Arte e Critica Anno 16 Numero 64 settembre-novembre 2010
Intervista
Intervista al collettivo argentino Etcétera – Federico Zukerfeld e Loreto Soledad Garin Guzman – di recente impegnato in una residenza a Istanbul e la cui azione parte dalla fondazione del Movimento errorista.
LP: Iniziamo dal principio. Il collettivo Etcétera... è stato fondato a Buenos Aires nel 1997. Una delle vostre prime azioni è stata l’occupazione di una casa abbandonata appartenuta all’artista surrealista argentino Juan Andralis che negli anni ’50 aveva fatto parte a Parigi del gruppo di Breton… quanto è stata formativa questa esperienza?
E: Quella situazione ha avuto una forte influenza perché in quel luogo vi era materiale prezioso per la nostra dis-educazione autodidatta. Abbiamo creato un laboratorio multidisciplinare composto da una camera oscura, un atelier e una biblioteca con migliaia di libri surrealisti. Dal 2002 il gruppo si è confrontato con altri tipi di spazi seguendo l’emergenza della situazione socio-politica argentina, abbiamo lavorato in fabbriche abbandonate poi recuperate dagli stessi lavoratori durante la crisi del 2001, e in altri spazi collettivi, come centri culturali, teatri e musei.
LP: Etcétera ha fondato il Movimento errorista. Come si struttura questo movimento?
E: Si tratta di una rete internazionale che commenta eventi di carattere sociale. Il nostro obiettivo è quello di riflettere e agire in modo critico nei confronti del mercato neo-liberalista che ha determinato la crisi economica globale. Visto le deprecabili scelte compiute da diversi Stati nazionali, ogni giorno vi sono nuovi adepti dell’errorismo in diversi luoghi del mondo che operano in vari ambiti disciplinari come arti visive, musica, teatro e attivismo politico. Le nostre opere si trovano infatti sempre al confine tra le pratiche performative e la scultura, tra l’arte e l’azione politica, tra la poesia e il realismo. A Buenos Aires gli erroristi storici sono El Asunto, casa editrice indipendente che ha pubblicato il Manifesto errorista del 2005 (tradotto ormai in 12 lingue), Sub Coop, una cooperativa di fotografi e i video artisti Kynodelia. In ambito internazionale vi sono i londinesi Hilary Koob-Sassen e Andreas Köhler, la rivista CQFD di Marsiglia autoproclamatesi organo provvisorio della Internazionale Errorista, il gruppo punk basco Varlin e molti altri in Colombia, Messico, Russia, Cina. Nostri punti di riferimento teorici come Brian Holmes, Stephen Right o Franco Berardi.
LP: A Buenos Aires come vi relazionate rispetto alla scena artistica argentina contemporanea?
E: In Argentina (ma forse non si tratta di un’eccezione) la tendenza dominante è quella di promuovere e sostenere opere che non hanno niente a che vedere con quello che accade realmente nel paese. Quello che si produce è arte per artisti, critici e curatori e non per il pubblico. Opere relazionate a un’idea di consumo piuttosto che alla sensibilità e al contesto socio-culturale. Si imita, si copia quello che è pubblicato in riviste d’arte internazionale per allontanarsi dalla propria realtà. Spettri di frivolezza e mancanza di critica portano gli artisti lontani dallo spazio del conflitto e del confronto, vicino invece a quello del mercato (non a caso l’evento più promosso è la fiera d’arte ArteBa). Rimbalzano sempre i nomi di una ventina di artisti di Buenos Aires, la capitale federale, e non si dà visibilità a artisti di altre parti del paese. Il poco denaro a disposizione è sempre gestito dal medesimo gruppo di persone che rappresenta l’élite culturale e regola l’accesso alla scena artistica. Abbiamo cercato per diverso tempo di creare un’apertura in questa situazione egemonica per una maggiore democratizzazione della scena culturale, però, per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo elencare ora, preferiscono non occuparsi della nostra posizione che ritengono scomoda e conflittuale. Per questo stiamo lavorando moltissimo all’estero, abbiamo partecipato alla Biennale di Istanbul dello scorso anno, al workshop Real Players all’ultima edizione della Biennale di Berlino, una personale a Parigi, una a Rotterdam, a Artists in Residence Show alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano.
A Buenos Aires bisogna fare attenzione a quello che accade ai margini del sistema dell’arte ufficiale. È importante ad esempio la presenza del Goethe Institut o del Centro Cultural de España, dove sono più disponibili a nuove proposte. In quest’ultimo abbiamo curato lo scorso anno la collettiva Reciprocidad con opere di Zanny Begg (Australia), Oliver Ressler (Austria), Claire Fontaine (Francia), Democracia (Spagna), gli argentini León Ferrari, Iconoclasistas, cooperativa Sub, Leo Ramos, Alejandra Fenochio e Diego Haboba.
LP: Come si è svolto il workshop per la Biennale di Berlino?
E: Si è trattato di un workshop per giovani curatori, incontri che si realizzano in ogni edizione della biennale nella sessione Radical Education, curato quest’anno da Ana Janevski. Ci siamo occupati del concetto di “fallimento” visto come percorso potenzialmente più creativo rispetto a quello del successo, dove i disastri e gli errori aprono percorsi di inaspettata poesia e autonomia.
LP: Dopo la personale al MAMA Showroom a Rotterdam e la recente residenza al Cultural Agencies Project a Istanbul, quali sono i vostri prossimi progetti?
E: Quest’anno è iniziato con molta intensità, stiamo ora terminando un libro/archivio sulla storia di Etcétera dal 1997 ad oggi. Stiamo preparando un congresso errorista a Buenos Aires con relatori internazionali e una piattaforma in internet che permette di cartografare il movimento errorista. Siamo inoltre coinvolti in un nuovo progetto curatoriale in un centro culturale la cui sede è in una scuola di meccanica dell’esercito che durante la dittatura funzionava come centro di detenzione clandestino. Uno spazio in cui la memoria di eventi passati diventa l’occasione per l’elaborazione di nuove strategie operative.