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Urban Anno 6 Numero 52 Ottobre 2006



Fuckin̓ krumper

Lorenzo Tiezzi

David LaChapelle ci racconta il suo primo film, Rize. Protagonisti i ragazzi della periferia degradata di South Central a Los Angeles. Che per sfuggire a un destino segnato, ballano.





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Fuckin´ krumper
di Lorenzo Tiezzi


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David LaChapelle ha la voce roca ma dolce e quando parla spesso dice fuckin’. Anche se ha una mano tatuata (c’è scritto Louis) non vuol fare il cattivo ragazzo, è solo convinto di quello che dice. Quando arriva a Palazzo Venezia, per presentare Rize, il suo primo film, che in Italia esce nelle sale il 6 ottobre, sembra ancora il bel ragazzo che venne spedito a Roma da Andy Warhol a 17 anni. Era il suo primo lavoro da professionista e doveva fotografare un gruppo di giovani attrici italiane tra cui spiccava l’emergente Alessandra Mussolini. Alto, magro e con le spalle larghe, oggi che di anni ne ha 37 potrebbe ancora passare per un modello, con la sua t-shirt bianca, i suoi pantaloni classici gessati e il giubbino di pelle d’ordinanza.
Il fotografo delle star, la star dei fotografi, l’amico di Pamela Anderson, Elton John, Christina Aguilera ecc. ha girato una pellicola su uno stile di ballo nato nei sobborghi più poveri di Los Angeles: ha fatto un film sui krumper. È diventato amico di Tommy The Clown, ex spacciatore e inventore di tutto quanto, il primo a tingersi la faccia di bianco come i clown prima per far divertire i bambini e poi per dare una via d’uscita dal ghetto diversa dallo sport professionistico e dalle gang. Ma invece di farci ascoltare la musica dei krump, di registrarla direttamente dalle loro radio, ha selezionato coi suoi collaboratori una colonna sonora in cui non manca la ‘voce soul’ dell’Aguilera. I ragazzi li ha fatti parlare prima e dopo aver ballato, spesso da soli davanti alla telecamera, manco fossero dentro al confessionale del GF. Insomma, pur di raggiungere il suo scopo, l’inventore dell’unica Britney Spears degna di nota, quella biondissima e triste di Everytime, ha allargato il suo studio losangelino fino alla periferia degradata di South Central. E il risultato è un lavoro meditato a lungo, passato anche attraverso Galvanize, il video girato per i Chemical Brothers. Un bel film, non a caso candidato agli Oscar 2006 tra i documentari. Se poi servirà davvero a chi vive nel ghetto è tutto da vedere, ma LaChapelle ne è davvero convinto. Sarebbe ingiusto dire che ha speso 700mila dollari di tasca sua (Rize è autoprodotto) solo perché i krump sono belli da filmare o perché voleva rilanciare la sua immagine creativa.

Come hai conosciuto il krumping?
Mentre stavo girando un video, qualcuno mi portò a vedere dei ragazzi che ballavano in modo straordinario. Andammo a South Central, il ghetto di Los Angeles, un posto in cui non si va mai perché non c’è assolutamente niente. Non voglio metterla sul piano metafisico, parlando di premonizione e cose simili, ma appena li ho visti ballare ho capito che avrei fatto un film su di loro… Lo dissi subito a tutti i miei amici. Mi portarono a vederli pensando che volessi usarli per un video o qualcosa di simile. Ma io volevo fare un film.

Credi che il krumping possa espandersi come è accaduto per l’hip hop?
Non lo so. Il krumping è diverso dall’hip hop, è una sorta di evoluzione in senso spirituale. Per esempio, le ragazze che ballano sono artiste quanto i ragazzi, non solo oggetti sessuali… Questi ragazzi, questi artisti traslocano da un parente all’altro ogni settimana, perché i genitori sono drogati o spacciatori, oppure sono in galera. Non succede in un paese del terzo mondo, ma in America. E loro che fanno? Ballano, fanno arte e si sono creati delle nuove famiglie. Il ballo è solo una parte del fatto che hanno deciso di vivere, nonostante tutto.

Come è stato produrre questo film?
C’è un sacco di fottuto lavoro da fare quando giri un documentario, soprattutto quando lo finanzi da solo. Speri sempre che non rimanga come certi nastri su una mensola che nessuno vede mai. Perché succede, un sacco di documentari restano a metà oppure non vengono distribuiti. Io ci ho creduto fino in fondo, non solo perché quello che fanno è incredibile, strabiliante, ma perché quei ragazzi avevano bisogno di qualcosa che li ispirasse.

Qual è stata la loro risposta alle telecamere?
Ripeto, girare un documentario è fottutamente difficile perché per settimane non succede niente e poi in un attimo arrivano cose bellissime (in realtà LaChapelle certe ‘grandi cose’ è andato a cercarsele. La gara di ballo del film l’ha organizzata lui, per esempio, n.d.r.). Ma la riposta dei ragazzi è stata tosta, perché prima di me nessuno aveva mai dato loro un briciolo d’attenzione. Come tutti gli artisti, volevano avere un palcoscenico, non per egocentrismo, ma per dividere col pubblico il loro talento. Certo, anche loro vogliono vincere, arrivare al primo posto, si allenano duramente per farlo. Ma credo che la competizione sia parte della natura umana, altrimenti non avremmo gli Oscar, le Olimpiadi e così via.

Anche se guardandolo distrattamente sembra molto diverso dalle tue foto, alla fine si capisce benissimo che è opera tua...
Hai ragione, anch’io la penso così. I miei amici e quelli che conoscono davvero il mio lavoro si sono accorti che il film non è lontano dalle mie foto, e credo sia vero. Quando fotografo una star mi dico sempre: “guarda che splendida donna, che splendido uomo” e cerco di farli apparire straordinari. Di fronte ai balli dei krumper ero così impressionato che li ho trattati come stelle. Non sono tutto a un tratto diventato “serio”. In Rize ci sono le cose che mi piacciono da sempre: i colori forti, le atmosfere surreali, l’arcobaleno, la bellezza, il gospel, il ballo…

Qual è il tuo rapporto con la città?
Da poco, dallo scorso agosto, vivo alle Hawaii, ma il mio studio resta a Hollywood. Il Santa Monica Boulevard è sempre pieno di prostitute, trans e gigolò, assomiglia un po’ alla mia New York di una volta. Mi trasferii qui proprio per questo, quando Manhattan si riempiva di soldi e confusione.