Inside Art Anno 6 Numero 54 maggio 2009
Contemporaneo:chi si diverte e chi ci marcia. Intervengono Finazzer Flory e Zanella
Il gioco dell’arte
CONTEMPORANEA-MENTE
La responsabilità dell’artista è nel rigore di accettare la libertà
di Nicoletta Zanella
Arte. Una voce che ha messo in crisi qualsiasi vocabolario e continua a sfuggire a ogni tentativo di classificazione – ora più che mai – prendendosi apertamente gioco di chiunque, girando intorno al concetto senza entrare né uscire. L’arte sente sempre il bisogno di una specificazione, particolarmente quella prodotta dalla cultura contemporanea, dove il problema sembra essere quello di creare prodotti artistici originali in un contesto privo di precedenti sistemi di supporto concettuale. L’artista è naturalmente portatore di un originale linguaggio identificativo rivolto all’esterno in una forma dialogica di attribuzione di identità personale e collettiva e la storia dell’arte che racconterà questi decenni, probabilmente, potrà registrare una volontà di comunicazione verso il pubblico attraverso un accesso apparentemente democratico. Al di là delle crisi, delle “bolle”, si registra infatti un intenso coinvolgimento del determinato popolo di frequentatori di biennali, festival, fiere e gallerie, attratto da giocose forme di rappresentazione che, a volte, non vanno oltre un goliardico umorismo. Simpatici oggetti kitsch di uso comune serializzati e moltiplicati – più dei nani nei giardini – in numeri quasi insostenibili o resi inquietanti attraverso spettacolari forme di “gigantismo”, lavori apparentemente puerili e schizofrenici, attivano un processo di fascinazione smaccatamente figlio di quel mondo della pubblicità che ci conosce così bene. Stanze colmate di palloncini coloratissimi, palline da ping pong esposte alla volontà di ineffabili flussi d’aria, storie di eroi ipersessuati contornati da simboli e rituali, visioni da sperimentare con tutto il corpo o ludiche configurazioni tessili che ci avvolgono in un abbraccio uterino, non lasciano scampo. La qualità effimera di “spettacoli” elaborati e, talvolta, molto sofisticati – che sembrerebbero più adatti a parchi a tema piuttosto che agli asettici spazi di musei e gallerie d’arte – attrae un pubblico particolarmente predisposto allo stupore ma non sempre attrezzato di opportuna consapevolezza. E lascia a volte insidiosi spazi alla domanda (rigorosamente non pronunciata): “È arte?”. Forse è proprio questa l’attuale responsabilità dell’artista, in un mondo dove davvero tutto è diventato possibile: il rigore, che l’arte richiede, di accettare le conseguenze della libertà di questo gioco del portare all’estremo la predizione del futuro.
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L’assessore: l’arte contemporanea non è un gioco per bambini
FINAZZER FLORY: IL FUTURO È NELL’UTOPIA
di Maurizio Zuccari
Arte è gioco. Lo è sempre stata, oggi più che mai. Perché l’arte, come il gioco, porta fuori ciò che è dentro, per dirla come Adele Nardelli. Al punto che nessuno, più dei dada e dei surrealisti, fino ai sessantottini di Fluxus, ha saputo far suo l’assioma: giocare, far sprizzare la dimensione ludica fuori dai pori di un’arte otturati da millenni di putti e madonne. Ma questa libertà non pare aver prodotto esiti libertari, se non un generale accodarsi alla fila dei banchettanti all’opulenza e qualche richiamo all’ordine. Nel grande circo contemporaneo tutto può fare spettacolo, ma sotto al tendone spesso resta meno dell’eco di risate clownesche, allo spegnersi delle luci. E la libertà bramata, trovata, è rimasta appesa alle stelle come la donna cannone della canzone, incapace di tornare dal pubblico, rimasto a boccaperta e testa vuota, a dare un senso allo spettacolo, all’oggi. Ma è davvero così? L’arte contemporanea si connota sempre più solo come un grande gioco, e poco altro? Abbiamo girato la domanda a Massimiliano Finazzer Flory, curatore del ciclo di conferenze Il gioco serio dell’arte, di cui si è appena conclusa a Roma la terza edizione. «L’arte contemporanea è un gioco da bambini – afferma l’assessore alla Cultura del comune di Milano – un gioco difficilissimo, perché non è un gioco per bambini. È piuttosto la ricerca di uno sguardo nuovo sottratto ad ogni influenza, capace non solo di ingenuità ma anche di grande serietà. L’arte contemporanea è in realtà filosofia in azione, perché dissimula e smaschera al tempo stesso le identità dei partecipanti al gioco». Ma in una realtà economica globalmente in crisi, quale spazio e futuro è riservato a un’arte scollegata dal reale? «Se l’arte rinuncia a essere energia per la vita – conclude l’autore teatrale e saggista monfalconese – non potrà che subire il reale attraverso le forme del presente assoluto e dell'effimero. Ma che questa realtà economica sia in crisi è la grande occasione perché l’arte possa recuperare un rapporto con lo spazio e con il tempo. Il futuro è per l’arte contemporanea visione, allucinazione, delirio, utopia».