Urban Anno 11 Numero 101 novembre 2011
È una dei pochi artisti di successo a non aver capitolato alla divisa Prada (adottata anche dai cinesi) e a preferire invece improbabili camicie tirolesi abbinate a vecchi scarponi da montagna.
È trasgressiva, ma visionaria; è femminista, ma non ideologica; è nata nell’ordinata Svizzera, ma in un video rompe sorridente i vetri delle macchine con una mazza a forma di fiore; si fa chiamare Pipilotti, crasi fra Pippi Calzelunghe e il suo vero nome, Elisabeth Charlotte (Lotti) Rist, ed è una delle più geniali videoartiste.
Dopo aver occupato con le sue proiezioni oniriche e fiabesche il Moma di New York, Times Square, il Fact di Liverpool, il soffitto della chiesa veneziana di San Stae o il Beaubourg di Parigi, approda ora grazie alla Fondazione Nicola Trussardi all’ex cinema Manzoni di Milano, rimasto chiuso dal 2006.
Dalla hall allo scalone d’ingresso, dalla platea al bar, Pipilotti ha avvolto l’intera architettura ormai fantasma in un involucro ipnotico di immagini e suoni che ci immergono in un Eden psichedelico, come se galleggiassimo in trance in un liquido amniotico di emozioni. Uno spettacolo geniale, dove l’emozione prevale sul concettualismo.
Una specie di terapia rilassante cui mancano però i profumi perché altrimenti l’opera assumerebbe un sapore new age e invece Pipilotti è una ragazza ribelle cui piace ribaltare il mondo e metterlo a soqquadro con il gusto di fare magie.