Inside Art Anno 7 Numero 61 gennaio 2010
Una nuova generazione di artisti e linguaggi è cresciuta
Da Napoleone a Baffetto, in arte Führer, molti sono stati i conquistatori del mondo a restare imparpagliati nelle spire del Generale inverno, dalle parti di Mosca e più in là. In attesa che il genio militare di George Obama maturi gli stessi effetti nell’innevato pantano afghano, a Est qualcosa si muove, tra lastroni e ghiacci smossi dal generale.
C’è che una generazione cresciuta fuori dal pane e sale del socialismo reale è maturata, ha cominciato a riflettere sul proprio vissuto, artisticamente e politicamente parlando. Sull’Ovest che prometteva il nuovo e ai più ha dato lustrini e briciole, l’ingresso al club dei ricchi mentre il banco non fa cassa. Sono cresciuti, gli artisti oltre la ex Cortina di ferro, e questa da punto di demarcazione fra due mondi, fra due odi, è diventata luogo di pellegrinaggio artistico, come insegna su queste pagine Davide Monteleone, promessa nostrana in campo fotografico. Su cosa si muova nell’Impero perduto – azzeccato titolo dell’ottimo lavoro di Mauro Galligani – in particolare in questo settore, sono Filippo Maggia e Alessandra Mauro a raccontarlo, e l’immagine di Anastasia Khoroshilova scelta per la copertina è lì a mostrarlo. Un’arcaica, nordica bellezza che fa a pugni col concettuale che va per la maggiore di qua e di la dall’ex linea del fronte ma, forse, consente di tornare all’abc di senso smarrito nell’Inverno del nostro scontento, per dirla come John Steinbeck. Ma qui non sono monarchi shakespeariani fregati da un cavallo bizzoso o poveri droghieri turlupinati dal mito nordamericano i fottuti dalla storia.
È piuttosto l’Ovest che, davvero, nulla sembra offrire di nuovo, parafrasando il titolo dell’opera culto di Remarque-Milestone. Così, mentre il belmondo e quello che bello non è s’interroga sul muro di Berlino a vent’anni dal suo sbriciolarsi, altri riti & miti emergono da quelle macerie.
Forse destinati anch’essi a disciogliersi come neve al sole, quando il generale dovrà indietreggiare di fronte all’incalzare della primavera, della rinascenza artistica dell’Occidente. Ma per ora tutto ciò appare un’ipotesi, più vitali le steppe d’Oriente dei salotti nostrani, più madide di sogni le ex repubbliche sovietiche, anche se infranti. Proprio perché infranti.
Certo, non basta una biennale per fare dell’Est post sovietico una fucina del Rinascimento – e Mosca non è Abu Dhabi – e se qualcosa si muove davvero, da quelle parti, sarà sempre all’Ovest che dovrà staccare il biglietto per il successo. Ma il generale se la ride, per ora. L’inverno passerà, ma nessun conquistatore è all’orizzonte, al momento. Non dalle sue parti, almeno.