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Inside Art Anno 6 Numero 54 maggio 2009



Chi gioca con l'arte?

N.Zanella e M. Zuccari

Contemporaneo:chi si diverte e chi ci marcia. Intervengono Finazzer Flory e Zanella



The Living Art Magazine


SOMMARIO INSIDE ART ANNO 6 #54 MAGGIO 2009

News
Sos arte abruzzese di Simone Cosimi

Visto da
Il lirismo di Mendini di Ornella Mazzola

In cartellone
Expo mondo di Silvia Bonaventura
Expo Italia di Martina Altieri

Copertina
Il gioco dell’arte, contemporanea-mente di Nicoletta Zanella
Fate il vostro gioco di Alberto Fiz
Massimiliano Finazzer Flory: il futuro è nell’utopia di Maurizio Zuccari
La creatività virtuale spunta dal videogame di Simone Cosimi

Primo piano
Claudio Verna, il colore delle emozioni di Claudia Quintieri

Eventi & mostre
Americas latinas, amore, sangue e rivoluzione di Maria Luisa Prete
Francesco Clemente, partire per naufragare di Fabrizia Palomba

Musei & gallerie
Cam Casoria, creatività sotterranea di Lori Albanese
Fondazione 107, un luogo fuori dai soliti percorsi di Maria Grazia Sorce
Il furore del confronto di Paola Buzzini

Vernissage
Le inaugurazioni in Italia di Silvia Bonaventura
Indirizzi d’arte
Le esposizioni in Italia di Maria Luisa Prete

Foto & video
Gli scatti da non perdere di Giorgia Bernoni
Artèfoto, l’attualità ci guarda di Alessandra Vitale
Marilyn, l’alba di un mito di Anna Carone
Incompiute connessioni di Claudia Quintieri

Talenti emergenti
Gabriele Giugni, cogliere l’uomo disarmato di Maria Luisa Prete

Inchiesta
Il Belpaese dei brutti libri di Flaminio Gualdoni
Editoria d’arte, avanti c’è crisi di Flavia Montecchi

Mercato & mercanti
Fiere romane, tempo di bilanci di Claudia Quintieri e Giorgia Bernoni
Milano, la Poleschi raddoppia di Valentina Cavera
Quando l’asta è low cost di Elida Sergi
Massimo De Carlo, il manager delle superstar di Giorgia Bernoni

Mipiacenonmipiace
Multipli d’artista di Aldo Runfola

Formazione & lavoro
Se le muse traslocano sul web di Laura Andrenacci
Aba, il cuore di Napoli di Mattia Marzo

Architettura
Beic, la biblioteca del futuro di Silvia Moretti
Cabel, se a Empoli si lavora come da Google di Giulia Cavallaro
Alberto Catalano, l’arte di Beirut trova una casa italiana di Nur Al Habash

Metropolis
“My cup of tea”, la cosa giusta per l’arte di Sophie Cnapelynck
Design & designer
Harry Bertoja, la maledizione di una sedia di Giulia Cavallaro
Andrea Turchi, leggerezze di oggi di Giulio Spacca

Letture & fumetti
Il cielo rubato di Renoir anteprima di Andrea Camilleri
Tomaso Marcolla, il pomo della discordia di Nadine Solano

Musica & visioni
Idan Raichel, l’altra Israele di Simone Cosimi
Gabriele Lavia, il dramma scozzese di Elena Mandolini
Francesca Archibugi, al cuore della storia di Annarita Guidi
L’opera benedetta
Il bello di Gemine Muse di Benedetta Geronzi
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Quattro cavalieri in cerca d’autore
Maurizio Zuccari
n. 92 dicembre 2012

Lunga vita alle pin up
Serena Savelli
n. 90 ottobre 2012

La modernità come distacco
Félix Duque
n. 89 settembre 2012

L'estate che verrà
Maria Luisa Prete
n. 88 luglio-agosto 2012

Cultura:un manifesto per ripartire
Maurizio Zuccari
n. 85 aprile 2012

Mastromatteo. Il paesaggio in superficie
Maria Luisa Prete
n. 83 febbraio 2012



Il gioco dell’arte
CONTEMPORANEA-MENTE
La responsabilità dell’artista è nel rigore di accettare la libertà

di Nicoletta Zanella

Arte. Una voce che ha messo in crisi qualsiasi vocabolario e continua a sfuggire a ogni tentativo di classificazione – ora più che mai – prendendosi apertamente gioco di chiunque, girando intorno al concetto senza entrare né uscire. L’arte sente sempre il bisogno di una specificazione, particolarmente quella prodotta dalla cultura contemporanea, dove il problema sembra essere quello di creare prodotti artistici originali in un contesto privo di precedenti sistemi di supporto concettuale. L’artista è naturalmente portatore di un originale linguaggio identificativo rivolto all’esterno in una forma dialogica di attribuzione di identità personale e collettiva e la storia dell’arte che racconterà questi decenni, probabilmente, potrà registrare una volontà di comunicazione verso il pubblico attraverso un accesso apparentemente democratico. Al di là delle crisi, delle “bolle”, si registra infatti un intenso coinvolgimento del determinato popolo di frequentatori di biennali, festival, fiere e gallerie, attratto da giocose forme di rappresentazione che, a volte, non vanno oltre un goliardico umorismo. Simpatici oggetti kitsch di uso comune serializzati e moltiplicati – più dei nani nei giardini – in numeri quasi insostenibili o resi inquietanti attraverso spettacolari forme di “gigantismo”, lavori apparentemente puerili e schizofrenici, attivano un processo di fascinazione smaccatamente figlio di quel mondo della pubblicità che ci conosce così bene. Stanze colmate di palloncini coloratissimi, palline da ping pong esposte alla volontà di ineffabili flussi d’aria, storie di eroi ipersessuati contornati da simboli e rituali, visioni da sperimentare con tutto il corpo o ludiche configurazioni tessili che ci avvolgono in un abbraccio uterino, non lasciano scampo. La qualità effimera di “spettacoli” elaborati e, talvolta, molto sofisticati – che sembrerebbero più adatti a parchi a tema piuttosto che agli asettici spazi di musei e gallerie d’arte – attrae un pubblico particolarmente predisposto allo stupore ma non sempre attrezzato di opportuna consapevolezza. E lascia a volte insidiosi spazi alla domanda (rigorosamente non pronunciata): “È arte?”. Forse è proprio questa l’attuale responsabilità dell’artista, in un mondo dove davvero tutto è diventato possibile: il rigore, che l’arte richiede, di accettare le conseguenze della libertà di questo gioco del portare all’estremo la predizione del futuro.
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L’assessore: l’arte contemporanea non è un gioco per bambini
FINAZZER FLORY: IL FUTURO È NELL’UTOPIA

di Maurizio Zuccari

Arte è gioco. Lo è sempre stata, oggi più che mai. Perché l’arte, come il gioco, porta fuori ciò che è dentro, per dirla come Adele Nardelli. Al punto che nessuno, più dei dada e dei surrealisti, fino ai sessantottini di Fluxus, ha saputo far suo l’assioma: giocare, far sprizzare la dimensione ludica fuori dai pori di un’arte otturati da millenni di putti e madonne. Ma questa libertà non pare aver prodotto esiti libertari, se non un generale accodarsi alla fila dei banchettanti all’opulenza e qualche richiamo all’ordine. Nel grande circo contemporaneo tutto può fare spettacolo, ma sotto al tendone spesso resta meno dell’eco di risate clownesche, allo spegnersi delle luci. E la libertà bramata, trovata, è rimasta appesa alle stelle come la donna cannone della canzone, incapace di tornare dal pubblico, rimasto a boccaperta e testa vuota, a dare un senso allo spettacolo, all’oggi. Ma è davvero così? L’arte contemporanea si connota sempre più solo come un grande gioco, e poco altro? Abbiamo girato la domanda a Massimiliano Finazzer Flory, curatore del ciclo di conferenze Il gioco serio dell’arte, di cui si è appena conclusa a Roma la terza edizione. «L’arte contemporanea è un gioco da bambini – afferma l’assessore alla Cultura del comune di Milano – un gioco difficilissimo, perché non è un gioco per bambini. È piuttosto la ricerca di uno sguardo nuovo sottratto ad ogni influenza, capace non solo di ingenuità ma anche di grande serietà. L’arte contemporanea è in realtà filosofia in azione, perché dissimula e smaschera al tempo stesso le identità dei partecipanti al gioco». Ma in una realtà economica globalmente in crisi, quale spazio e futuro è riservato a un’arte scollegata dal reale? «Se l’arte rinuncia a essere energia per la vita – conclude l’autore teatrale e saggista monfalconese – non potrà che subire il reale attraverso le forme del presente assoluto e dell'effimero. Ma che questa realtà economica sia in crisi è la grande occasione perché l’arte possa recuperare un rapporto con lo spazio e con il tempo. Il futuro è per l’arte contemporanea visione, allucinazione, delirio, utopia».