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Urban Anno 12 Numero 103 febbraio 2012



Russian peace & love

Francesca Bonazzoli

Da San Pietroburgo al Mar Nero, un giovane fotografo russo sulle tracce di una generazione in fuga, che si riscopre un po' hippie





SOMMARIO N. 103

09 | editoriale

11 | icon

13 | interurbana
al telefono con Marzia Beltrami

15 | portfolio
News are art
a cura di Floriana Cavallo

20 | Cult
di Michele Milton

22 | quentin jones
di Francesco Brunacci
foto Mattia Zoppellaro / Contrasto

26 | rio fixed gear
di Maurizio Marsico

30 | musica
di Paolo Madeddu

32 | la natura di
shailene woodley
di R. Valent

36 | il canto del cigno
di Sasha Carnevali
foto Heather Clifford

38 | russian peace & love
di Francesca Bonazzoli
foto Pavel Prokopchik

42 | giù dal palco
di Federico Poletti

45 | details
di Ivan Bontchev
foto Tatiana Uzlova
46 | backstage
foto Nicola De Rosa
styling Ivan Bontchev

58 | libri
di Marta Topis

59 | design
di Olivia Porta

60 | nightlife
di Lorenzo Tiezzi

61 | Fuori

66 | ultima fermata
di Franco Bolelli
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foto Pavel Prokopchik

foto Pavel Prokopchik

Nella Russia post sovietica ricaduta nelle gabbie di un nuovo regime dalla facciata democratica, ma saldamente guidato da un ex Kgb, Vladimir Putin, sembra di essere tornati ai vecchi tempi quando ognuno escogitava il suo personale sistema per evadere o anche solo per far arrivare la propria voce. C’è chi, in Siberia, di fronte al divieto di manifestare contro i brogli delle elezioni dello scorso dicembre, ha messo in scena una protesta di omini costruiti col Lego che issavano “cartellini” di denuncia tipo: “Un ladro non dovrebbe andare al Cremlino”.
C’è chi attraversa la capitale con secchi di plastica blu ribaltati sopra i tetti delle macchine a ironica imitazione delle sirene con cui le auto della nomenklatura si fanno prepotentemente strada nel traffico. Ci sono le donne che si spogliano nude, un’iniziativa partita dal collettivo ucraino Femen che sta dilagando anche all’estero.
C’è chi, disilluso, sentendosi solo una pedina di un gioco più grande, decide che non vale la pena provare a cambiare la società in cui vive e si chiama da parte, cercando di preservare almeno il proprio piccolo benessere.

Fra questi ci sono i giovani fotografati da Pavel Prokopchik, 29 anni, nato nel nord del Caucaso, cresciuto in Lettonia e poi emigrato in Olanda a studiare ingegneria. Lì ha capito che la sua passione era la fotografia e in pochi anni ha ricevuto premi (il primo a 26 anni), partecipato a mostre e soprattutto realizzato reportage originali che si possono vedere anche sul suo sito www.prokopchik.com o su Vimeo. Uno sguardo sulla Russia da insider, lontano dagli stereotipi, come quello con cui ha realizzato The Tribe, in mostra ad Amsterdam alla galleria Foam dal 10 febbraio fino al 22 marzo sugli hippie post sovietici.

“In realtà con gli hippie degli anni Sessanta hanno in comune solo un certo modo di vivere, perché gli alternativi della Russia di oggi non hanno interessi politici e non frequentano manifestazioni: chiedono solo di vivere come vogliono, coltivare la loro roba ed essere meno dipendenti dalla società da cui si sentono lontani, come dalla politica”, racconta Pavel che si è avvicinato a queste comunità a San Pietroburgo, da sempre la culla dei movimenti alternativi, e poi le ha seguite a Utrish, un paradiso naturale sul mar Nero, vicino a Anapa, che la speculazione sta cingendo d’assedio nonostante gli appelli di Green Peace e del WWF. Una specie di laguna libera dove tutte le estati si riuniscono molti alternativi, anche famiglie con i bambini, dormendo in tende, baracche, all’aperto, praticando il nudismo e fumando parecchia marijuana. Appartengono un po’ a tutte le classi sociali: c’è chi si è laureato e chi invece ha mollato gli studi a un passo dalla laurea; chi ha un lavoro e chi vive di espedienti; molti si mantengono vendendo erba, suonando per strada, altri ancora fanno piccoli lavori saltuari oppure creativi. Durante l’inverno la maggior parte abita nei kommunal’naja, i grandi appartamenti che durante la rivoluzione furono divisi in stanze e dove bagno e cucina sono in comune, magari con un’anziana signora. È facile entrare in contatto con loro: sono disponibili a ospitare chi glielo chiede e a introdurti nella loro rete di conoscenze e amicizie. Si sentono una comunità, solidarizzano e si tengono in contatto anche attraverso una pagina facebook.
In ogni caso quest’anno il governo ha deciso di cacciarli tutti da Utrish e di mettere un biglietto d’ingresso per entrare nell’area. Sarà l’occasione per trasformarsi, anche loro, in oppositori del regime?

Comunque la si giri, è difficile per i giovani intravedere un futuro ottimistico in questo Paese immenso dove, dice Pavel, trovi un buon lavoro o entri nelle università più prestigiose solo se i tuoi genitori sono ricchi o hanno appoggi. Il modello “di vetrina” proposto nella Russia delle elezioni contestate, della polizia corrotta, degli omicidi dei giornalisti e dell’incarcerazione dei dissidenti, è quello che passano la pubblicità e le tv, ossia un lusso sfrenato, generatore di aggressività, individualismo e diseguaglianze.
Ognuno si difende come può, come ai vecchi tempi del Kgb. Combattendo o vivendo nascosto. •