica, il paese del socialismo realizzato è terra di coltura del capitalismo globale, specchio e paradigma dei guasti e bagliori del ritrovato mercato. Come in un racconto dostoevskijano, tra le macerie del muro arranca la folla degli ultimi, mentre i nuovi russi sfoggiano la loro ricchezza come ai tempi dello zar. E il corpaccione della grande madre Russia si trascina, spezzettato e dilaniato dai mai sopiti conflitti interetnici, alla cerca d’un futuro da ex potenza che le lusinghe del nuovo zar, Putin, non rendono meno improbabile. L’ex impero rosso, già membro in pectore del club degli stati canaglia, è negli scatti ludici e impietosi di Sergey Maxmishin, nei corpi efebici dei fanciulli da videogame che gli Aes+f condannano a una sempiterna lotta con sé stessi. A loro dedichiamo il servizio di copertina, al meglio della nuova Russia in campo artistico, capace di misurarsi con la propria apocalisse e guardare al domani dall’oggi di anello debole del neocapitalismo. Dove Lenin, povera icona da ristorante, come gli adolescenti virtuali, raccontano un tempo demitizzato e folle, disperato e vitale.
Maurizio Zuccari
Il gruppo degli Aes si è formato nel 1987. Nel 1995 gli artisti che lo compongono hanno iniziato a collaborare con il fotografo Vladimir Fridkes dando così origine agli Aes+f. Oggi si annoverano tra i più brillanti esponenti della scena artistica contemporanea russa. Il loro progetto “L’ultima insurrezione” è stato presentato al padiglione russo della52esima Biennale d’arte contemporanea di Venezia. Nel 2007gli Aes+f hanno preso parte alla Biennale di Istanbul e una mostra retrospettiva a loro dedicata è attualmente in corso al Museo russo di San Pietroburgo. La mostra “Il paradiso verde...” raggruppa progetti realizzati dagli Aes+f nell’ultimo decennio (1997–2007), dedicati alla questione dell’infanzia e dell’adolescenza nella società e nella cultura dei nostri giorni. Da sempre i bambini rappresentano il fattore principale delle speranze umane; ogni civiltà crea una propria mitologia dell’infanzia e al tempo stesso i bambini e gli adolescenti si pongono come una lente della società. Ciò che caratterizza questo gruppo di artisti è l’approccio rigoroso alle questioni filosofiche, esistenziali e sociali, l’articolazione, portata all’estremo, del concetto artistico dotato di un orientamento profetico particolarmente spiccato. Ogni loro nuovo progetto, da “The suspects” (1998) a “Action half life” (2003), è una provocazione sui generis che fa scricchiolare il nostro abituale modo di intendere il bene e il male, il peccato e l’innocenza, la virtù e il vizio. La serie intitolata “Sospettate” è costituita dai ritratti fotografici di quattordici ragazze minorenni. Sette ritratti sono sta-ti effettuati in un riformatorio per minori, che hanno commesso omicidi particolarmente efferati per futili motivi. Sette fotografie sono invece i ritratti di allieve di scuole medie di Mosca, ragazze appartenenti a famiglie più o meno agiate. In questa installazione, i ritratti delle ragazze assassine e di quelle con un destino normale sono mescolati in modo casuale tra loro. Per motivi di ordine etico, le informazioni su ciascuna delle protagoniste di questo progetto sono segrete e note soltanto ai suoi autori. Ciononostante il pubblico viene chiamato a tentare di dare una risposta su chi delle ragazze ritratte è stata capace di compiere un assassinio. Ciascuna delle persone componenti il pubblico, nell’interrogarsi se anch’essa possa trovarsi tra le “Sospettate”, si sente come un eroe di un romanzo di Dostoevskij... Oltre a questioni di ordine esistenziale, questa installazione pone anche questioni di carattere sociale. L’aggressività femminile e infantile in casi particolari esisteva, e continua a esistere, in tutte le epoche e in tutte le civiltà. Ci sono periodi storici in cui l’aggressività risulta particolarmente marcata, come espressione dello stato critico che si viene a creare nei momenti cruciali di sviluppo della società. Proprio la situazione che si era verificata in Russia verso la metà del1990 quando le persone, venutesi a trovare in questo periodo di passaggio, in cui le regole economiche, sociali e morali del vecchio regime sovietico erano venute meno, hanno cercato febbrilmente la possibilità di sopravvivere nelle condizioni di una nuova struttura in fieri e di un novello “capitalismo selvaggio”. Maggiormente esposti agli stress emotivi, le donne e i bambini si sono spesso rivelati l’anello debole, dando prova di reazioni inadeguate e distruttive... Il progetto “L’ultima insurrezione” è una nuova tappa nell’analisi del fenomeno del mondo virtuale, la cui impetuosa espansione genera nuove illusioni e profezie escatologiche. Se nel progetto “Action half life” l’arma non era che in mano ai bambini, in “L’ultima insurrezione” si passa all’azione. L’animazione in 3d, che crea un modello di cyber spazio derivato dal mondo reale e da quello mediatico dello scorso XX secolo, assume le sembianze di un paesaggio fantastico del nuovo Eden dove il tempo si è cristallizzato. Qui le epoche passate convivono con il futuro, la fioritura con il declino. Gli artisti popolano questo paesaggio di affascinanti adolescenti androgini, impegnati in una guerra-insurrezione con se stessi. In questa battaglia non c’è differenza tra vittima e carnefice, maschile e femminile, bene e male, ineluttabilità e il suo contrario. I protagonisti dell’ultima insurrezione sopravvivono ai miti di tutte le epoche e nazioni, mescolati con i miti della moderna cultura di massa, con gli stereotipi e i cliché della computer grafica. La loro danza, con movenze da sonnambuli, rimanda all’estetica di Caravaggio. Come l’olandese volante, condannato ad un eterno vagare, gli eroi del nuovo cyber-epos sono condannati a combattere in eterno. È una lotta dove sangue e dolore sono assenti, è un contatto senza contatto. Ogni generazione dà vita alla propria versione dell’apocalisse artistica nella musica, nella pittura e in altri generi di arte. “L’ultima insurrezione” è una visione post apocalittica che ha sostituito quelle precedenti. Nella loro analisi del mondo contemporaneo, nel loro avvalersi della sua mitologia e delle ultime tecnologie, gli artisti fanno ricorso alla fotografia di moda, al linguaggio pubblicitario, alla cultura di massa popolare e giovanile, ad alcuni elementi del cinema hollywoodiano e all’estetica classica dei maestri del passato per creare un linguaggio visivo proprio, che mostri i punti dolenti della civiltà globalizzata del XXI secolo nella quale il mondo virtuale va soppiantando sempre di più il mondo reale.
Olga Sviblova
Direttrice multimedia art center, curatrice, courtesy Mac