Arte e Critica Anno 14 Numero 50 marzo-maggio 2007
Intervista a Nico Vascellari
AZ Partiamo ab imis. Ricordo una tua personale alla galleria Biagiotti, dove esponevi delle fotografie scattate durante un concerto dei With Love; una in particolare ti vedeva a testa in giù, capriola che mi ha riportato alla mente i gloriosi Fugazi. Da allora l’attitudine underground è evoluta non solo nelle sonorità, con il post punk che mescola glam e glitter, ma anche nello star-system, vedi la cura dei set e dei costumi (concedimi in questo frangente un blando parallelismo con i Fischerspooner). Convocando l’ego – diversamente dall’albagia, ma non senza rinunciare a certo narcisismo – credi di aver raggiunto una agnizione(riconoscimento) tale da confermare uno status e il suo logico divenire?
NVTemo di non capire troppo bene la seconda parte della domanda. Tuttavia, credo che la consapevolezza dell’habitus, per dirlo coi termini di Bourdieu, sia una questione da sempre al centro delle sottoculture che lo usano per rappresentarsi nel modo più efficace (e per rappresentare). Questo accadeva con i brasiliani Fellini e As Mercenasias, che scuotevano la San Paolo degli anni ‘80, fino ai Kiss, che certo erano già parte di uno star system dell’epoca. Ma non credo si possano più leggere i sistemi creativi solo in termini di sottocultura e pop.
AZ La critica ha spesso fatto riferimento a un’intrinseca “energia”: galvanica in virtù dell’aspetto performativo, sinergica rispetto ai partner artistici e perché a stretto contatto con il pubblico. Premesso che ogni azione si innesta nel luogo, anche lo spazio tende a elettrificarsi, soprattutto durante i live. Ritieni che questa ebbrezza sensoriale risponda meglio a un effetto centrifugo o a un sistema centripeto? Vizioso oppure metodico?
NV Sempre vizioso. In equilibrio fra centripeto e centrifugo. Probabilmente, dannatamente, entropico. Non so bene però. Mi dicono anche che i lavori “che si innestano sul luogo” siano decisamente fuori moda. Generalmente non ascolto troppo la critica. Forse vorrei che il pubblico si innesti su di me più che io innestarmi sul luogo.
AZ Conduci l’esperienza per il tramite della fisicità, e attraverso essa produci suggestioni e sconfinamenti. Il tuo approccio artistico ha alla base una concezione antropometrica, sei cioè unità di misura e (dis)ordine per tutte le cose. La tua presenza funziona da rapsodista – trasmettendola al fruitore – con un atteggiamento che è stato definito di volta in volta dinamico, aperto, espanso. Lo conferma la tua partecipazione alla sesta edizione del Premio Furla, che la madrina Mona Hatoum ha non a caso voluto battezzare con la frase “On mobility”. Meno radici, più rizomi...
NV Forse è vero, meno radici e più rizomi. Ma provo a puntualizzare, anche perché le radici restano e hanno la coda lunga, sono importanti, mentre i rizomi rischiano di rimanere abbandonati a se stessi. Alla fine è una contrazione “planare-fra”.
Prendi la mostra a Viafarini: tutto il progetto che ha portato all’immagine di Cuckoo (a disseminarsi cioè sui media prima della performance, come a fare un trailer-teaser) è chiaramente rizomatica. La mostra è ramificata, radicata. Dentro di me, fuori di noi. DentroViafarini/fuoriViafarini. Hai presente quelle radici di bambù che se tirate si corre il rischio di dissodare il giardino, e ti penti di averlo fatto? Ecco, se trovavi la mia e provavi a tirarla da Milano finiva sotto la tana del mio cane Grisù a Vittorio Veneto...
AZ Nella trilogia di A Great Circle abbiamo assistito a un countdown: dal buio alla luce artificiale. Viatico allucinato, psichedelico, che dipana la claustrofobia con le urla, peraltro ricorrenti nelle performance, quasi fossero un vagito primordiale. La follia è nella botte di Diogene o nella vita/realtà che ci circonda?
NV La follia scatta nella mente di Akira quando scopre che la botte è vuota e la moglie fuori casa. Ed è tutto vero.
AZ In un’intervista del 2005 avevi invertito i ruoli con Elvira Vannini. La battuta finale si concludeva con le tue testuali parole “C’è qualche domanda che ti sarebbe piaciuto ti facessi e non ti ho fatto?”, e lei di rimando “Come vorrebbe essere etichettato Nico Vascellari?”. Inutile appellarsi alla prescrizione, è giunto il momento di sciogliere l’arcano con qualche definizione assiologica.
NV Come un buon Recioto della tenuta Pule. Sicuramente saprai che per farlo si prendono solo le orecchie dei grappoli, quelle più esposte al sole. Tutto il resto resta a terra, o finisce in vinaccia, quindi grappa. Ecco io sono lì, fra la vinaccia e il Recioto. Prendimi per le orecchie. Solo d’autunno. Sole d’autunno. Sòle d’autunno...