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Urban Anno 11 Numero 98 giugno 2011



Doug Aitken. Un surfista nell'Egeo

Francesca Bonazzoli

Oltre a Venezia e Basilea, a giugno la geografia dell’arte passa per la Grecia. Quest’anno è il turno dell’artista surfista Doug Aitken





SOMMARIO urban 98

7 | editoriale

9 | icon

10 | interurbana
al telefono con Anna Sophie Loewenberg

13 | portfolio
Fotografa al seguito

20 | Cult
di Federico Poletti

23 | design
di Olivia Porta

24 | band of outsiders
di Federico Poletti

30 | musica
di Paolo Madeddu

32 | lo scatto oltre il cortile
di Ciro Cacciola

38 | braccia da chef
di Mirta Oregna

42 | libri
di Marta Topis

43 | nightlife
di Lorenzo Tiezzi

44 | un surfista nell’egeo
di Francesca Bonazzoli

48 | Divani & Boulevard
di Roberto Croci
foto Alain Jeu

53 | details
di Ivan Bontchev

54 | rive gauche, Rive droite
foto Steeve Beckouet
styling Ivan Bontchev

67 | Fuori

74 | ultima fermata
di Franco Bolel
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Black Mirror, 2011

Greece

Chi pensasse che la débacle dell’economia greca abbia contagiato anche la creatività, prenderebbe un abbaglio. L’arte contemporanea è infatti attratta dalle crisi, dalle situazioni instabili, dai confini incerti, dai conflitti e dal caos. Del resto crisi è parola greca che indica il separare, il passaggio da una maniera di essere all’altra come la crisalide, lo stato di transizione dalla larva alla farfalla. Crisi, dunque, come metamorfosi.

Andate ad Atene (ma anche a Salonicco) e vedrete una miriade di bar, spazi espositivi, locali autogestiti, chic o freak, a seconda del quartiere, animati da centinaia di giovani che non avendo null’altro lavoro, fanno, o provano a fare, gli artisti: suonano, dipingono, discutono, ballano e bevono fino al mattino. Andate in quella metropoli che è l’Atene multietnica di quattro milioni di abitanti (occupata nel pieno centro di piazza Omonia da migliaia di profughi da Pakistan, Afghanistan, Iran e Irak, né più né meno che Lampedusa) e vedrete che Milano, tanto per fare un confronto con la nostra città più ricca, se lo sogna un museo come il nuovo Benaki Museum, con la sua sofisticata facciata in legno, eretto a Gazi, “the place to be” dell’Atene giovane e creativa. Se lo sogna anche un museo strafigo come quello dell’Acropoli che si mangia in un boccone, per la solennità e l’armonia degli spazi, compresa la stupefacente terrazza che dà sul Partenone, il nuovo labirintico e asfittico museo del Novecento milanese. E nemmeno ha, la Milano dei miliardari, una collezione privata di arte contemporanea aperta al pubblico come la Deste Foundation di Joannou Dakis, una anonima ex manifattura di calze a conduzione famigliare nel quartiere di casette diroccate e piccole fabbriche abbandonate di Nea Ionia, che negli anni Venti del Novecento venne occupata dai greci cacciati dalla Turchia, quelli che diedero vita al genere musicale rebetico con le sue canzoni di hashish, malavita e amori tanto appassionati quanto tragici.

Dakis è un miliardario greco cipriota con la passione per l’arte contemporanea scoccata grazie a un’opera di Jeff Koons, l’artista americano che gli ha anche decorato lo yacht Guilty. Altri nomi di punta della sua collezione, esibita in sedi prestigiose come il Palais de Tokyo di Parigi o il New Museum di New York e focalizzata su pezzi realizzati a partire dagli anni Ottanta, sono i nostri Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft, Matthew Barney, Paul McCarthy, Chris Ofili, Richard Prince, Cindy Sherman, per far breve l’elenco. Ma la Deste Foundation promuove anche giovani emergenti e ha organizzato un archivio degli artisti greci contemporanei così come una libreria d’arte specializzata a disposizione del pubblico.

Tuttavia è d’estate, a giugno, che la Deste esprime tutto il suo narcisismo come il pavone quando fa la ruota, organizzando ogni anno nella deliziosa isola di Hydra, a un’ora da Atene, un evento dedicato a un big dell’art system talmente spettacolare da richiamare nell’isola il gotha della contemporaneità internazionale. L’anno scorso è toccato a Cattelan, quest’anno il testimone passa al californiano Doug Aitken, classe 1968, appassionato surfista, genio dell’immagine elettronica animata (foto show e video) pensata soprattutto per mega schermi montati su architetture che interagiscono con lo spazio urbano. In Italia lo si è visto, oltre che alla Biennale di Venezia del 1999 dove vinse il Leone d’Oro, anche a Torino, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, e a Roma, all’isola Tiberina.

In Grecia il suo intervento prevede due tappe: la prima durante il celebre festival di Atene con due serate di live performance, il 16 e 17 giugno, dove al porto del Pireo, sul palcoscenico di un teatro galleggiante costruito appositamente, l’attrice Chloë Sevigny e altri attori reciteranno parti del video Black Mirror che verrà proiettato in contemporanea su tre megaschermi ai lati del palcoscenico. Girato in diverse location fra cui la Grecia, il Messico e l’Arizona, il video ha per tema la comunicazione, che oggi non avviene più attraverso tempi lunghi, spazi di calma ritagliati per raccontare emozioni complesse o ragionamenti articolati, ma per brevi frammenti che viaggiano soprattutto on line. Black Mirror ricompone il ritratto di alcune persone che attraversano velocemente i continenti per consumare brevi incontri; che cambiano continuamente posizione saturando in questo modo le loro emozioni; che ripartono in fretta per nuovi viaggi chiuse nel loro mondo di contatti elettronici. Anche i luoghi filmati corrispondono a spazi frammentari, di passaggio, quelli da dove arriviamo e partiamo senza lasciare la nostra storia vera, ma solo schegge: terminal degli aeroporti, stanze d’hotel, parcheggi, negozi notturni, stazioni. È la moderna wilderness, quella stessa esperienza delle regioni selvagge e ignote, condita di fascino e insieme paura, che scorre nelle vene della cultura americana, da Cooper a Thoreau, da Irvine a Melville, da Hawthorne fino a Into the wild, il film diretto da Sean Penn.
Niente di esotico, dunque, né di turistico, ma esperienze stranianti. Spettacolare sarà invece la location delle altre due performance, il 19 e 20 giugno, nell’isola di Hydra, quando il barcone/palcoscenico verrà trasportato nel mitico mare Egeo e l’ex mattatoio dell’isola, trasformato nel 2009 in spazio espositivo da Dakis, diventerà un caleidoscopio con le immagini del film proiettate su quattro canali e riflesse infinitamente attraverso una serie di schermi. La musica sarà suonata dal vivo da una rock band underground di Los Angeles e da percussionisti greci.

Emozioni garantite. Aitken possiede infatti la capacità magica di portarci in un mondo dove non distinguiamo più fra presente e passato; memoria o esperienza. Per averne un’idea provate a guardare su Youtube il video Sleepwalkers proiettato sulle pareti luminose del Moma di New York, con le macchine che intanto scorrono sulla 53esima strada come un mondo parallelo di alieni. Capite immediatamente la situazione straniante in cui possono portarvi le sue mega installazioni. Se poi, invece che davanti allo schermo del vostro computer, immaginate di essere sul mar Egeo, riuscite a farvi un’idea delle emozioni che possono comunicare. •