Urban Anno 6 Numero 51 Settembre 2006
Una chiacchierata con l’architetto e designer Aldo Cibic per entrare nel vivo della Biennale di Architettura 2006. Guarda caso, si parla di come la città si stia trasformando in megalopoli
Solo dieci anni fa Shanghai aveva 300 torri, adesso ne ha 3000. Nel 2005 il numero di persone che vive in città ha superato quello della popolazione del resto del pianeta. E in una manciata d’anni raggiungerà l’80 per cento. Che cosa succederà tra vent’anni, quando le metropoli dell’Asia ma anche dell’Africa raggiungeranno dimensioni spaventose? Quando Mumbai supererà Tokyo? Mutamenti che incideranno sugli equilibri del pianeta e nello stesso tempo sulla quotidianità di ciascuno di noi.
La decima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia nel suo evento centrale, Città. Architettura e società (dal 10 settembre al 19 novembre, www.labiennale.org) rappresenterà quanto sta accadendo in 16 grandi città. Mumbai, Shanghai, Tokyo, Caracas, Città del Messico, Bogotà, San Paolo, Los Angeles, New York, Johannesburg, Il Cairo, Istanbul, Londra, Barcellona, Berlino e l’area Milano-Torino.
Da quanto sta succedendo in questi luoghi che idea ci facciamo del futuro delle nostre città e del tipo di vita che ci aspetta? Lo abbiamo chiesto ad Aldo Cibic, architetto, designer, e curatore del progetto di allestimento della mostra adibita nei 300 metri delle Corderie dell’Arsenale.
Che cosa cambierà per ciascuno di noi nel futuro prossimo?
Muterà radicalmente la concezione di disponibilità di risorse in generale e di quelle rinnovabili in particolare. Vale a dire che dovremo inventarci modi di vivere con una valenza estetica interessante ma con minori disponibilità.
E per le città?
Per le città si tratterà di capire progettualmente tutto quello che si può migliorare.
Occorre quindi agire a livello urbanistico?
Le soluzioni non verranno fornite da una sola disciplina, ma si tratterà di pensare a progetti più complessi, con più attori che mettano insieme diversi tipi di competenze.
Architettura spontanea contro architettura di progetto?
Credo che l’architettura spontanea abbia sempre tanto da insegnarci.
E quindi?
Molte volte, dal punto di vista umano della vivibilità, certe baraccopoli sono meglio di alcuni quartieri lager.
La periferia di tante città fatte di palazzoni di 40 piani è diversa per esempio da quella di Istanbul, in cui moschee, bar e piccoli negozi, case di tre o quattro piani talvolta precarie, ma diverse l’una dall’altra, costituiscono un tessuto urbano che restituisce dignità a chi ci abita.
Il modello Istanbul è riproducibile?
La chiave sta nelle zone cuscinetto – le stazioni della metropolitana che intersecano le grandi tangenziali, oppure i grandi agglomerati di centri commerciali – presenti in tutte le grandi metropoli. A seconda di come si agisce su queste zone, di come lì si riescano a stratificare funzioni che arricchiscano la comunità locale, si può incidere sulla qualità di vita delle periferie. La partita si gioca quartiere per quartiere e le risposte non possono più essere calate dall’alto.
La X Biennale di Architettura racconta questi diversi scenari metropolitani?
La Biennale Città. Architettura e società di Richard Burdett è molto interessante perché aiuta a capire di che cosa sia fatta una città, quello che funziona e quello che non funziona e comunque evidenzia i molti modelli positivi esistenti da cui amministrazioni, urbanisti e architetti possono imparare.
Una sorta di ripartenza quindi?
La cosa interessante è che fa capire che la riflessione da fare è sulla visione che ci deve essere a monte. Gli amministratori, con i loro consulenti, devono essere in grado di sviluppare strategie coerenti, per produrre brief intelligenti per urbanisti e architetti.
Da una parte si è parlato delle baraccopoli e dall’altra di strategie sofisticate. Ma a quale livello l’azione è e sarà efficace?
È principalmente un problema di intelligenza e di visione delle amministrazioni, in cui sarebbe auspicabile una maggiore partecipazione dell’opinione pubblica
Svegliandoci improvvisamente nel 2050 che città troveremo?
Se la città sarà ben amministrata e ben servita, se regnerà un po’ più la fiducia che la paura. Se ci si prenderà cura di far diventare le periferie luoghi in cui si può vivere meglio. Se sarà cresciuta da tempo una consapevolezza sul non spreco delle risorse. Se i cittadini avranno motivazioni e si sentiranno veramente anche loro parte di questa sfida... e tanti altri se, allora, forse la città non sarà soltanto una scelta obbligata ma un posto in cui si vuole veramente vivere.
Senza essere addetti ai lavori, perché può valere la pena venire alla Biennale d’Architettura?
Si fa un giro per le città del mondo, si viene a conoscenza di tante cose interessanti, si capisce un po’ di più in che universo viviamo. Può aiutare a capire come orientare il nostro futuro.