Urban Anno 12 Numero 105 aprile 2012
La storia di una città passa anche per la grafica. Attraverso le insegne, un libro rivela un’inedita Melbourne
Senza scomodarsi fino al Cairo, Atene o Gerusalemme, basta fare un giro nella Roma contemporanea per comprendere come, sin dall’antichità, da quando esistono le scritture, la tipografia urbana caratterizzi un luogo tanto quanto la civiltà che quel luogo abita ed esprime. Pensando a oggi: cosa sarebbe Times Square senza quelle decine di insegne che insistono sull’incrocio tra Broadway e la Quinta Strada? Cosa ci colpirebbe del caos ordinatissimo di Tokyo senza quelle scritte verticali/orizzontali accese twentyforseven sulla folla a passeggio nella Milky Way? E, pensando al futuro (cinematografico): cosa sarebbe la metropoli di Blade Runner senza le suggestioni di quelle insegne parlanti continuamente presenti nelle vite spericolate dei cyber/protagonisti? Insegne, scritte e indicazioni stradali, loghi, pubblicità e forse anche graffiti raccontano in “caratteri” la storia di un luogo e di chi ci vive mediante ciò che rimane stampato sulle architetture di quella tale città.
Proprio Characters è il titolo del bellissimo libro che ha dato alle stampe Stephen Banham, quarantenne intraprenditore di Melbourne, Down Under, instancabile typographer che studia, insegna, produce e fotografa tipografia urbana della sua amata Australia. Fondatore di Letterbox, uno studio di design tipo/grafico, e autore di numerose pubblicazioni che hanno sempre avuto l’intento di tracciare una via australiana al design ai suoi studenti di grafica, con Characters: cultural stories revealead through typography, mette insieme definitivamente topografia e tipografia raccontando pezzi di storia della sua giovane città. Fondata nel 1835 e capitale fino al 1927, la città di Olivia Newton-John e Kylie Minogue oggi conta quattro milioni di abitanti, uno skyline degno di Manhattan e una vivacità culturale forse superiore all’antagonista Sydney. I suoi splendori che furono e che restano, le imprese che c’erano e tutto il nuovo che affiora sono raccontati da Banham in questo prezioso volume edito da Thames & Hudson che non è solo un racconto per immagini ma anche l’occasione, talora nostalgica, di esprimere una collezione di short stories, racconti brevi che spuntano dietro le insegne, grandi e piccole, iperstilose o più semplici. Banham ha fatto ricerche per ogni insegna fotografata, rintracciando per ciascuna di esse notizie su come furono concepite, come furono realizzate e da chi, cosa è accaduto negli anni a quelle insegne, cosa è stato fatto per conservarle o come sono andate distrutte, nel tentativo, anche, di capire cosa hanno significato per le diverse generazioni di melburniani.
Così, Characters diventa un libro non solo sui luoghi ma anche sul tempo. Le insegne che luccicano by night sono versi di poesia urbana al cielo per taluni. Per altri, meno romantici, più scettici, pezzi di capitalismo insidioso che cerca di globalizzare il pianeta. Ma Banham rivendica la sua posizione: “Segnaletica e letterform trascendono la loro origine pubblicitaria e creano marcatori di posizioni culturali e di memoria, quindi di vita. Quando questi segni vengono rimossi o distrutti, perdiamo parte della nostra memoria collettiva e la continuità con il senso del luogo”.
Come un archeologo della grafica, Banham ha impiegato tre anni per la sua ricerca, catalogando e raccontando circa 100 insegne, ripercorrendo l’evoluzione e anche le eventuali sovrapposizioni. Così racconta il mistero della Skipping Girl, la ragazza che salta alla corda nell’enorme insegna al neon della Vinegar, una marca di aceto, e che è certamente uno dei simboli della città di Melbourne: nessuno sa chi sia stata la modella che ha ispirato il disegno ma è certo che si sia trattato di ragazze realmente esistite. Banham rintraccia i nomi delle più papabili (Alma Burns, Kitty Minogue, Irene Barron) cercando una spiegazione analogica tra il salto alla corda e l’aceto. Celebra come un narratore nostalgico l’orologio digitale della Nylex Plastics ma ancor più riporta la storia di quello posto sulla cima della Richmond Tower, un grattacielo la cui architettura è un mix eclettico di stili ispirati all’antichità (Roma e Bisanzio über alles) celebre per il globo rosso svettante. Quell’orologio rimarcava in un primo tempo le dimensioni e lo stile di quello che si trova sulla facciata del municipio di Melbourne ma fu radicalmente modificato negli anni Sessanta quando i numeri romani furono sostituiti con 12 lettere dell’alfabeto di modo che, lette in sequenza, dessero come risultato la scritta “Dimmeys Stores” per pubblicizzare gli omonimi magazzini, ispirandosi a un altro orologio alfabetico che era stato costruito dalla Bryant & May nel 1922, e ispirando a sua volta quello dei Giardini Reali. Su quattro pagine poi è riprodotta l’insegna dell’Astoria, una vecchia compagnia di taxi che ha una storia incredibile, essendo sopravvissuta ben due volte: la prima, negli anni ’60, al crollo dell’edificio sul quale era stata installata; la seconda, all’incendio (28 luglio 2009) del Taxi Museum nel quale era stata esposta, portata in salvo lettera per lettera dai vigili del fuoco e oggi riallestita nel nuovo Gange Taxi Museum.
I ricordi e le storie affiorano dal libro come i neon di una notte ricca di luci: la scritta dell’Hotel Graham in Swanson Street finita in un videoclip degli AC/DC, le insegne delle pasticcerie Allen rimaste nei ricordi di tutti i buongustai. E così via. A tutti gli appassionati, oltre al libro in questione, segnaliamo designbeep.com, un sito che, ogni venerdì, pubblica foto di tipografia urbana delle più note città del mondo con i contributi dei lettori e dei blogger. •
http://characters.net.au/