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Arte e Critica Anno 15 Numero 56 settembre-novembre 2008



Marine Hugonnier. Narrazione e geografia

Serena De Dominicis



trimestrale di cultura artistica contemporanea


053 MICHAEL BEUTLER. L'ARTE DI FABBRICARE LO SPAZIO / THE ART OF MAKING SPACE
di / by Ilaria Porotto

054 CONRAD SHAWCROSS. LA STRUTTURA È UNA COSTANTE / STRUCTURE IS A COMMON THREAD
Intervista a cura di / Interview by Roberto Lambarelli

056 ORGANICO, UMANO, ECOLOGICO. L'ARCHITETTURA DI PAOLO SOLERI
ORGANIC, HUMAN, ECOLOGIC. PAOLO SOLERI'S ARCHITECTURE
di / by Emilia Giorgi

058 MARINE HUGONNIER. NARRAZIONE E GEOGRAFIA
di Serena De Dominicis

059 ASSUM VIVID ASTRO FOCUS
Intervista a cura di / Interview by Ilaria Gianni

064 ROMA CITTÀ ELETTRONICA. ALVIN CURRAN
Intervista a cura di Ilari Valbonesi

066 RAUSCHENBERG. LA SERA DELLA PRIMA PENSIERI IN CHIAROSCURO XIII
di Alberto Boatto

068 LA CRITICA ISTITUZIONALE COME STRUMENTO DI PARTECIPAZIONE GRADI DI PARTECIPAZIONE II
di Julia Draganovic

069 EXPERIENCE CURATING
Conversazione tra / Conversation between Nav Haq e / and Riccardo Giacconi

072 FOCUS TAIPEI. POLITICA, GLOBALITÀ E ESPOSIZIONI SU LARGA SCALA
FOCUSING ON TAIPEI. POLITICS, GLOBALISM AND LARGE-SCALE EXHIBITIONS
Conversazione tra / Conversation between Vasif Kortun, Marco Scotini e / and Elvira Vannini a cura di / by Elvira Vannini

075 THE ART FAIR AGE?
di Daniela Bigi

076 MANIFESTA. LABORATORIO DI INTERPRETAZIONE
di Chiara Agnello, Katia Anguelova, Marco Baravalle, Eva Fabbris, Antonio Grulli, Caterina Iaquinta, Denis Isaia, Matteo Lucchetti, Cristina Natalicchio, Francesca Pagliuca, Paolo Plotegher, Angela Serino, Elisa Tosoni, Elvira Vannini

078 DAL FANGO, LA LAMA. L'ULTIMO CINEMA DI MATTHEW BARNEY
From mud, a blade. Matthew Barney's latest film
di / by Silvia Tarquini

080 SØREN LOSE. LO SPAZIO DI CIò CHE RESTA / THE SPACE OF WHAT REMAINS
Intervista a cura di / Interview by Chiara Sartori

082STEFANIA GALEGATI. STOLEN NOTES
di Daniela Bigi

084 GIAN MARCO MONTESANO. PARTICELLA ELEMENTARE / ELEMENTARY PARTICLE
Intervista a cura di / Interview by Alberto Mugnaini

086 BRACO DIMITRIJEVIC. CONCETTUALISMO EMPATICO
di Lóránd Hegyi

089 NEL MONDO FLUIDO DI GIOACCHINO PONTRELLI
Intervista a cura di Magali Moulinier

092 LA FUNZIONE DELLA CRITICA
Intervista a Claudio Spadoni a cura di Roberto Lambarelli

110 FLAVIO FAVELLI. AUTOREFERENZIALITÀ PRATICABILE
E PROGETTUALITÀ DI RESISTENZA
di Daniela Bigi

122 PALAZZO RISO E IL MUSEO DIFFUSO
di Daniela Bigi

134 POESIA, NON SOLO ARTE. STEFANO ARIENTI / POETRY NOT ONLY ART
Intervista a cura di / Interview by Valentina Rossi

136 I DIECI ANNI DI BASE PROGETTI PER L'ARTE A FIRENZE
di Lorenzo Bruni

138 BAUMWOLLSPINNEREI. FILATURA D'ARTE
AN ART SPINNING MILL
di / by Claudia Löffelholz

139 LA COLLEZIONE DI CHRISTIAN BOROS? IN UN BUNKER BERLINESE /
THE BOROS COLLECTION? IN A BERLIN BUNKER
di / by Eleonora Farina

140 FITZROVIA THE EAST END IN THE WEST END
di / by Susanna Bianchini

144 INCONTRO CON YVON LAMBERT
Conversazione a cura di Elena Re

50 PETER DOIG 94 SABRINA MEZZAQUI 94 LEANDRO ERLICH 94 CIPRAN MURESAN 97 SARA ROSSI 97 ANE METTE HOL 98 PAOLO PISCITELLI 101 JANIS AVOTINS 103 DANIEL BUREN 103 GORDON MATTA-CLARK 105 FRANCESCO SIMETI 106 PAULA DESIGNER 109 MARIAN HEYERDAHL 115 VITTORIO CORSINI 118 MICHELE ZAZA 119 FRANCO VACCARI 120 DANIELA DE LORENZO 130 PETR BYSTROV E KIRILL PREOBRAZHANSKIY 132 OS GEMEOS

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Ariana, 2003
Courtesy Max Wigram Gallery, Londra

Towards Tomorrow
(International date line, Alaska), 2001
Courtesy Max Wigram Gallery, Londra

Se il cinema avesse saputo decostruire i modelli di verità acquisiti avrebbe potuto produrre esso stesso verità, affermava Jean Rouch. Proprio all'etnologo e cineasta francese e al suo cinéma verité, Marine Hugonnier ha dedicato The Secretary of the Invisible (2007), premiato di recente al MAMCo di Ginevra.

Il film come strumento di immersione e non di registrazione asettica, così lo intendeva Rouch, come metodo d’indagine ravvicinata della realtà per una cineantropologia condivisa, la cui efficace penetrazione non significasse aggressività, ma piuttosto empatia che coinvolgesse l’autore e il suo soggetto aprendo uno spazio critico di confronto. Un modo emotivo di interpretare il documentario, l’intuizione di uno sguardo alternativo. Anche Marine Hugonnier infonde al proprio lavoro un’impronta antropologica, e nell’indagare le modalità del vedere (si è parlato di “antropologia delle immagini”) adotta lo stesso imperativo alla decostruzione. La nota trilogia composta da Ariana 2003, The last tour 2004 e Travelling Amazonia 2006, che non nasce in modo programmatico ma dalla necessità progressiva di approfondire tematiche concatenate, affronta lo sguardo soggettivo allargandosi poi a ciò che vi si apre innanzi, così il concetto di paesaggio si fa centrale nella sua ricerca, inteso non solo geograficamente ma anche sotto il profilo storico-culturale e sociale.

La partenza è remota, prende il via dalle considerazioni su un’invenzione antica e di enorme impatto come la prospettiva monofocale, operazione politica di controllo che costituisce la base della percezione spaziale occidentale – da mettere in discussione in favore dell’ipotesi di una prospettiva libera, di una visione fluida. Alla stessa logica di indagine e scardinamento delle convenzioni è assimilabile il lavoro Towards Tomorrow dedicato agli scarti spazio-temporali, in cui Hugonnier fotografa l’immaginaria linea internazionale del cambio di data nello stretto di Bering.

Così il confronto narrazione/geografia e il modo in cui i due elementi si influenzano a vicenda tornano continuamente come chiave di lettura, e nel caso, non isolato, di Territory I-II-III (2004) accade nell’intreccio significativo di geografia, architettura, storiografia e politica.
L’approccio emotivo di Rouch filtra nei film dell’artista francese sotto forma di pausa: durante la narrazione si aprono dei buchi neri, degli stop alla visione, vere sospensioni, momenti “restituiti allo spettatore” che creano una frattura nella logica narrativa in favore di un’assenza votata a sollecitare l’immaginazione e la consapevolezza. Quasi un vuoto di potere nello spazio e nel tempo, funzionale al lavorio decostruttivo (di matrice lettrista?).

Nell’imposizione del soggettivo si potrebbe leggere un’ipotesi di alternativa all’oggettività come unico atteggiamento valido nella comprensione e restituzione del reale, che trova nell’approssimazione al soggetto e nell’immersione emotiva il senso stesso dell’immagine, quella qualità che può elevarla dal flusso muto del presente mediatico. Un incoraggiamento a recuperare un’ideologia ed un impegno.