L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Inside Art Anno 8 Numero 81 novembre 2011



Bertozzi & Casoni . Disastri & Bellezze

Maurizio Zuccari

Vanitas, ironia e artificio, iperrealismo e surrealismo .



The Living Art Magazine


SOMMARIO N. 81

Notizie
Milano città dell’acqua di Evaristo Manfroni

Visto da
Georgia O’Keeffe, l’amante delle vastità di Ornella Mazzola

In cartellone
Expo mondo di Simone Cosimi
Expo Italia di Silvia Novelli

Copertina
Mercanti in fiera, perdi i soldi e scappa di Marilisa Rizzitelli
Artissima, Manacorda: “Una fiera di ricerca” di Marilisa Rizzitelli

Primo piano
Bertozzi & Casoni, disastri & bellezze di Maurizio Zuccari

Eventi & mostre
Lucca photo fest, sguardi d’Oriente di Enrico Stefanelli
Pixar, la fabbrica delle meraviglie di Manfredi Lamartina
“L’espressione è cazzeggio”, colloquio con Cattelan di Valentina Gentile
Lui è il nostro Buster Keaton di Massimo De Carlo

Musei & gallerie
Napoli, Memus: musica e memoria di Camilla Mozzetti
White cube, l’essenziale in un cubo di Valentina Gentile

Vernissage
Le inaugurazioni in Italia di Zoe Bellini

Indirizzi d’arte
Le esposizioni in Italia di Maria Luisa Prete

Foto
Malick Sidibé, cartoline dall’Africa di Alessandra Vitale
Gli scatti da non perdere di Giorgia Bernoni
Roberto Kusterle, divinitˆ enigmatiche e mitologiche di Federica Polidoro
Tano D’Amico, nostre signore del disordine di Camilla Mozzetti

Arte&fede
Milano, Evangeliario contemporaneo di Andrea Dall’Asta

Talenti
Valentina Vannicola, una storia per immagini di Giorgia Bernoni

Unpòporno
Silvano Galifi, vulve formato tessera di Serena Savelli

Video
Viedram, cavalcare il futuro di Elena De Luca

Argomenti
Illustratori per l’infanzia, dirlo con le figure di Antonio Faeti
Monica Monachesi, i protagonisti dell’immaginazione di Maria Luisa Prete
Usare il terzo occhio di Alessandro Sanna
Nadia Zorzin, Pinocchio in salsa dark di Federica Rondino

Mercato & mercanti
Aste, il Futurismo torna primo di Elida Sergi
Norton, non solo virus di Stefano Cosenz

Mipiacenonmipiace
Una nuova intelligenza di Aldo Runfola

Formazione & lavoro
Scuola romana dei fumetti, tutte le anime del disegno di Mattia Marzo
Quei cavoli a merenda di Alessia Cervio

Letture & fumetti
Erri De Luca, l’infanzia in ritardo dell’anziano bambino di Claudia Catalli
Ivo Milazzo, il profumo dell’inchiostro di Checchino Antonini

Musica&visioni
Arvo Part, composizioni d’amore di Enrico Migliaccio
Ermanno Olmi, apologia dei migranti di Maurizio Zuccari
Firenze, lo schermo dell’arte di Ilaria Mele
Arturo Brachetti, trasformazioni di celluloide di Giorgia Bernoni

L’opera benedetta
Aletti, banca da premi di Benedetta Geronzi

Architettura
Biennale Padova, cronache dalle città mutanti di Andrea Rodi
Reggio Emilia, discipline in collisione di Simone Cosimi

Metropolis
I segreti della vecchia fattoria di Sophie Cnapelynck

Design & designer
Laura Sordi, una rete da plasmare di Giulio Spacca
Esercizi di stile di Chiara Perazzoli

ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Quattro cavalieri in cerca d’autore
Maurizio Zuccari
n. 92 dicembre 2012

Lunga vita alle pin up
Serena Savelli
n. 90 ottobre 2012

La modernità come distacco
Félix Duque
n. 89 settembre 2012

L'estate che verrà
Maria Luisa Prete
n. 88 luglio-agosto 2012

Cultura:un manifesto per ripartire
Maurizio Zuccari
n. 85 aprile 2012

Mastromatteo. Il paesaggio in superficie
Maria Luisa Prete
n. 83 febbraio 2012


Bertozzi & Casoni, Madonna scheletrica, 2003

Stefano Dal Monte Casoni e Giampaolo Bertozzi

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. Sostituite a quest’ultimo termine la parola arte e avrete la reificazione del concetto messo in musica dall’intramontato Fabrizio De André nell’opera di Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni, alias Bertozzi & Casoni. La loro poetica nasce dallo scarto, dalla diuturna discarica che rappresenta la parte olezzante e marcia dell’etica dei consumi, trasformata in un’estetica dei rifiuti. È, se vogliamo, il marcescibile memento mori della natura, umana e delle cose, che dà linfa alla creatività con la quale il duo d’artisti – emiliano l’uno, romagnolo l’altro – plasmano le loro opere. Disastri & bellezze, la grazia del decadimento come superamento dell’ineluttabile fine e del disagio del vivere quotidiano. Questo raccontano le coloratissime ceramiche della coppia che di questa materia fragile offre una lettura imperitura, concettuale e sperimentale come afferma la critica. Al di là della sostanza, decostruzione della monumentalità, iperrealismo e surrealismo, ironia e artificio sono lo spirito grazie al quale sordidi strumenti di morte s’involano in beltà, come iconicamente raffigura l’opera esposta alla Biennale, fino al 27 novembre: Sedia elettrica con farfalle. Disgrazie – come recita il titolo della personale prolungata per il successo di pubblico fino a Natale – che si tramutano in grazia. E successo anche economico, viste le quotazioni strappate a forza al riserbo della coppia. Così, niente di meglio del premio Pascali con cui Bertozzi & Casoni sono stati insigniti – per l’opera Tutto che campeggia sulla nostra copertina di settembre – in abbrivio della mostra novembrina che li vede protagonisti a Polignano a Mare fino al 15 gennaio, per un colloquio coi due protagonisti d’una tecnica, di un elemento antico ma ancora capace d’essere manipolato al fuoco del fare contemporaneo. Per sottolineare, buon ultimo, che in questa quotidiana fiera delle vanità – vanitas è un altro dei concetti cardine della loro cifra stilistica – la vita e i suoi drammi posso essere letti come sogno, per dirla come il multiforme segretario del duca d’Alba, Pedro Calderón de la Barca. Da cui svegliarsi o nel quale assopirsi.

Bertozzi & Casoni, la vostra è una lettura concettuale e sperimentale della ceramica.
«La tecnica ceramica è la nostra principale formazione, una forma di linguaggio espressivo. Conoscendola nel suo profondo e nella sua memoria storica di stili e tecnica ci si rende conto della sua infinita capacità di mimesi. Inoltre, è un materiale incorruttibile anche se fragile, tanto che gli archeologi e gli antropologi lo chiamano fossile guida per lo studio dei siti archeologici. Detto questo, per noi la ceramica è ottimale per sviluppare quella che consideriamo la massima raffinatezza e fonte di meraviglia nella tipologia della scultura dipinta». Iniziate a Faenza negli anni ‘80, alla metà dei ‘90 la svolta. «Per noi la svolta concettuale è irrilevante perché in ogni cosa si esprimono concetti, in un’opera contemporanea così come in una pala del rinascimento o in una tavola medievale, perché tutto questo è linguaggio. Anche il corpo di un “performer” è linguaggio e concetto».

Come si svolge il vostro lavoro, tecnicamente parlando, vi avvalete di laboratori artigiani o fate da voi?
«Parliamo di artigianato e di arte applicata. Crediamo sia ora di rivalutare nel campo dell’arte questa parola che porta con sé il pregiudizio di una sola abilità tecnica senza valenza di progettualità artistica. Lo stesso Andy Warhol diceva che è un artista chiunque svolge con eccellenza il suo lavoro e includeva tutte le professionalità. Non dimentichiamo che lui veniva dal mondo pubblicitario e dalla grafica, un’arte applicata. Le arti sono tutte applicate. Per quanto riguarda noi, produciamo opere nel nostro studio che è un vero e proprio laboratorio di produzione artigianale con tanto di squadra di collaboratori. Quello che lo distingue è una grande ricerca e conoscenza tecnica, oltre a capacità propriamente manuali».

Disastri e bellezze. Dall’etica del consumo all’estetica della consunzione, cosa raccontano le vostre opere? «I soggetti che trattiamo sono tanti ma i temi forse sono sempre gli stessi. In realtà pensiamo che un artista dica sempre le stesse cose cercando spostamenti di modalità; succede per tutti: scrittori, registi, musicisti. Questo è abbastanza estenuante per l’autore e rischia di diventare ripetitivo per il fruitore, ma vale anche il contrario, cioè stabilisce una riconoscibilità dell’autore. Cerchiamo di far sì che ogni suggestione che scaturisce dalla visione del nostro lavoro, anche in una semplice rappresentazione del presente, porti altrove».

La vostra storia: quali sono state le tappe e gli incontri fondamentali nel vostro percorso?
«Il nostro laboratorio è un modello che fonda le sue radici nella bottega rinascimentale dove le opere firmate dal maestro erano in realtà realizzate da un gruppo di abili artisti che rimanevano nell’ombra. Questa forma di organizzazione è necessaria per una maggiore professionalità dell’artista che deve confermarsi e farsi conoscere in un mondo sempre più grande. Nel contemporaneo emerge nell’arte la tipologia della firma congiunta, come nel nostro caso. Bisogna dire che questa formula funziona solo se c’è empatia fra gli autori che sono per forza di cose costretti a confrontarsi, ma si sa che è nel confronto e nel dialogo che scatta e si amplifica la creatività. Lavorando in gruppo si innesta un rapporto allocentrico, in pratica i soggetti e i progetti vengono sottoposti al giudizio dell’altro o del gruppo di lavoro. Ma le conferme vere vengono sempre dall’esterno o dai fatti, ancor più per un artista che non può essere autoreferenziale».

Parliamo delle mostre in corso: Disgrazie, o la grazia della decadenza, la natura come rifiuto e rinascita.
«Se il tema della vanitas caratterizza gran parte del nostro lavoro, pur con inquietanti e interrogativi ribaltamenti di pensiero e con l’ironia che caratterizza la nostra attenzione all’avventura umana, con Disgrazie esso viene declinato in un’opera concettualmente unitaria ma compositivamente poliedrica. A comporre il racconto concorrono due serie di opere. La prima consiste in sezioni di zolle di terra che mettono in vista sedimentazioni di vario tipo, non esclusi rifiuti e resti umani o animali. Questi parallelepipedi che inglobano scorie della vita quotidiana e nei quali è sepolto quanto si vuole rimuovere sono però l’humus dal quale germinano fiori di riconosciuta bellezza. Il deperimento alimenta quindi immagini di grazia. La seconda serie comprende compressioni di scarti della società contemporanea quali scatolette, lattine e rottami ferrosi. Anch’esse dissepolte, si scopre che hanno permesso, nei piccoli grumi di terra interstiziali, la nascita di piante grasse. Un contrasto apparente. Dal disastro nascono segni di grazia e di bellezza destinati a cadere ben presto essi stessi in disgrazia. Una cupa ma plausibile verità che rivestiamo di sottile ironia».

Dalla motivazione del premio Pascali: “introducete nella storia della scultura occidentale segnali di discontinuità rinnovando la ricerca formale della ceramica”.
«È un giudizio della giuria che attribuisce il premio e la ringraziamo».
La sedia elettrica alla Biennale che racconta?
«Una sedia elettrica estremamente cruda e realistica è avvolta da colorate farfalle. La sorpresa innescata dal materiale utilizzato prosegue in un’altra contraddizione: da uno strumento di sofferenza e di morte si leva un volo di vite perdute. Quanto è più sordido, forse può essere vinto dalla bellezza. Un messaggio semplice ma tanto più efficace per credibile e oggettiva presenza, realizzato in occasione di una collaborazione con Amnesty international».

Infine, le mostre del futuro.
«Tra i progetti futuri vi saranno le mostre personali a Londra, alla All visual arts gallery, a Dusseldorf, alla galleria Beck & Eggeling e a L’Aja, al Museum Beelden Aan Zee».

GLI ARTISTI

Una Snc per l’arte

Bertozzi & Casoni è una società in nome collettivo fondata nel 1980 a Imola da Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 21 settembre 1957) e da Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, Ravenna, 10 aprile 1961). La loro formazione avviene all’Istituto d’arte per la Ceramica di Faenza, in un clima dominato dal post informale di Carlo Zauli, poi all’accademia di Belle arti di Bologna. Abilità esecutiva e ironia caratterizzano già le loro prime creazioni in maiolica policroma. Importante è la collaborazione (1985-1990) con la Coop Ceramica di Imola, come ricercatori nel Centro sperimentazioni e ricerche sulla ceramica.
Negli anni ‘80 e ‘90 incrementano il proprio impegno con intersezioni nel design e realizzazioni di opere di affermati artisti: Arman e Alessandro Mendini, tra gli altri. Del 1993 è il grande pannello Ditelo con i fiori, all’ospedale imolese. Dopo il 2000 Bertozzi e Casoni abbandonano la maiolica per privilegiare, in una sorta di epopea del “trash”, l’utilizzo di materiali ceramici di derivazione industriale che valorizzano lavori tecnicamente perfetti. Del 2008 è la mostra Bertozzi & Casoni. Nulla è come appare. Forse, al Castello Sforzesco di Milano e al Museo internazionale delle ceramiche in Faenza. Nel 2011 sono a Venezia per esporre al padiglione Italia della Biennale la Sedia elettrica con farfalle e a Palazzo Bianchi Michiel l’opera Tutto, vincitrice del premio Pino Pascali.


LE MOSTRE

Disgrazie, fino al 23 dicembre

Per il progetto Disgrazie alla Fama gallery, Bertozzi & Casoni “forgiano” un’ambientazione surreale e suggestiva per rivelare le contraddizioni e la caoticità della vita postmoderna, affrontando il tema ricorrente della vanitas con un allestimento unico e rigoglioso. Il tutto mediante l’ausilio della ceramica, sostanza fragile e imperitura al contempo, che gli artisti manipolano attraverso modalità espressive ibride e polimorfe con la tenace volontà di favorire l’osmosi fra arte e vita ed eternare la transitorietà dell’esistenza. Fino al 23 dicembre, Fama gallery, corso Cavour 25/27, Verona. Info: 0458030985; www.famagallery.com.

Premio Pascali, l’ultimo decennio
Legata alla XIV edizione del premio Pino Pascali, vinto da Bertozzi & Casoni con l’opera Tutto, è la mostra a cura di Carlo Berardi e Jason Lee, con opere dal 1999 al 2011. Bertozzi & Casoni conducono lo spettatore nel reame dell’iperreale, dove tutto è falsificato, un mondo disneyano ma crudele, nulla di favolistico perché tutto quello che circonda l’uomo è solo un accumulo di scarti. Fino al 15 gennaio 2012, fondazione museo Pino Pascali, via Mulini 2, Polignano a Mare (Bari). Info: 080 4249534; www.museopinopascali.it.


DICONO DI LORO

Franco Bertoni

«Forse, è proprio nell'inutilità e nella transitorietà di questo sfarzo – simile a quello dell'arte stessa e delle estreme cure che Bertozzi & Casoni le dedicano – che consiste non solo un tentativo di esorcismo dal male di vivere ma il più alto grado di quanto ci è concesso esperire. Il tutto in ceramica, per sottolineare, mediante l’utilizzo di un materiale al tempo stesso imperituro ed estremamente fragile, le duplicità, le contraddizioni e i possibili ribaltamenti di qualsivoglia affermazione artistica, ma non solo». (dal catalogo di Disgrazie)

Rosalba Branà, Giusy Caroppo, Carlo Berardi, Annalisa Milella
«Giampaolo Bertozzi e Stefano dal Monte Casoni introducono nella storia della scultura occidentale segnali di discontinuità rinnovando la ricerca formale della ceramica in chiave concettuale e iper realistica. Dosando sapientemente artificio, mimesi ed ironia gli artisti rappresentano una realtà post-consumistica logorata e imprigionata nell’universo della simulazione». (dalle motivazioni della giuria del premio Pascali)